Ciao, RAFFAELE

di Pasquale Sofi

La scomparsa di un amico genera di solito sentimenti di dolore e mestizia che veicolano ricordi, vicini e lontani, di momenti di vita vissuta in comune. Essi esaltano i profili della persona scomparsa e ne fissano i contorni nella memoria di chi l’ha conosciuto.

Conobbi il professor Raffaele Simoncini all’Istituto Magistrale di Città Sant’Angelo ove era stato trasferito quale docente di Storia e Filosofia; erano gli anni di crescita di quella scuola attraverso un lavoro proficuo, impostato sulla qualità, che avrebbe riproposto l’antico Istituto ai fasti di un tempo e la cui eco ancora si risente. Ebbene il professore, già noto nella scuola pescarese per i suoi saggi di pedagogia, da subito si distinse per serietà e impegno, soprattutto nell’ascoltare e capire, mettendo a disposizione della comunità scolastica angolana tutta la sua professionalità che emanava da una spiccata personalità culturale. Oltre a distinguersi nel campo dell’insegnamento, diede sfoggio di pacato equilibrio attraverso le sue competenze nel campo della comunicazione e della gestione delle risorse umane, sia con gli alunni e i colleghi, ma soprattutto con le famiglie, insoddisfatte dell’indecente condizione edilizia nella quale versava a quel tempo la succursale dell’Istituto. Fu quindi una spontanea evoluzione degli eventi la sua nomina a responsabile della struttura stessa.

Seguendo le orme dei tanti docenti pendolari, dopo un paio d’anni, il professore cercò un avvicinamento a casa (la consorte Lilia aveva seguito lo stesso percorso qualche anno prima) e così si trovò ad insegnare nel liceo “d’Annunzio” ove continuò a far brillare la stella del suo sapere e a lasciare ancora una volta una traccia indelebile del suo essere docente. Anche il liceo di Pescara si avvalse delle sue doti nel campo delle risorse umane e la collaborazione con la presidenza segnò i suoi ultimi anni di proficuo servizio scolastico fino alla pensione.

Il suo trasferimento da Città Sant’Angelo non interruppe i nostri rapporti che, inizialmente improntati su una stima reciproca, divennero sempre più amicali e con rituale cadenza si concretizzavano davanti a un caffè e un cornetto rigorosamente diviso in due. I nostri discorsi spaziavano dalla famiglia, cui era legatissimo (amava raccontare i successi nella carriera del figlio Giordano in Germania, e successivamente momenti di felice e serena quiescenza vissuti accanto all’adorata moglie), alla politica sia nazionale che internazionale, ma il clou dei nostri dialoghi era decisamente rappresentato dalla scuola. Egoisticamente per me era uno sfogo e un sollievo riuscire a interloquire con l’unica persona con la quale mi era possibile argomentare su temi scolastici che esulavano dal banale e sterile andazzo di routine. Ed è proprio per questo che la sua scomparsa crea in me un vuoto incolmabile che nessuno potrà riempire.

Buon viaggio, amico mio!

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