La Gran Contessa Mathilde di Toscana (seconda parte)

   di Gabriella Toritto

(.. continua) Allorquando il conflitto fra Papato e Impero raggiunse l’apice dello scontro, che fu violento, Matilde, pur non arrivando ad una completa definitiva rottura con l’imperatore Enrico IV, si schierò apertamente dalla parte di Gregorio VII e della Chiesa. Intervenne anche alla Dieta di Trebur, dove assunse una posizione conciliatrice ai fini di un accordo fra l’imperatore e il pontefice. L’orientamento della contessa di Canossa fu considerato con attenzione da coloro che, pur essendo filo-imperiali, non volevano giungere ad un conflitto aperto con la Chiesa di Roma, e, nella speranza di trovare uno spiraglio che consentisse una possibilità di accordo, Matilde appoggiò l’intervento di Gregorio VII alla dieta di Augusta, dove il pontefice si propose di esaminare la posizione di Enrico IV e dei suoi nobili sostenitori con la massima obiettività. Sempre con le stesse intenzioni conciliatrici la contessa appoggiò il viaggio di papa Gregorio VII attraverso i suoi feudi emiliano-lombardi canossiani e lo ospitò proprio nella Rocca di Canossa quando, nel gennaio del 1077, si seppe che Enrico IV era partito alla volta dell’Italia con obiettivi non del tutto chiari e pacifici nei confronti del Pontefice.

A quel punto iniziarono trattative fra Gregorio VII ed Enrico IV che trovarono il loro naturale epicentro nella Rocca di Canossa e che ebbero come mediatrici Matilde e sua cugina Adelaide di Torino, suocera dell’imperatore. Nel corso del colloquio, avvenuto fra Enrico e la contessa Matilde nella cappella di San Niccolò, presso Bianello, nell’Appennino reggiano, si dispose la riconciliazione fra i due massimi poteri allora esistenti, meglio conosciuta come il “perdono di Canossa”.

Dunque Gregorio VII ricevette l’imperatore mentre era ospite di Matilde nel castello di Canossa. In quell’occasione l’imperatore, per ottenere la revoca della scomunica da parte del papa, fu costretto ad attendere davanti al portale d’ingresso del castello per tre giorni e tre notti inginocchiato nella neve e con il capo cosparso di cenere. Il faccia a faccia si risolse con un compromesso il 28 gennaio. Gregorio revocò la scomunica a Enrico, ma non la dichiarazione di decadenza dal trono.

In quell’occasione Matilde, che si era esposta al massimo del pericolo, mostrò interamente le proprie capacità e valenze politiche, che indussero l’imperatore a rassicurare sulle sue intenzioni pacifiche il pontefice e quest’ultimo ad accettare le assicurazioni di Enrico IV, garantite in primis dalla contessa Matilde.

Dopo l’accordo di Canossa del 28 gennaio 1077 il pontefice rimase per parecchi mesi ospite della grande feudataria, donna coraggiosa e prestigiosa.

Le testimonianze storiche a noi pervenute, soprattutto quelle imperiali, tuttavia non furono sempre favorevoli a delinearne l’immagine. Infatti non poche furono le maldicenze sul suo conto e su quello della madre. Le due donne furono accusate di comporre una sorta di “senato di femminelle” e non mancarono chiacchiere ingiuriose in particolare su Matilde. 

E, sebbene non si debba prestare credito a cronisti maliziosi, volti ad interpretare in modo torbido i rapporti fra il pontefice e la contessa, alcune lettere di Gregorio VII si prestarono a pericolosi fraintendimenti. Infatti il pontefice nei riguardi della fedele amica ed alleata si espresse con le seguenti parole: “Soltanto Dio, che penetra Il segreto dei cuori e mi conosce meglio di me stesso, sa quale sia la mia continua sollecitudine per te e la tua salute .…” aggiungendo … “se io sono amato come amo, sono obbligato a credere che nessun mortale al mondo tu mi preferisca, così come io non ti antepongo nessuna donna al mondo.”

Inoltre quando Gregorio VII subì un attentato da cui uscì molto provato, Matilde entrava nelle stanze del pontefice al Laterano senza attendere alcun permesso, in quanto lo stesso Gregorio voleva essere curato soltanto da lei e lei, a sua volta, non volle lasciarlo in altre mani.

La politica di Matilde poi divenne più che evidente nel momento in cui la rottura fra il papato e l’impero divenne irreversibile.

La contessa, fra il 1078 e il 1080, trovandosi a Roma, assunse un atteggiamento più marcatamente filo-papale, donando a San Pietro, nelle mani di Gregorio VII, tutti i beni allodiali in suo possesso per diritti di eredità o per altri motivi, posti al di qua e al di là delle Alpi, di cui conservò per sé soltanto una sorta di usufrutto, destinato ad interrompersi al momento della sua morte. Dopo di che ogni suo possedimento passò irreversibilmente nelle mani della Chiesa di Roma.

Quali motivi spinsero Matilde ad un appoggio così definitivo ed esclusivo dopo tutti i tentativi di conciliazione fra i due massimi poteri da lei effettuati non è ancora certo. Risulta invece evidente come la posizione della contessa determinò il destino della politica imperiale e di Enrico IV, il quale, sceso ancora una volta in Italia nel 1081, occupò buona parte dei possedimenti della feudataria nel Nord come rappresaglia nei suoi confronti.

Enrico IV inoltre giunse a bandire la cugina dal suo impero e a toglierle i possedimenti feudali italici e germanici che secondo l’imperatore dovevano essere donati all’Impero piuttosto che alla Chiesa, dati anche i legami parentali esistenti.

Nel 1085 la morte di Gregorio VII e l’occupazione di Roma da parte dell’imperatore e dell’anti-papa Clemente III, Guilberto di Ravenna, costituirono il momento più difficile per la contessa di Canossa, la quale si ritrovò per alcuni anni sola a difendere con saggezza e sagacia il programma della riforma papale.

In seguito le sorti del contrasto fra Chiesa e Impero si risolsero a vantaggio di Matilde, la quale appoggiò le elezioni di Vittore III e di Urbano II sul soglio pontificio. Sempre in quel tormentato periodo della vita della Chiesa Matilde pose in evidenza come per lei esistesse soprattutto e soltanto il primato della politica e per avere un appoggio più decisivo ai suoi programmi anti-imperiali la contessa arrivò anche a concludere un nuovo matrimonio, dettato esclusivamente da motivi diplomatici e militari, con il giovane Duca Guelfo di Baviera, avversario dell’imperatore.

A tale nuova unione fece seguito una violenta reazione di Enrico IV che nel 1091 occupò militarmente la città di Mantova, il più importante centro matildino in Lombardia. 

Di contro Matilde, con una risposta fulminea e sapiente, prese sotto la sua protezione l’imperatrice Prassede, che l’imperatore suo consorte aveva confinato a Verona. Quindi sostenne il giovane principe Corrado nella rivolta contro il padre.

Nel 1097 la prestigiosa alleata della Chiesa partecipò al sinodo lateranense tenuto in Roma da Urbano II, che rappresentò la definitiva vittoria di Roma sull’impero. Da quel momento anche le ostilità fra Papato e Impero iniziarono ad attenuarsi, sebbene vi furono momenti di grave tensione nel contrasto fra Enrico V e papa Pasquale II.

In tale contesto la posizione di Matilde di Canossa pian piano iniziò a sfumare sebbene ribadisse pur sempre il suo atteggiamento filo-papale, tanto che nel 1102 riconfermò la donazione dei suoi beni allodiali alla Chiesa di Roma.

Con altrettanta fermezza si rivolse a papa Vittore III, che avrebbe voluto rimanersene tranquillamente a Monte Cassino, quando volle riportarlo a Roma, ricordandogli come fosse suo precipuo dovere non allontanarsi dalla Sede di Pietro.

Con la fine dell’undicesimo secolo la contessa assunse un atteggiamento meno duro ed intransigente. E nel 1111, la signora di Canossa non fu contraria a stabilire rapporti meno conflittuali quando il nuovo imperatore scese in Italia, consentendogli di passare con il suo esercito attraverso i domini canossiani: concessione non da poco conto.

Di Matilde, donna del Medioevo, sottolineiamo il grande coraggio, la determinazione e la capacità di implementare azioni politiche con lucidità e costanza, nonostante i rischi cui si espose, sempre certa della bontà dei suoi proponimenti e della positiva conclusione della sua azione politica.

Fu straordinaria alleata di Ildebrando di Soana, divenuto Papa Gregorio VII, di cui riuscì a conquistare la stima e la perdurante considerazione.

Vissuta a lungo per quei tempi, morì il 24 luglio del 1115 a Bondeno di Roncore.

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