25 Settembre! Eppur si vota
di Pasquale Sofi
Eppur si vota! Finalmente! Direbbe qualcuno, specie se questa espressione trova origine principalmente nell’insoddisfazione o nell’antipatia nel gruppo, nei gruppi o nei personaggi che negli ultimi periodi hanno guidato l’Italia. Ovviamente il tutto dovrebbe essere commisurato al grado di soddisfazione percepito dai cittadini e dai giudizi conseguenti sull’operato degli stessi governi. Ma non sarà così, perché l’italiano medio ha una memoria decisamente labile (per non parlare delle modeste capacità di discernimento tra i vari orientamenti politici, principalmente per carenza di informazioni ma anche per opportunismo). E’ trascorso poco più di un mese dalla caduta del governo e sembra che gli elettori si siano scordati dei successi di quella che era stata, nel merito ancor più che nel metodo, la tanto evocata dai più, soprattutto a chiacchiere, agenda Draghi. E comunque proprio in questo momento la rinuncia ad un governo che stava riscuotendo un successo unanime, sia in campo nazionale che internazionale, la dice lunga su quanto i nostri partiti hanno a cuore gli interessi nazionali. Passi per la rancorosa invidia di Giuseppi che, emulo dell’amico d’oltreoceano ha sempre considerato il suo successore un usurpatore, è nota anche la bramosia dei pieni poteri di Salvini, ma Berlusconi…. Con quale faccia Berlusconi si presenta agli italiani?.(Con la solita direbbe qualcuno). Ma come è stata possibile questa guerra di posizione? Cominciata per un inceneritore locale e finita bruciando un governo, tra i più fattivi del dopoguerra, per la stupidità strategica di un partito di maggioranza che, da utile idiota, ha aperto la strada all’opportunismo di Forza Italia e della Lega vogliosi di fermare la corsa della Meloni agevolata dall’essere unico partito di opposizione
Si vota! Ma la profonda stoltezza del M5s, (avesse azzeccato in questi anni un solo provvedimento) la pagheranno soprattutto i territori in termini di rappresentanza (è scombussolato il quadro generale dei collegi elettorali); perché il PD di Zingaretti, per arruffianarsi il partito di maggioranza relativa, ha pensato bene, dopo aver votato tre volte no, di sostenere la bandierina di Conte e c. votando a favore della riduzione dei parlamentari ottenendo in cambio promesse mai mantenute… Infatti né Zingaretti prima, né l’algido e serafico Letta una volta alla guida del Pd dopo, mai hanno osato imporre a Conte il rispetto delle condizioni che avevano favorito il raggiungimento della maggioranza qualificata ed evitato il referendum. Le condizioni erano quelle di una nuova legge elettorale proporzionale con sbarramento al 5% e con la novità assoluta della sfiducia costruttiva che insieme avrebbero dato razionalità ad un taglio stupido e fine a se stesso dei parlamentari.
Cominciamo a farci una ragione che dopo le elezioni nulla sarà più come prima, anzi! Sarà certamente peggio per il semplice motivo che non avremo più certezze di alcuna autorevolezza rappresentativa sia in Europa che nel mondo: condizione essenziale per una crescita soprattutto economica. Ormai anche il più ingenuo dei cittadini dovrebbe rendersi conto di quanto umorali e cangianti siano le sorti economiche del mondo intero. Il piglio autorevole di Draghi ha fatto da garante in questi 17 mesi oltre che per i governi di mezzo mondo, soprattutto per i mercati finanziari; infatti la crescita del nostro Pil ha avuto di conseguenza una implementazione come non succedeva da decenni. Si andrà a votare, ma sul tavolo rimangono comunque le richieste malsane di Salvini e Conte pubblicamente denunciate da Draghi e avallate da Berlusconi e Meloni. Le assurde promesse di spese faraoniche, di pensionamenti facili, di concessioni liberticide (es. concorrenza) che la destra sbandiera per illudere i più ingenui, non saranno più possibili, perché salterebbero sia il pnrr che le misure anti spread. Saremmo così sull’orlo di quel default da cui anni fa ci salvò la tanto vituperata Legge Fornero. E’ inutile quindi farsi illusioni con quelli che, secondo i pronostici, succederanno a Draghi
Nel caos calmo della politica italiana vanno registrati due fatti di non poco conto: il primo è il divorzio da Forza Italia di Gelmini, Carfagna e Brunetta; (non si tratta di aderenti qualunque ma di personalità politiche di rilievo che hanno caratterizzato nell’ultimo decennio la politica del partito del Cavaliere), il secondo è il rifiuto di Azione a far parte di una coalizione a sinistra rompendo non solo il rapporto con Letta, ma anche quello con la Bonino e più Europa. Ma mentre l’abbandono di Forza Italia da parte dei tre ministri tuttora in carica nasce da un forte e deciso dissenso politico, (gesto in sé encomiabile che rende onore agli autori e che rappresenta una rarità nella storia politica nazionale, anche per levatura politica degli stessi), la seconda, banalizzata dai media come un voltafaccia del suo autore Calenda, rappresenta a parere di chi scrive una svolta quasi epocale per il vissuto degli ultimi cinquanta anni. Ricordo gli anni 70 allorquando sedicenti intellettualoidi, con “l’unità” sotto il braccio passeggiavano sussiegosi irridendo sarcasticamente chi era schierato a destra del PCI Ed è tra i giovani di quel tempo che vanno ricercati gli attuali putinisti e denigratori della Nato e degli USA. La guerra di cui non si sente più parlare (assolutamente dimenticata in campagna elettorale) ci ha chiaramente mostrato la necessità di dovere e sapere scegliere da che parte stare. Per questo quella di Calenda non è un’operazione di poco conto in quanto, dopo più di 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, consente di scoprire il velo di equivoci che accompagna da tempo il PD e gran parte della sinistra italiana: partito di governo? O di opposizione? Moderato o radicale? Un partito di governo dovrebbe essere, oltre che moderato, un partito di proposta; come è possibile allora conciliare l’immobilismo di Letta con il dinamismo di Calenda? Letta, secondo la stampa più accreditata, è risultato il vincitore delle ultime elezioni amministrative, proponendo che cosa? Forse lo ius soli? (sul quale, personalmente, sarei d’accordo) ma, visti i tempi, quale ricetta economica? Il nulla! La motivazione dovrebbe essere ovvia, ed è quella sostenuta da Calenda: come è possibile proporre soluzioni accettabili per una fascia ideologica che annovera sensibilità che vanno dalla social democrazia al comunismo più radicale? Inoltre Letta si propone di intervenire sulla scuola: un intervento marcatamente populista e al contempo pusillanime. Populista in quanto si rivolge ai docenti toccando il nervo scoperto della loro indecente retribuzione, ma anche pusillanime perché non affronta il serio problema della qualità del servizio scolastico ancora più indecente. E’, infatti, di pochi giorni il rifiuto della CGIL (da sempre la vera palla al piede della scuola) di premiare con un incremento stipendiale 8000 docenti scelti tra i più meritevoli. Cosa vogliamo di più? Delle proposte allucinanti della “Gilda”, dei comitati di base e dell’area sindacale dell’estrema sinistra in generale (che farebbero inorridire Calenda e non solo) sarei curioso di sapere cosa ne pensa Letta, a cui ricorderei a proposito di scuola, che il suo partito (D’Alema presidente del consiglio) e il suo sindacato di riferimento la CGIL, impedirono la riforma di Luigi Berlinguer, troppo evoluta per essere recepita dai docenti del tempo. E per questo ancora oggi ubriachiamo i giovani di saperi poco significativi.
Calenda avrebbe voluto arrogarsi il merito di aver indotto il PD a seguire con coerenza e senza equivoci una politica moderata, proattiva ed esente dall’obbligo quasi ricattatorio di concessioni estremiste; cercando così di evitare quello che Letta dimentica: la fine del governo Prodi 1 allorquando l’incompatibile Bertinotti ruppe il patto di desistenza stipulato con l’Ulivo sfiduciando il premier alla camera per un solo voto. Ma tornando a Calenda e al suo terzo polo, nato dopo il divorzio con Letta, sarebbe quanto di meglio è possibile trovare in termini di visione e operatività, purtroppo Renzi suo compagno di viaggio, è inviso a quasi tutti e soprattutto non gode del favore della stampa nazionale. Forse in un paese alfabetizzato politicamente…. La sua proposta sulla scuola è piuttosto generica, compresa l’idea del tempo prolungato fino ai 18 anni, eppure Calenda potrebbe essere l’ultima ancora di salvezza per una riforma della scuola. La sinistra per quanto suesposto è fuori gioco, le delusioni delle riforme Moratti e Gelmini sono sotto gli occhi di tutti, la Buona Scuola ha certificato il rifiuto del preside manager, ovviamente inviso ai docenti, ma a parte qualche altra soluzione poco ortodossa mutuata oltreconfine non è che fosse un disastro come viene rappresentata.
A destra la musica cambia totalmente! Innanzitutto i “cespugli” (definizione che un tempo veniva data ai partiti minori) che vi sono schierati rappresentano la componente moderata dello schieramento; anzi Brugnaro, Toti, Quagliariello e altri, qualche tempo addietro, studiavano come fondare un nuovo centro ovvero la collocazione politica che aveva un tempo rappresentato la casa dei moderati. Ma le elezioni improvvise e, valutata la direzione del vento che spira al momento, hanno suggerito loro di evitare avventure audaci. Per il resto la destra continua ad essere un’aggregazione contro a prescindere, dove l’estremismo leghista, piuttosto che in Salvini, (perenne dispensatore di soldi nelle tasche degli Italiani a spese delle nuove generazioni, nonché serio attentatore, con le sue proposte insensate, del pnrr) si manifesta con Berlusconi. Il Cavaliere, moderato per autodefinizione, del leghismo ne rappresenta l’asse portante; per chi avesse dubbi in merito lo inviterei ad analizzare a favore di chi sono andate le leggi e le opere dei suoi governi. E per tagliare la testa al toro suggerirei di leggere l’intervista recente rilasciata al Corriere d.s. dal suo amico di sempre Fedele Confalonieri, il quale si è manifestamente dichiarato Bossiano della prima ora e contrario all’unità d’Italia. La Meloni, nuovo premier in pectore secondo i sondaggi, capitalizza il vantaggio dall’essere stato l’unico partito di opposizione al governo Draghi coagulando un coacervo di no vax, no green pass e negazionisti vari…, inoltre, furbescamente si tiene ben stretti nel suo partito i nostalgici del vecchio Msi, candidandone alcuni e rifiutandosi di cancellare dal proprio simbolo la fiamma tricolore che secondo i sondaggisti le vale dal 3 al 5%. in più di consensi. Ma non è il caso di evocare la stucchevole paura della deriva fascista. Grosso merito della Meloni è stato quello di schierarsi a favore del patto Atlantico e della Nato (cosa assolutamente non garantita da entrambi i suoi partener) ma il suo sovranismo e le sue alleanze in Europa non giocano affatto a favore dell’Italia, anzi. Ultimamente sentendo il profumo di premierato è passata da urlatrice a melodica addolcendo anche il suo eloquio; molto probabilmente avrà cancellato dal suo menù le penne all’arrabbiata.
Purtroppo l’analfabetismo politico regna sovrano soprattutto al sud. Qualcuno si è mai domandato come mai la destra non ha chiesto mai il MES? (Non fanno testo in proposito le farneticazioni del M5s, Conte con 140 mld di scostamenti di bilancio usufruiti, ha lasciato allo sbando la sanità calabrese, ad oggi commissariata) Eppure la sanità nazionale fa acqua anche in Lombardia e non solo al Sud! Ma come farebbero Salvini e Berlusconi (con la Meloni a reggere la cadrega some direbbero i lumbard) a rinunciare ai profitti che i “viaggi per la salute” procurano agli investitori della sanità privata del Nord?
Secondo gli esperti il “novismo” sarebbe la stella polare che orienterebbe il voto degli Italiani, purtroppo il loro pressappochismo politico li porta a concentrare le attenzioni più sulle persone piuttosto che sulla concretezza di quanto sono capaci di proporre e realizzare. Ma l’esperienza del M5s avrà fatto scuola? Assolutamente no (ai precettori e ai nuovi aspiranti al reddito di cittadinanza si aggiungeranno geometri di campagna e tecnici del 110) Personalmente non mi meraviglierei se le risultanze delle elezioni andassero a premiare quasi tutti i defenestratori di Draghi.