Intervista all’Avvocato Domenico Di Carlo

Le Recensioni

di Gabriella Toritto

L’avvocato Di Carlo, allievo di Giorgio La Pira, nonché politico e amministratore, ha pubblicato recentemente il saggio “Le Pasionarie cattoliche”, citando nell’introduzione il pensiero di due grandi uomini del nostro Novecento:

La missione del cattolico in ogni attività umana è tutta impregnata di ideali superiori, perché, in tutto, si riflette il divino. Se questo senso del Divino manca, tutto si deturpa: la politica diviene mezzo per l’arricchimento, l’economia arriva al furto e alla truffa, la scienza si applica ai forni di Dachau, la filosofia al materialismo e al marxismo, l’arte decade al meretricio.

Don Luigi Sturzo

Le donne sono più aperte alle ragioni ideali che agli opportunismi.

Alcide De Gasperi, dal discorso politico a Roma del 2 febbraio 1948

Nella prima parte, che tratta sulle “Origini del Movimento femminile cattolico“, si evince che, fra le donne illuminate del primo Novecento, colei che auspicò la nascita di un movimento femminista cattolico e si adoperò tantissimo fu Elisa Salerno di Vicenza, osteggiata dalla gerarchia Vaticana.

Elisa Salerno credeva nel femminismo cristiano fondato sull’affermazione della dignità della donna, contro la mentalità imperante della sua inferiorità e della preminenza dell’uomo. Si batté contro il Capitalismo che sfruttava i lavoratori, carichi di lavori estenuanti e con salari bassi.

Per Elisa Salerno le altre teorie e ideologie del Novecento, a lei contemporanee, erano in antitesi con i principi di verità, di giustizia, e di amore che costituiscono i fondamenti e la forza del Cristianesimo. Le donne come Elisa Salerno, quelle che l’avvocato Di Carlo definisce “pasionarie cattoliche”, si interposero fra i gruppi femminili provenienti dall’alta borghesia e dall’aristocrazia nobiliare e i gruppi di sinistra, provenienti dalle file socialiste e dalle “agitatrici” laiche.

Alle pasionarie cattoliche si aggiunse l’impegno militante delle operaie cattoliche, delle associazioni femminili DC, dei quadri dei circoli. Combatterono tutti in difesa del lavoro, delle professioni, dell’insegnamento, del servizio sanitario, del lavoro autonomo coniugato al femminile. In quel tempo (e ancora oggi, date le morti bianche sul lavoro) la donna in fabbrica subiva lo sfruttamento e la discriminazione a causa del sistema capitalistico contrario ad ogni principio di giustizia, di uguaglianza, di parità tra i generi.

Già la Rerum Novarum di Leone XIII, emanata nel 1891, costituì il fondamento teorico della Dottrina Sociale della Chiesa e rappresentò la risposta della Chiesa alla questione operaia. Le trasformazioni economiche, causate dal capitalismo industriale, ebbero ripercussioni sociali di notevole entità che la Chiesa non poté ignorare. Così sollecitò la nascita di associazioni sindacali operaie nel quadro dei rapporti con i datori di lavoro improntati sulla solidarietà cristiana e affermò la necessità di un ruolo dello Stato nei conflitti fra il Capitale e il Lavoro.

Ai nostri tempi sono andati persi i principi della solidarietà cristiana. Così come è stato smarrito il senso del Divino che dovrebbe permeare ogni attività umana. Don Sturzo affermava che “se questo senso del Divino manca, tutto si deturpa”.

Il lavoro viene riconosciuto nell’Art. 1, fondativo della Costituzione della Repubblica Italiana; ha un ruolo importantissimo nel conferimento della dignità all’uomo.

Il LAVORO, sia manuale sia intellettuale, NON deve essere inteso come mero strumento del profitto ma VALORE, in quanto frutto, estrinsecazione, ossia traduzione materiale, dello spirito, dell’intelligenza umana, e in quanto tale teso a conferire dignità, titolarità al diritto di partecipare alla gestione e agli utili di impresa. Secondo la concezione cristiana dell’esistenza, l’uomo, in quanto persona e non numero, deve sentirsi partecipe di una comunità alla cui evoluzione e crescita deve contribuire (v. art. 4 della Costituzione) attraverso uno scambio di beni materiali e immateriali. Ogni uomo è persona unica ed irripetibile e NON è giusto che venga subdolamente inserito in una massificazione collettiva che impone pensieri e merci.

I principi del Cristianesimo, del Cattolicesimo, ispirarono il progetto della nostra Costituzione (senza escludere le altre Confessioni religiose – v. art. 8 della Costituzione). La Costituzione doveva contemplare un ordinamento politico, culturale, religioso che tutelasse, promuovesse la persona umana (v. art. 3 della Costituzione). Il pensiero di Giuseppe Dossetti indusse molti Padri costituenti ad accogliere la tesi secondo cui la persona umana e le comunità intermedie, come la famiglia, la scuola, il lavoro, la comunità religiosa, hanno diritti che precedono lo Stato stesso e che quei diritti devono essere riconosciuti e non concessi da altri.

Il neoliberismo, il comunismo, il fascismo hanno inteso l’uomo semplicemente come “elemento produttivo”, mentre il pensiero cristiano ha avuto come motore l’intento di formare la persona, l’uomo, e di renderlo non solo abile professionalmente ma elevato moralmente. Sicché il movimento cattolico in Italia attraversò momenti sofferti durante il fascismo in quanto i suoi iscritti compresero subito la diversità fra la “mistica fascista” e la “concezione cristiana della vita” – come scrive G. Spataro in una sua opera.

Quando i valori cristiani, su cui è fondata la società occidentale, vengono meno (Maritain), allora l’Europa entra in crisi e si affermano i totalitarismi (v. fascismo, nazismo, comunismo, maoismo, neoliberismo attuale o scientismo), scrive l’Avvocato Di Carlo.

Il saggio, pur ripercorrendo la storia del movimento cattolico, affronta temi attualissimi. Negli ultimi tempi si registrano precarietà sul lavoro e negazione della dignità delle donne. Si pensi a proposito al romanzo distopico di Margaret Atwood, candidata al Nobel, “Il racconto dell’ancella”, in cui si prefigura un prossimo futuro con donne votate solo alla procreazione. Aberrante!

  1. Nella società della globalizzazione, in cui il neoliberismo è stato portato alle estreme conseguenze, l’art. 1 della nostra Costituzione sembra essere disatteso, poiché vige la “legge” del profitto. A Suo avviso, Avvocato Di Carlo, si può ancora “invertire la rotta”?

R. Credo che in questa fase sia molto difficile. Invertire la rotta presupporrebbe una società, un’istituzione mondiale che ripristini le regole costituzionali mondiali, alcuni valori fondamentali, perché il problema è la globalizzazione ed è difficile che si possa fermare la lotta al profitto; ma uno Stato può intervenire intelligentemente con una legislazione di tutela. Pensiamo al dramma derivante dalle aziende che decidono di trasferirsi in altri paesi europei. Esiste o non esiste un governo europeo? Le regole sono valide per tutti i paesi, oppure per alcuni sì e per altri no? Un governo europeo serio dovrebbe innanzitutto dettare una fiscalità identica in tutti i paesi membri. Così non si avrebbero più aziende che delocalizzano dall’Italia per produrre ad esempio in Polonia e così via. Ciò distoglierebbe le aziende dalla desertificazione industriale di interi territori per delocalizzare altrove.

Siamo in una società in cui i valori cristiani devono essere riportati al centro. La Dottrina Sociale della Chiesa deve essere un elemento edificante, educativo, di chi vive nelle Istituzioni. Essa prevede la partecipazione dei lavoratori agli utili d’azienda; costituisce un antidoto al lavoro concepito esclusivamente come fonte di profitto. Ma non esiste solo il profitto! Vi sono i lavoratori, con la loro dignità, con la loro storia, le loro famiglie, i figli, che vanno rispettati. Il riconoscimento di tali valori costituirebbe un piccolo passo verso un cambio di rotta. Ritengo che non possiamo più negoziare con società come quella cinese, in cui vige la dittatura, dove sono negate le regole democratiche. Paesi come la Cina ci pongono di fronte ad una concorrenza sleale. L’Europa, al fine di tutelarsi, dovrebbe rifiutare di negoziare. Solo così garantirebbe le proprie imprese e l’economia.

  1. Le “pasionarie cattoliche” si batterono per l’affermazione dei valori cristiani, fra cui il riconoscimento della dignità della persona (v. l’art. 4 della Costituzione). Fra quei valori vi era (ed è tuttora) il diritto di partecipare alla gestione e agli utili di impresa, che viene attualmente rispettato ed implementato nei paesi del Nord Europa, ma non da Noi. A Suo avviso perché nel nostro Paese non è stato possibile?

R. La formazione ai valori cristiani e il riconoscimento della dignità della persona sono negli articoli 1, 2, 3 e 4 della Costituzione, che Fanfani, La Pira e Moro contribuirono a scrivere nell’ Assemblea Costituente. Oggi non riusciamo ad affermare il diritto alla partecipazione agli utili societari perché noi ci trasciniamo il retaggio della cultura e del sistema fascista e di tutti i totalitarismi del ‘900. Alcuni paesi del Nord Europa non hanno conosciuto il sopravvento dei sistemi totalitari, ne sono stati appena sfiorati. La Germania, culla del nazismo, invece è stata capace di superare velocemente quella fase, onta indelebile della sua storia. Bisogna contrastare la prevaricazione e il predominio dello Stato nei confronti del cittadino, contemplate dalle teorie ideologiche derivanti dall’hegelismo e dai totalitarismi. Lo Stato deve porsi al servizio del cittadino e non il cittadino, ossia la persona umana, al servizio dello Stato. Nel secondo caso il cittadino vedrebbe calpestata la propria dignità.

  1. I valori cristiano-cattolici, che ispirarono il progetto della nostra Costituzione, non impedirono ai Padri costituenti di convenire tutti insieme sul riconoscimento e sul rispetto delle altre Confessioni religiose (v. art. 8 della Costituzione). Non a caso, una delle donne da Lei citate, Angela Gotelli, sosteneva che solo la fraternità, la giustizia, l’amore possono salvare il mondo.

R. Nel nostro Paese la classe politica degli ultimi 20 anni si è rivelata molto debole nei confronti del potere economico-finanziario. La Prima Repubblica, senza entrare in giudizi di merito, esercitò una forte pressione nei confronti dei poteri economici-finanziari mondiali (v. il caso Mattei con le Sette Sorelle). Oggi invece tali poteri governano la politica. Ecco perché non riusciamo più ad attuare i principi costituzionali che ora leggiamo solo sulla Carta, senza poterli implementare. Occorre riscoprire il valore della persona nella sua dignità, altrimenti la politica sparirà, morirà. Punto di riferimento di notevole levatura morale e spirituale sono Dossetti, Don Sturzo, La Pira.

  1. Ella scrive che durante il ventennio fascista gli studenti della FUCI, tutto il movimento cattolico, attraverso lo studio, presero coscienza delle differenze fra la “mistica fascista” e la “concezione cristiana della vita”. Oggi corrono tutti; hanno tutti fretta; si studia poco; si legge poco e si riflette ancor meno. Come possiamo dunque salvarci dall’imperante “mistica dell’evasione” e del più acceso individualismo?

R. Ci possiamo salvare solo con i valori cristiani, con il rispetto della persona, che superano l’individualismo. Se non ri-abbracciamo i valori cristiani e se non ripudiamo l’individualismo, forme di oligarchie e/o di collettivismo opprimeranno di nuovo la dignità della persona, in quanto questa, la persona, finirà per non contare più né per gli uni né per gli altri. È già accaduto nel passato, anche quello più recente. Solo i valori cristiani possono ricondurci al rispetto della persona umana. A proposito vorrei ricordare come il movimento cattolico fu il primo a riconoscere la dignità delle donne come pari a quella degli uomini, tanto che Don Romolo Murri, a inizio ’900, sostenne che chi non riconosceva il voto alle donne, non riconosceva la parità dei diritti fra uomo e donna, dunque “coltivava” un pensiero non cristiano. Solo il Cristianesimo riconosce la parità e la complementarietà fra i due generi: uomo e donna. Solo con i suoi valori potremo salvare l’umanità.

Ora trionfa un nuovo paganesimo. Fra poco l’uomo non varrà più nulla; non avrà più dignità. I segni sono evidenti sotto i nostri occhi ogni giorno. Occorre fare argine al dilagare del profitto e dell’individualismo. Siamo in balia del neoliberismo più sfrenato che ci sta portando verso la prevaricazione dell’altro. Evoca il tempo degli schiavi; tempo immemorabile degli antichi Egizi o dei Neri d’America.

Il neoliberismo è contrario ad ogni idea liberale. Lo stesso Benedetto Croce oggi farebbe la rivoluzione se assistesse a ciò che accade, che offende anche gli ideali liberali e risorgimentali che hanno formato il nostro Paese. Il mio Saggio nasce dallo spunto derivatomi da alcuni movimenti europei, che si definiscono cristiani, ma che si rivelano anticristiani.

Studiando e raccogliendo i documenti, ho voluto porre all’attenzione delle nuove generazioni ed elettori il valore eroico di alcune donne, che si batterono per la conquista dei diritti civili e sociali, che combatterono nella Resistenza e che si impegnarono nell’Assemblea Costituente per la nascita della nostra Repubblica.

Mi piacerebbe che il saggio potesse costituire una lezione per i giovani affinché essi ricordino in modo imperituro come prima di loro altri giovani hanno immolato la vita per difendere la propria terra dall’invasore e conquistare la Repubblica. Vorrei riferire ai giovani l’inestimabile valore storico trasmesso loro dai Padri costituenti. Mi piacerebbe soprattutto che essi divenissero “sentinelle” vigili, poiché la democrazia va conquistata ogni giorno.

Il mondo potrebbe cambiare da un momento all’altro.

La democrazia e la libertà non sono mai acquisiti per sempre. Vanno custoditi, salvaguardati. Dobbiamo far sì che l’eroismo e il sacrificio dei nostri Padri, di tante donne valorose non sia stato speso invano. Quelle donne, vere cittadine al servizio del Paese, hanno svolto la loro attività politica autofinanziandosi con il loro lavoro e non attraverso il sistema della corruzione e del clientelismo.

Oso affermare che a queste donne non è stato tributato il giusto riconoscimento. Se ciò fosse avvenuto, avremmo assistito ad una parità di responsabilità nella guida dei partiti, ad una parità di posizioni occupate nelle Istituzioni democratiche. Ciò non è avvenuto. Avere più donne al potere avrebbe arginato il clientelismo, la corruzione, il correntismo, centro di potere e non fucina di idee.

A mio avviso, se ci fossero state più donne, esemplari per la condotta di vita, probabilmente il declino della Democrazia Cristiana non ci sarebbe stato. Donne come Filomena Delli Castelli, come Tina Anselmi avrebbero rappresentato un antidoto contro le depravazioni a cui abbiamo assistito e forse avrebbero salvato la Prima Repubblica.

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