Silvio Spaventa, patriota e politico

Silvio Spaventa, patriota e politico

di Pasquale Criniti

Silvio Spaventa (Bomba, 12 maggio 1822 – Roma, 20 giugno 1893) è stato un politico e patriota italiano.

Fratello minore del filosofo Bertrando, Silvio Spaventa nacque da un’agiata famiglia abruzzese: i suoi genitori furono Eustachio Spaventa e Maria Anna Croce, prozia del filosofo Benedetto Croce, il quale fu affidato alla sua tutela dopo la morte dei genitori nel terremoto di Casamicciola del 1883.

Ricevette la prima educazione a casa e, nel 1836, venne inviato a proseguire gli studi nel Seminario di Chieti, dove già studiava il fratello; completò gli studi nel seminario di Montecassino dove, nel 1838, Bertrando aveva ottenuto l’incarico di docente di matematica e retorica.

Qui strinse amicizia con il filosofo Antonio Tari.

Nel 1843 si trasferì a Napoli, dove lavorò come precettore dei figli del magistrato Benedetto Croce, fratello di sua madre e nonno dell’omonimo filosofo. Doveva studiare diritto, ma si occupò principalmente di filosofia, seguì le lezioni di P. Galluppi e di O. Colecchi ed entrò in contatto con il pensiero liberale ed hegeliano; aprì nel 1846 con Bertrando una scuola privata di filosofia che fu soppressa dalla polizia nel 1847.

Per il suo orientamento politico venne infine costretto ad abbandonare la città: soggiornò in Toscana, dove strinse forti legami con la classe politica moderata locale.

Tornò a Napoli nel febbraio del 1848, dopo la concessione della Costituzione, e fondò il quotidiano Il Nazionale, il cui primo numero uscì il 1º marzo 1848: il giornale divenne presto punto di riferimento della borghesia liberale, ma venne apprezzato anche dagli ambienti più conservatori e filoborbonici.

Venne anche eletto deputato e contribuì a dare una dimensione nazionale al patriottismo napoletano, insistendo per la partecipazione delle truppe del Regno delle Due Sicilie alla guerra che fu poi chiamata Prima guerra d’Indipendenza.

Dopo che Ferdinando II di Borbone il 15 maggio 1848 revocò la Costituzione, che aveva concesso poco tempo prima, e bombardò zone di Napoli dove erano i ribelli alla sua Casata, Silvio Spaventa, che aveva fondato con L. Settembrini, C. Braico e F. Agresti la setta dell’Unità italiana, allo scopo di cacciare i Borboni e di diffondere l’idea unitaria, fu  accusato di aver sostenuto la resistenza del generale Guglielmo Pepe e venne arrestato il 19 marzo 1849 e rinchiuso nel carcere di San Francesco.

Riconosciuto colpevole di cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato e sedizione, l’8 ottobre 1852 venne condannato a morte per impiccagione ma ebbe poi la pena commutata in ergastolo, come spesso faceva la Giustizia Borbonica; rimase nel carcere dell’isola di Santo Stefano per sei anni durante i quali si dedicò agli studi politici e filosofici; l’11 gennaio 1859 la pena gli venne nuovamente commutata in esilio perpetuo.

Il piroscafo Stewart, che doveva condurlo insieme ad altri 68 condannati politici in America, in seguito all’ammutinamento organizzato dal figlio di Luigi Settembrini, ufficiale della marina mercantile britannica, lo condusse in Irlanda il 6 marzo 1859 presso Queenstown, nella Baia di Cork; da qui raggiunse Londra e quindi Torino, dove entrò in contatto con Cavour divenendo uno dei suoi fedeli seguaci ed uno dei principali fautori della sua politica.

Venne inviato nuovamente a Napoli da Cavour e dai Savoia, che avevano già in mente l’invasione del Regno delle Due Sicilie anche a mezzo di Garibaldi, nel luglio 1860 per preparare l’annessione di quei territori meridionali a quello che poi sarebbe divenuto il Regno d’Italia: si adoperò, senza successo, perché questa avvenisse il prima possibile, senza attendere l’arrivo a Napoli di Garibaldi, il quale poi, assunto il titolo di Dittatore, lo espulse il 25 settembre 1860. Tornò a Napoli ad ottobre, assumendo la carica di ministro di Polizia nel governo luogotenenziale dal novembre 1860 al luglio 1861, fronteggiando energicamente la difficile situazione napoletana, anche con l’aiuto del corregionale barone Rodrigo Nolli.

Sedette nella Camera dei deputati ininterrottamente dal 1861 al 1889, tra le file della Destra storica. Venne nominato Sottosegretario all’Interno nei governi Farini e Minghetti dal dicembre 1862 al settembre 1864 divenendo il principale ispiratore della politica di sicurezza interna dello Stato: organizzò la repressione del brigantaggio meridionale e fu il maggior responsabile della sanguinosa repressione delle dimostrazioni torinesi contro la Convenzione di settembre del 1864 che prevedeva anche lo spostamento della capitale a Firenze.

Nel 1868 venne nominato componente del Consiglio di Stato, allora organo dotato ancora delle sole funzioni consultive.

Fu ministro dei Lavori Pubblici nel secondo governo Minghetti dal luglio 1873 al marzo 1876: in tale veste fu l’autore del progetto di legge che prevedeva la nazionalizzazione della rete ferroviaria, la quale alienò al suo governo il sostegno dei deputati toscani e causò la caduta del governo e la fine della Destra storica nel marzo 1876.

Nominato Senatore del Regno nella XVI legislatura (1889), per interessamento di Francesco Crispi divenne anche presidente della IV sezione del Consiglio di Stato.

Morì a Roma il 20 giugno 1893. Ebbe funerali di Stato e la sua salma è sepolta nel cimitero del Verano.

Influenzato dalla concezione hegeliana dello Stato, Spaventa fu uno dei più originali teorici del liberalismo nell’Italia dell’Ottocento; in polemica col trasformismo di Agostino Depretis, propugnò un bipartitismo di tipo inglese.

Nella sua dottrina costituzionale, fu sostenitore di uno Stato forte ma non autoritario e sostenne tenacemente la rigorosa separazione della sfera politica da quella amministrativa: la sua opera, sul punto, si sviluppò lungo un ventennio ed alla fine ebbe successo, plasmando la giustizia amministrativa italiana per tutto il secolo successivo.

Durante la trattazione parlamentare della questione ferroviaria, sostenne che “lo Stato è la coscienza direttiva, per cui una nazione sa di essere guidata nelle sue vie, la società si sente sicura nelle sue istituzioni, i cittadini si veggono tutelati negli averi e nelle persone.”

Viene ricordato ancor oggi il suo famoso discorso di Bergamo sulla “giustizia nell’amministrazione” del 6 maggio 1880, a seguito del quale maturò la scelta di conferire alla Quarta sezione funzioni giurisdizionali. Nel 1890 alla inaugurazione solenne della IV Sezione della giurisdizione di diritto pubblico che era stato chiamato a presiedere, Spaventa pronunciò le seguenti parole:

«Queste guarentigie di giustizia e di imparzialità sono diventate oggi un bisogno tanto più imperioso, in quanto l’Amministrazione dello Stato vuole essere tutelata al possibile dagli influssi dello spirito di parte che ne corrodono le forze e ne alterano il fine più essenziale e benefico: quello di non essere più una amministrazione di classe, ma eminentemente sociale e rivolta al bene comune».

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