Attilio Conti sindacalista ed anarchico

   di Pasquale Criniti

Attilio Conti nacque a Castellamare Adriatico il 17 giugno 1880 da Francesco Paolo e Luigia de Intinis.

Frequentò inizialmente gli ambienti socialisti e come membro della sezione socialista di Castellamare Adriatico svolse propaganda politica fra gli operai ed i contadini.

Successivamente passò all’anarchismo; nel 1909 ricevette e diffuse il numero unico «Nihil», redatto a Chieti da Federico Mola e Carlo Alessandrelli e stampato nella tipografia di Camillo Di Sciullo.

Nello stesso anno favorì la pubblicazione de «Il Grido», foglio dei libertari di Castellamare Adriatico e scrisse articoli per «Volontà».

Nel 1913 contribuì alla costituzione del locale gruppo anarchico Carlo Pisacane.

Fu tra i promotori del Convegno Sovversivo di Castellamare Adriatico del 1º febbraio 1914 nel quale si pronunciò per l’unità d’azione di socialisti ed anarchici, «i soli in grado di creare un serio e pratico movimento di classe», ed espresse parere favorevole alla costituzione di un comitato regionale col compito di propagandare le «idee rivoluzionarie ed i principi anticapitalistici».

Partecipò nello stesso mese alle agitazioni condotte dai ferrovieri per i miglioramenti economici, contro la guerra libica e contro il militarismo. Dal 10 al 13 giugno 1914 prese parte attiva allo sciopero della settimana rossa, tenendo accesi comizi a Castellamare Adriatico e nei centri abitati del circondario.

Chiamato alle armi nel 1915 per gli obblighi di leva venne assegnato a Palermo e segnalato all’autorità militare quale anarchico.

Congedato nel 1918 dal servizio militare si trasferì a Verona dove venne incaricato di dirigere la Camera del Lavoro.

La prefettura lo etichettò come «pericolosissimo organizzatore ed agitatore di masse con sistemi addirittura bolscevichi» capace di spingere gli operai a presentare memoriali con richieste «sopra le righe» per poi dichiarare immediatamente sciopero nel caso la direzione delle aziende non avesse accolto le richieste.

Denunciato per incitamento all’odio di classe nel mese di settembre 1919 ed in seguito ad una polemica interna lasciò il suo incarico e fece ritorno in Abruzzo dove divenne segretario della Camera del Lavoro confederale di Castellamare Adriatico fino al fascismo.

Il 2 novembre 1919 era tra gli oratori del grande comizio di Teramo per la presentazione dei candidati socialisti promossa dal Partito Socialista Italiano e dalle locali sezioni della Lega Proletaria e fustigava la borghesia che secondo lui “non sapendo reagire apertamente e lealmente, dopo aver condotto il paese al disastro, cercava nei palleggiamenti elettorali e nei connubi innaturali, la forza per contrastare il passo al popolo che si avanzava minaccioso”. E sosteneva come ” tutto questo fosse inutile perché ormai il popolo era in cammino verso la redenzione e verso il trionfo dell’Internazionale”.

Fu attivissimo nelle lotte sulle questioni riguardanti il caroviveri, il pacifismo e l’antimilitarismo, l’emancipazione politica ed economica del proletariato, le libertà ed i diritti sindacali.

Guidò svariate mobilitazioni e manifestazioni popolari contro il ripetersi degli eccidi proletari.

Capeggiò anarchici, socialisti e ferrovieri di Castellamare Adriatico e Pescara «all’assalto» di un comizio che dannunziani e nazionalisti tennero a Pescara.

Al fianco del ferroviere Perfetto Quirino fu tra i principali promotori del percorso organizzativo preparatorio al convegno anarchico regionale di Sulmona del 20 maggio 1920, nel corso del quale si deliberò la costituzione della Federazione anarchica abruzzese (FAA) aderente all’Unione anarchica italiana (UAI).

Nei mesi di novembre e dicembre 1920 organizzò mobilitazioni e comizi per la libertà dei prigionieri politici e per la scarcerazione immediata di Errico Malatesta, di Armando Borghi e dei redattori di «Umanità Nova».

Il 2 gennaio 1921 venne arrestato a Castellamare Adriatico e condannato dalla Corte d’Assise di Brescia a cinque mesi di reclusione con la condizionale per aver vilipeso l’esercito in un comizio tenuto a Montagnana, nel padovano, nel 1919.

Partecipò come oratore al comizio in favore di Sacco e Vanzetti tenutosi a Castellamare Adriatico il 22 ottobre 1921.

Nel 1922, la sua attività di segretario della Camera del Lavoro confederale di Castellamare Adriatico fu veramente frenetica.

Nel mese di gennaio costituì a Fossacesia una Lega di Resistenza composta da 150 operai, dando avvio ad una lotta per l’aumento dei salari.

A marzo riorganizzò la Lega degli operai edili di Castellamare Adriatico aderente alla Camera del Lavoro; la nuova Lega votò immediatamente un ordine del giorno di lotta contro la disoccupazione.

Dal 20 marzo 1922 diresse l’agitazione degli operai dell’officina D’Achille, tutti aderenti alla Camera del Lavoro.

Fu tra gli organizzatori dello sciopero del 1° Maggio e tra gli oratori del comizio in Piazza Vittorio Veneto.

Lo stesso giorno fu tra gli oratori del comizio di Penne.

Contribuì all’organizzazione dello sciopero del 1° agosto indetto dall’Alleanza del Lavoro.

Con l’avvento del fascismo fu sottoposto a vigilanza ed a numerose perquisizioni domiciliari.

Nell’ottobre 1930, nel corso di un’ennesima perquisizione del suo appartamento, vennero ritrovate due fotografie, rispettivamente del poeta libertario Pietro Gori e di Errico Malatesta; il rinvenimento gli costò un ammonimento e la sorveglianza assidua delle autorità fasciste che, avvalendosi dell’attività degli informatori, lo sapevano in contatto con antifascisti e contrario alla politica del regime ed all’impresa etiopica, e lo consideravano fra i sovversivi più attivi e temibili.

La sorveglianza fu estesa anche alla moglie, Italia Natali, che pur non esplicando nessuna palese attività sovversiva, condivideva le idee del marito e risultava pertanto avversa al Regime.

Il 19 gennaio 1932, dopo una protesta di lavoratori disoccupati avvenuta tra Popoli e Bussi, dalle indagini risultò militante di una cellula anarco-comunista attiva nelle province di Chieti e Pescara, al fianco di Luigi Meta.

Nel 1935 la prefettura di Pescara ordinò una perquisizione presso la sua abitazione perché «accanito antifascista e iscritto nell’elenco delle persone d’arrestarsi in determinate circostanze»; gli vennero sequestrati opuscoli e giornali di propaganda anarchica.

Il 18 novembre 1940 venne arrestato e condannato a cinque anni di confino a Pisticci in provincia di Matera per disfattismo politico per aver «borbottato» dentro una tabaccheria, in contrasto con un occasionale sostenitore di un discorso di Mussolini, che «invece dei discorsi di Mussolini ci vuole il pane».

Il 18 gennaio 1941 giunse nella colonia penale dove venne sottoposto agli obblighi della sorveglianza, che terminò l’8 aprile 1944, avendo egli beneficiato del condono di un terzo della pena.

Le cattive condizioni di salute conseguenti ai maltrattamenti subiti lo portarono alla morte il 21 gennaio 1945 poco dopo la sua liberazione.

Il primo numero del risorto foglio socialista di Castellamare Adriatico «Il Proletario», pubblicato il 18 febbraio 1945, commemorò la figura di Attilio Conti ricordando come questi avesse, nonostante il suo precario stato fisico, continuato a tenere comizi anarchici ed antifascisti fino ad un mese prima della sua morte.

Lascia un commento