Costanza, figlia di Manfredi, nipote di Federico II, consorte di Pietro III d’Aragona (seconda parte)

   di Gabriella Toritto

(continua) Isabella nel 1281 andò in sposa a Dionigi, re di Portogallo, ma il matrimonio fu infelice. Ben presto si spense e fu riconosciuta santa. Violante invece sposò Roberto D’Angiò, duca di Calabria. Anche lei ebbe vita breve. Morì nel 1300.

Le nozze fra Costanza e Pietro III furono politicamente importanti e assunsero piena evidenza quando Carlo d’Angiò scese in Italia per combattere contro Manfredi e poi contro Corradino. Dopo la battaglia di Benevento del 1266, Gerona, residenza regale di Costanza, divenne il punto di riferimento per tanti esuli ghibellini filo-svevi, e per i parenti di Manfredi, fra cui Costanza, imperatrice di Bisanzio, miracolosamente scampata alla cattura angioina. I coniugi Costanza e Pietro accolsero e ospitarono anche Giovanni da Procida, medico di Federico II, che ebbe un ruolo di primo piano nella politica siciliana di Pietro III al pari di Ruggero di Lauria.

In quel momento storico così delicato per il casato svevo, Costanza, figlia di Manfredi, ormai morto, apparve e fu concretamente la legittima erede degli Svevi e gli esuli siciliani la considerarono la loro “naturalis domina”.

Dopo la morte di Manfredi e di Corradino, Pietro III denunciò in una lettera severissima le crudeltà commesse da Carlo I D’Angiò e con molta chiarezza iniziò a rivendicare i diritti della consorte Costanza e dei figli avuti da lei, erede legittima di Manfredi, sul trono di Sicilia.

Molti storici hanno ritenuto che in quell’occasione sia stata la stessa Costanza a esercitare pressioni sul consorte Pietro III affinché assumesse una posizione chiara riguardo al trono siciliano, tanto più che Manfredi alla sua morte non aveva lasciato eredi maschi e che dei quattro figli di Elena, tre erano probabilmente illegittimi e l’unica legittima, Beatrice, era ancora tenuta prigioniera dal re angioino Carlo I dopo la battaglia di Benevento.

Al di là del dolore per la scomparsa del genitore, per la rovina della propria famiglia e del casato svevo, cui apparteneva, nonché di quanti fino ad allora l’avevano sostenuta, gli anni che seguirono furono nel complesso abbastanza sereni per Costanza, divenuta regina a tutti gli effetti dopo il 1276, quando Pietro ascese al trono aragonese.

Nel 1282, in seguito alla sanguinosa guerra del Vespro, giunse il momento in cui Costanza poté diventare più concretamente regina. Infatti, quando re Pietro prese possesso della Sicilia, mandò subito a chiamare la consorte e tre dei suoi figli: Giacomo, Federico e Violante.

Nella primavera del 1283 Costanza sbarcò a Trapani dove fu accolta con grande affetto dalla popolazione che ravvide subito in lei la domina. Il 16 aprile dello stesso anno si ricongiunse a Messina con Pietro di ritorno dalla vittoriosa campagna militare in Calabria. Da quel momento per la regina avrebbe potuto iniziare un periodo di permanenza più tranquilla nel regno, ma non fu così poiché Pietro III fu richiamato dai suoi doveri in Aragona e Costanza, rimasta sola nell’isola, dovette fronteggiare una situazione critica, determinata dal riaccendersi di focolai di rivolta, alimentati da esponenti siciliani volti verso una politica autonomistica, poco incline a subire la dominazione catalana.

Alaimo da Lentini, che avrebbe dovuto sostenere la sovrana, fu fortemente condizionato da sua moglie Macalda, donna ambiziosa e altera, la quale cercò in ogni modo di contrastare la regina, ponendola in cattiva luce.

Fu quello il momento in cui Costanza mostrò la sua capacità politica basata su un grande equilibrio e su tanta pazienza, doti che le consentirono di mantenere il potere senza cadere in tranelli, ponendo in evidenza il suo innato spirito di clemenza. Alla delicata situazione interna al regno di Sicilia si aggiunsero la politica antiaragonese della Chiesa di Roma, che si aggravò quando Martino IV lanciò l’interdizione contro la Sicilia nel 1284, e la guerra contro gli Angioini, sostenuta dal fedelissimo ammiraglio Ruggero di Lauria e dal marito Pietro III.

La morte del sovrano aragonese fu un duro colpo per la regina Costanza, la quale ancora una volta seppe reagire ponendo sul trono di Sicilia il figlio Giacomo, allora diciottenne.

Duramente provata, Costanza si ritirò dalla scena politica nel 1286, rinchiudendosi presso un convento di clarisse, da lei precedentemente fondato a Messina.

La scelta religiosa della sovrana fu significativa e sottolinea la notevole influenza esercitata dalla devozione francescana anche sul re Pietro III e sui loro figli.

Costanza morì l’8 aprile del 1300 a Barcellona, sepolta in un convento francescano locale. La Chiesa successivamente la proclamò beata.

La saggezza politica e la santità hanno fatto di Costanza una delle donne più rappresentative del casato svevo. Lo stesso Dante la ricordò, riservandole espressioni di vero affetto, nel Purgatorio, quando il padre Manfredi incaricò il Sommo Poeta di fare sapere alla sovrana “mia bella figlia genetrice, de l’onor di Cicilia e d’Aragona” la sua salvezza eterna.

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