Luciano D’Alfonso: “I partiti non devono balbettare”

di Miriam Severini

Abbiamo intervistato il deputato eletto nel nostro collegio, Luciano D’Alfonso, che ringraziamo per la disponibilità, sul tema della fusione di Pescara-Montesilvano -Spoltore nella Nuova Pescara.

D. A otto anni dal referendum e a quattro dalla Legge istitutiva della Nuova Pescara, lo spostamento di un anno, dal primo gennaio 2023 al primo gennaio 2024, votati in sequenza dai Consigli Comunali di Pescara, Montesilvano e Spoltore, assecondando l’ordine del giorno approvato dall’assemblea costitutiva della Nuova Pescara, nella seduta che si è tenuta il 29/09/22, secondo Lei, può garantire che politici e tecnici si mettano alacremente al lavoro per fare in un anno quello che non hanno fatto in quattro?

R. A mio giudizio incombe sul cantiere di Nuova Pescara un problema di paura e di pigrizia intellettuale. Un rimedio salutare è tenere ferma la consapevolezza del fatto rilevantissimo che 100.000 cittadini autoconvocati hanno detto col loro voto: “cambiamo la forma organizzativa del territorio”. Occorre essere conseguenti, il processo di fusione deve avvenire nella maniera più elevata possibile, senza atteggiamenti di assecondamento passivo.

Direi che per spingere l’attività necessaria è necessario una sorta di eros dei contenuti, che è il contrario degli spintonamenti emotivi che ogni tanto tornano a balenare.

Bisogna chiamare a raccolta le rappresentanze sociali e territoriali per fare in modo che la fusione non si svolga come un mero fatto formale e burocratico, come un procedimento in grado di provocare il sorriso di qualche esperto ben introdotto, di qualche avvocato fortunato, di qualche commercialista con uso di mondo. Ci vogliono coraggio, idee, capacità di concepire la città nuova come qualcosa che aggiunge a quello che c’è, e non come qualcosa che toglie.

D. Nel suo ruolo di Parlamentare, ritiene di poter contribuire a facilitare la conclusione del processo entro il 2023?

R. Sono interamente a disposizione per accompagnare questa fase cruciale, favorendo occasioni di confronto e di dialogo, convocando amministratori di città europee che hanno realizzato con successo grandi fusioni, personalità delle istituzioni, del diritto, dell’economia, intellettuali in grado di fertilizzare con le loro idee una discussione pubblica che in questo momento deve proprio animarsi e quasi spiccare il volo. Dobbiamo fare in modo che quasi si formi una dimensione felicemente visionaria nell’attesa dei cittadini per fare in modo che le classi dirigenti locali avvertano meglio la consapevolezza del molto da fare ancora. Naturalmente farò per intero la mia parte, sia rispetto a quello che mi sarà chiesto di fare, sia aggiungendo del mio, come di consueto, per fare in modo che la nascita di questa nuova città sia una questione ben avvertita in Parlamento, anche prevedendo norme ulteriori a favore, ad esempio in direzione della macchina amministrativa.

D. Ritiene sufficienti i 105 milioni a disposizione per la fusione di città sopra a 100.000 abitanti (5 milioni per il primo anno e 10 milioni l’anno per i successivi dieci) grazie al suo operato nella scorsa legislatura per recuperare il ritardo fin qui accumulato?

R. Sono molto soddisfatto che nell’anno alle spalle Governo e Parlamento abbiano compreso le esigenze che abbiamo rappresentato, anche in relazione al bisogno di incrementare le risorse necessarie a favorire i processi di fusione nelle grandi città. Le risorse da sole non possono tutto, ma senza dubbio sono indispensabili per consentire l’avvio di una città nuova, che non può sostenersi solo con le risorse ordinarie dei comuni originari. Naturalmente quella finanziaria è solo una delle risorse necessarie. Altrettanto indispensabili sono quelle strumentali che devono essere adeguate, ma soprattutto occorrono le idee. E non meno cruciale è la pressione vigile della pubblica opinione, per la quale resta essenziale la funzione svolta dall’informazione.

D. Ritiene che sia stata rispettata la volontà espressa dalle popolazioni con il referendum, atteso che il Nuovo Statuto, che rappresenta la carta fondamentale dei diritti dei cittadini della Nuova Pescara, dopo quattro anni è ancora tutto da scrivere?

R. Non credo che sia già il momento dei bilanci. Certo i tempi hanno conosciuto una dilatazione non facilmente comprensibile, malgrado tutte le giustificazioni connesse alla gestione della pandemia e ad alcune difficoltà organizzative cui si è riuscito a dare una soluzione, ad esempio prevedendo la possibilità di fruire di permessi per partecipare alle sedute degli organismi congiunti dei tre comuni. Quello che conta ora è scrivere uno statuto che non sia un compitino formale, ma la carta di identità della nuova città e la dichiarazione di intenti del suo voler essere nel mondo. Credo che lo statuto debba dire le funzioni aggiuntive che Nuova Pescara vuole svolgere in Italia e in Europa. È una grande opportunità che non possiamo perdere.

D. È nostra impressione che ai tempi del referendum i cittadini abbiano aderito entusiasticamente all’idea della Nuova Pescara, immaginando che il miglioramento dei servizi garantiti da un unico ente, la qualità della vita delle nostre città e le migliori pratiche in essere potessero essere trasferiti in tutto il territorio della Nuova Pescara. Come suggerisce di identificare oggettivamente le migliori esperienze agli attuali amministratori e dirigenti da recepire/applicare in tutto il nuovo Comune per evitare campanilismi che rischiano di far perdere un’occasione storica di miglioramento della qualità della vita urbana?

R. Qui tocchiamo nel vivo la carne della questione. Occorrono chiarezza e lucidità di visione. I partiti non devono balbettare, i consiglieri comunali devono superare la paura.

In concreto, volendo fare solo un esempio, con la fusione le case dei cittadini di Spoltore e Montesilvano catastalmente guadagneranno un delta in più, che possiamo anche quantificare come argomento di ulteriore convincimento.

Adesso serve strumentalizzare il ruolo della Nuova Pescara per la montagna di risorse del PNRR e della nuova programmazione settennale di generazione europeista. La Legge di Bilancio dello Stato potrà fare almeno una norma ulteriore a favore dei processi di fusione che non siano solo parvenza e formalità.

La Città Progetto che abbiamo in mente offrirà opportunità nuove ai territori originari, che saranno tanto più concrete quanto più sapremo superare inquietudini e pigrizia e metterci concretamente in cammino.

D. Considerando le iniziative globali per piantare milioni di alberi al fine di migliorare la vivibilità delle città per combattere gli effetti del cambiamento climatico, inserita per le aree metropolitane anche nel PNRR, promuoverebbe una riforma urbanistica nazionale che prescriva nuovi standard urbanistici, quale quello di piantare un nuovo albero per ogni abitante insediabile, ossia un albero ogni 100 mc di edificato come nuovo standard urbanistico minimo?

R. È una scelta che è stata già adottata in alcuni comuni che credo sia necessario proporre anche su scala nazionale. La sostenibilità è la questione principale che ci interpella, soprattutto nella consapevolezza della crescita globale delle città. Dobbiamo fare in modo che in esse la qualità della vita sia garantita, considerando anche la lezione che ci ha insegnato la pandemia che abbiamo affrontato. C’è la necessità di offrire ovunque spazi nei quali sia possibile respirare e vivere con libertà il tempo del progetto di vita e di relazione.

D. Qual è il suo giudizio su leggi regionali, come quelle abruzzesi sul recupero di sottotetti e interrati, che permettono la abitabilità di spazi accessori, anche in deroga alle prescrizioni urbanistiche, dopo decenni di proroghe per il recupero di edifici esistenti, ora anche per le nuove costruzioni? Non pensa che il recupero edilizio possa andare a danno della qualità urbana, soprattutto in regioni a vocazione turistica come l’Abruzzo?

R. È l’ultimo successo della cultura del relativismo condonista!

Il futuro deve essere abitato dal protagonismo esclusivo del valore del progetto, inteso come esperienza progressiva consapevole, prefigurazione di virtù collettive nel senso di qualità, sostenibilità e assunzione condivisa del bisogno di più giustizia rispetto al prestito ricevuto del Creato!

Dobbiamo riassumere il senso della finitudine della nostra vita e per questo dobbiamo rispettare il bisogno fondamentale di chi viene dopo, come domanda di bellezza e di significato.

Dove viviamo e dove vivranno i nostri figli devono essere luoghi di luce e di capacità generative.

Il condono “allargatore” è l’esatto contrario della qualità del progetto!

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