La legge che ha istituito il Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe (prima parte)

   di Dario Antonacci

(Giurista e Cultore della Materia
in Diritto Notarile nell’Università
degli Studi di Bologna)

Al tramonto del secondo conflitto di portata mondiale, a partire dal 1943, altro avvenimento sconvolgente si manifestò durante questo periodo, anche se concerneva una determinata zona, ossia la Venezia Giulia, l’Istria e la Dalmazia.

In quest’ottica, le zone sopra menzionate rappresentarono in quel periodo un vero e proprio bottino di guerra conteso da un lato dall’Italia, che a seguito della Prima guerra mondiale esercitava il suo potere sulla area geografica de qua, e dall’altro l’ormai ex Jugoslavia, che nutriva mire espansionistiche.

La vicenda, dal punto di vista storico, fu contornata da tutta una serie di avvenimenti che incisero in modo rilevante sulle sorti della zona contesa.

A riprova di ciò, la dichiarazione della resa incondizionata italiana proclamata, in data 8 settembre 1943, alla radio dal Maresciallo Pietro Badoglionominato Capo del Governo militareche comprovava l’armistizio, determinò un immediato vuoto di potere sulle zone.

Conseguentemente il 9 giugno 1945, con la sottoscrizione dell’Accordo di Belgrado, le forze opposte si accordarono per la divisione delle aree di interesse in due diverse zone. La zona A, che comprendeva Gorizia, Trieste, Sesana, la fascia di confine fino a Tarvisio e l’exclave di Pola, amministrata dalle forze militari angloamericane e la Zona B, che comprendeva i due terzi della Venezia Giulia italiana, con Fiume, quasi tutta l’Istria e le isole del Quarnaro e un’exclave nei pressi di Opacchiasella, amministrata dalle forze militari jugoslave.

Durante tutto questo periodo, ed anche oltre l’Accordo di Belgrado, le truppe partigiane comuniste guidate da Josip Broz Tito, noto come Maresciallo Tito, pianificarono una vera e propria epurazione su base etnica e nazionalistica, perpetrando violenze nei confronti di tutti coloro che venivano considerati nemici della costituzione di una federazione comunista.

In particolare, le violenze, oltre a modalità tradizionali, che costrinsero gli oltre 250.000 esuli (con ogni probabilità molti di più) ad abbandonare le proprie case, consistevano nel far cadere le vittime all’interno delle cosiddette foibe. In merito al numero delle vittime infoibate, purtroppo, non si hanno dati certi anche se si presume che queste non siano meno di 4.000, ciò anche in virtù dei cadaveri rinvenuti.

La modalità utilizzata dalle truppe guidate dal Maresciallo Tito era quella di abbandonare i corpi dei giustiziati all’interno di profonde cavità naturali tipiche delle aree carsiche, denominate foibe.

Nel dettaglio, i condannati venivano legati l’uno all’latro con un filo di ferro stretto ai polsi e disposti lungo gli argini delle foibe cosicché, le milizie comuniste, potessero sparare ad alcuni dei giustiziati stessi, i quali una volta colpiti cadevano all’interno delle profonde cavità portandosi dietro l’intera fila. Non solo. Difatti, non tutte le vittime morivano sul colpo atteso che in molti casi la morte arrivava a seguito di crudeli sofferenze dopo aver trascorso giorni ammassati al fianco dei cadaveri degli altri condannati, magari con ferite piuttosto gravi.

Le foibe più tristemente note sono quella di Vines, in Istria e il pozzo di Basovizza, vicino Trieste. Per l’Italia, che si era arresa incondizionatamente, quindi senza poter condizionare i termini della pace, il Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, segnò la cessione definitiva alla ex Jugoslavia di quasi tutta la Venezia Giulia (l’alta valle dell’Isonzo con l’entroterra fino al crinale delle Alpi Giulie, gran parte del Carso goriziano e triestino nonché l’Istria), delle città di Fiume e Zara e delle isole della Dalmazia (Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa) con l’ulteriore perdita di Trieste, costituita in territorio

libero (T.L.T.) fino al 1954.

Asseritamente, con la sottoscrizione del Memorandum d’Intesa di Londra in data 5 ottobre 1954, firmato dall’Italia, dalla ex Jugoslavia, dal Regno Unito e dagli U.S.A., Trieste, unitamente a tutta

l’area geografica ricompresa nella “Zona A”, passarono rispettivamente da territorio libero e da territorio ad amministrazione angloamericana a territorio ad amministrazione italiana e, tale assetto geografico “Zona A” territorio e competenza italiana e “Zona B” territorio e competenza jugoslava divenne definitivo con la sottoscrizione del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, entrato in vigore il aprile 1979, tra Italia ed ex Jugoslavia, tramite il quale si rendevano definitive le frontiere tra le due nazioni, con la altrettanto definitiva rinuncia da parte dell’Italia ad ogni diritto sulle aree geografiche rientranti nella “Zona B”.

Al termine delle suesposte vicissitudini storiche, militari e politiche, nonché dopo ben tre differenti proposte di legge e un iter legislativo travagliato giustificato dalla delicatezza del tema si arriva ai giorni nostri ed alla tanto agognata approvazione di un provvedimento normativo che è destinato a ricordare la storia e la presenza italiana a Fiume, in Istria e in Dalmazia oltre che a commemorare le migliaia di vittime delle foibe e le altrettante migliaia di esuli del confine orientale.

La legge 30 marzo 2004 n. 92, recante norme in materia di Istituzione del «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 86 del 13 aprile 2004 ed entrata in vigore in data 28 aprile 2004, è composta da 7 articoli.

La ratio della norma in analisi, come detto, è quella di dar voce alla memoria dei martiri delle foibe nonché degli esuli di questi territori e, quindi, di diffondere la conoscenza dei fatti realmente accaduti affinché episodi dalle portate tragiche e violente non si ripetano.

L’art. 1 della norma in commento sancisce il riconoscimento formale da parte della Repubblica della data del 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. (.. continua..)

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