DIARIO DI UN ASTEMIO PENTITO: UN NATALE DIVINO

di Davide Canonico

Questo progetto nasce per gioco e passione al fine di condividere con voi storie di vini e vignaioli il tutto in maniera assolutamente informale e senza alcun fine commerciale. Non pensate di trovare la rubrica di un professionista fatta di verità assolute e vocaboli complessi dove si descrivono sentori di spezie ignote o si decantano bottiglie che nel quotidiano sarebbe impossibile stappare. Pensatemi piuttosto come un amico che, messo di fronte all’infinito panorama letterario, vi consiglia un libro a lui particolarmente caro ritenendo possa suscitare il vostro interesse. Una persona comune ma sinceramente appassionata del mondo del vino che attraverso le sue esperienze spera di fornirvi degli spunti di riflessione da poter approfondire autonomamente. Tre bottiglie, tre storie, un solo obiettivo: incuriosirvi.

Come direbbe coloritamente l’Avvocato Covelli nel celebre film con De Sica: “ E anche questo Natale…”. Tuttavia, le feste non ci lasciano mai indenni ed i loro strascichi si ripercuotono lungamente su ciascuno di noi. La tristezza e la nostalgia riempiono l’animo di tutti coloro a cui addobbi, luminarie e regali riscaldano il cuore; un’antitetica commistione di sollievo e la spossatezza invade invece chi rivede nel Grinch il proprio alter ego e rinchiuderebbe in una prigione sotto montagne di ghiaccio Babbo Natale con tutte le renne. Che apparteniate ad una fazione piuttosto che all’altra non importa: tornare alla vita quotidiana non è semplice. Per superare il trauma psicofisico che ciascuno di noi internamente vive dopo le vacanze natalizie, vi propongo un rimedio infallibile, anzi tre: uno per ogni portata, dall’antipasto al dolce, e tutti rigorosamente piemontesi, regione emblematica del panorama vitivinicolo nazionale.

  1. Cantine Contratto, Canelli (AT)

For England: Non è da tutti poter dire di aver prodotto il primo spumante metodo classico in Italia o possedere una cantina riconosciuta come patrimonio UNESCO. Eppure, la cantina fondata nel lontano 1867 da Giuseppe Contratto può vantare entrambi questi privilegi. Risale, infatti, al 1919 il primo spumante secco millesimo prodotto nella nostra penisola proprio in una di quelle che oggi sono note come “Le Cattedrali del Vino”: oltre 5000 metri quadrati di cantine sotterranee costruite tra il XVI e XIX secolo e scavate nel tufo calcareo per una profondità di 32 metri nel cuore della collina nei pressi della città di Canelli. Un luogo mistico che custodisce i tesori di molte vendemmie e che ha contribuito in maniera determinante ad assegnare al territorio delle Langhe, Roero e Monferrato il titolo di patrimonio dell’umanità. Vino dei papi e della casa reale, la linea For England fu concepita agli inizi del ‘900 per rispondere allo strapotere dei cugini francesi e del loro champagne: un’idea avveniristica per l’epoca rivolta ai palati inglesi amanti dei gusti più secchi quando tutti esigevano spumanti più dolci (anche lo champagne era ben più dolce di come è adesso). Il For England prodotto oggi è uno spumante metodo classico realizzato con uve Pinot Nero in purezza, vinificate in bianco e provenienti da vecchie vigne coltivate a 750 metri d’altitudine, su terreni di prevalente matrice sabbiosa. La vendemmia è manuale, la pigiatura è delicata per estrarre solo la parte più pregiata (il “fiore”). Il mosto viene vinificato in bianco grazie a lieviti autoctoni naturali e i vini base riposano alcuni mesi prima della creazione della cuvée definitiva. La seconda fermentazione si svolge in bottiglia, secondo il procedimento del Metodo Classico, con un periodo d’affinamento sui lieviti di almeno 4 anni. Giallo dorato, bollicine fini e persistenti, profumi di agrumi e note tostate: nel bicchiere ritroviamo tutta la storia, la passione e la qualità di una cantina che ha fatto la storia dell’Alta Langa piemontese, una denominazione d’eccellenza senza alcunché da invidiare alle forse più conosciute Trento DOC e Franciacorta.

  1. Marchesi di Barolo, Barolo (CN)

Barolo Cannubi: Tutto inizia nel 1807 quando il Marchese di Barolo, Carlo Tancredi Falletti, sposa una nobildonna francese, Juliette Colbert di Maulévrier. Costei fu la prima ad intuire che solo attraverso il riposo in botti di legno questo vino sarebbe stato in grado di esprimere la raffinatezza e la longevità che lo hanno reso famoso nel mondo: il principe nebbiolo per diventare il re dei vini aveva bisogno di scrollarsi di dosso l’irrequietezza giovanile data da un tannino impertinente che lega la lingua con un’evidente sensazione di astringenza, aveva bisogno attraverso il legno di trovare col tempo l’eleganza ed il contegno che si addicono ai grandi trasformando quel tannino, in gioventù difficile da domare, nella chiave della sua raffinata eleganza. Oggi la cantina è sapientemente guidata dalla famiglia Abbona che la rilevò alla fine dell’800. La quinta generazione, incarnata da Anna ed Ernesto Abbona insieme ai figli, custodisce questa prestigiosa eredità e interpreta il futuro con costante orientato alla qualità. L’azienda è composta da circa 200 ettari di vigneto, divisi tra Langhe, Roero e Monferrato e produce oltre un milione di bottiglie. Per meglio specificarne ed esaltarne le diverse espressioni, i frutti delle vigne più vocate (Cru) vengono vinificati in purezza, affinati ed imbottigliati separatamente. Uno di questi è proprio il Barolo Cannubi, figlio di uno dei più celebri Cru del territorio langarolo, un barolo particolarmente armonioso ed elegante, dal colore rosso rubino con riflessi granati tipici dei grandi vini da invecchiamento. Al sorso il tannino avvolge il palato ma con delicatezza. Interessante per questo vino è la scelta di affinarne una parte in barrique di rovere francese al posto della tradizionale botte di maggiori dimensioni. Senza scendere in un dibattito che ha segnato un’epoca, ci limitiamo a dire che la scelta della barrique permette, tra le altre cose, una micro-ossigenazione molto più intensa ma allo stesso tempo più regolare, rendendo il vino pienamente godibile sin dai “primi” anni della sua gioventù. Trascorrono infatti “solo” 6 anni dalla vendemmia prima che il Barolo Cannubi possa dirsi maturo ma il suo potenziale evolutivo è pronto a sfidare il tempo.

  1. Paolo Saracco, Castiglione Tinella (CN)

Moscato d’Autunno DOC: Molti sono i metodi di accostamento cibo-vino, il più accreditato si basa sul concetto della contrapposizione e dell’analogia: contrapposizione perché gli “squilibri” di uno devono essere bilanciati dall’altro; analogia perché non tutto deve contrastare. Sostanzialmente, il punto è cercare un equilibrio dove cibo e vino non si sovrastino l’un l’altro ed il risultato finale sia maggiore della somma delle singole parti. Senza scendere nel dettaglio, per oggi vi basti ricordare un solo punto fondamentale: con il dolce ci vuole un vino dolce. Non cedete alle lusinghe della consuetudine: se vi è avanzata una fetta di panettone, non accompagnatela con uno spumante Brut. Cosa scegliere allora? Sicuramente non gli spumanti “Grand Dessert” che trovate sullo scaffale più basso del supermercato: non voglio demonizzare nulla e nessuno, ma di fronte a prezzi di vendita così stracciati è sempre il caso di porsi qualche domanda sulla qualità di quello che mettiamo nel bicchiere. L’unica possibilità è dunque ipotecare un rene per un meraviglioso Sauternes di qualche prestigioso chateau francese? Ovviamente no. Le soluzioni sono molte ma oggi voglio proporvene una tra le più classiche: il Moscato d’Asti. Un vino dolce, leggermente frizzante, delicato, aromatico, dal grado alcolico contenuto ed il cui profilo gustativo si sposa deliziosamente con la pasticceria ed i dolci lievitati. Paolo Saracco è uno dei produttori che del Moscato d’Asti ha scritto la storia, in Italia come nel mondo. La prima bottiglia risale al 1988 ma la famiglia di Paolo produceva moscato già da inizio secolo. In quelle vigne divise tra Castiglione Tinella, Stefano Belbo, Castagnole Lanze e Calosso, è stata praticata una selezione maniacale delle migliori piante e dei terreni più vocati per portare in bottiglia un vino di altissima qualità. Esemplare è il suo Moscato d’Autunno, un vino che per scelta produttiva ha rinunciato alla DOCG ma che rimane un punto di riferimento per l’intera denominazione ed un passaggio obbligato per gli amanti del buon bere. Bollicine finissime trapuntano il calice come stelle in un cielo giallo paglierino con pennellate di verde; il profumo invita al sorso più di quanto già non facciano gli occhi esprimendo toni fruttati e floreali tipici del moscato. Un vino che vi stupirà per intensità, eleganza ed equilibrio e vi accompagnerà in un viaggio che difficilmente dimenticherete.

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