L’assegno di autodeterminazione per le donne vittime di violenza

   dell’ Avv. Dario Antonacci (Cultore della Materia in Diritto Notarile presso l’Università degli Studi di Bologna)

Nell’ultimo periodo, con specifico riferimento agli ultimi mesi anche considerato che il 25 novembre di ogni anno ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza

sulle donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite1, si è sentito molto parlare della tutela delle donne e, nello specifico, delle donne che sono state vittime di violenza.

Le iniziative, come ogni anno, volte a sensibilizzare su una problematica – quella della violenza sulle donne – che, purtroppo, ha raggiunto dimensioni preoccupanti, sono state tante numerosissime in ogni città.

In quest’ottica, merita un approfondimento particolare il provvedimento normativo adottato da un ente locale al fine di fornire effettiva tutela alle donne e, in particolare, a quelle donne che sono state vittime di violenza.

In tal senso, la Provincia Autonoma di Trento con il chiaro intento di accrescere l’autonomia e l’indipendenza delle donne vittime di violenze, anche richiamando

la “Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica” 2, ratificata dall’Italia con la Legge 27 giugno 2013, n. 77, ha voluto dare piena esecuzione alla Legge Provinciale 9 marzo 2010, n. 6 recante “Interventi per la prevenzione della violenza di genere e per la tutela delle donne che ne sono vittime” anche alla luce delle modifiche apportate successivamente e, in particolare, di quelle da ultime apportate dalla Legge Provinciale 9 febbraio 2021, n. 3 recante “Modificazioni della legge provinciale 9 marzo 2021 n. 6 (Interventi per la prevenzione della violenza di genere e per la tutela delle donne che ne sono vittime), in materia di assegno di autodeterminazione per le donne che hanno subito violenza”.

In linea generale la Provincia Autonoma di Trento ha voluto inquadrare ogni tipo di violenza sulle donne di qualsivoglia natura, psicologica, morale, fisica, economica e sessuale quale violazione dei diritti umani fondamentali alla vita, alla salute, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità e all’integrità psicofisica nonché quale ostacolo al godimento del

diritto ad una cittadinanza libera e sicura.

Orbene, la Legge Provinciale in parola che, anche alla luce delle recenti modifiche introdotte, si costituisce di 15 articoli, ha inteso prevenire e contrastare i reati di violenza contro le donne e la tutela di queste prevedendo, tra i vari interventi, l’istituzione e il riconoscimento dei Centri antiviolenza (Art. 2), fornendo, altresì, gli Indirizzi per l’attuazione delle azioni e degli interventi per la tutela e il sostegno delle donne vittime di violenza (Art. 3), garantendo, poi, una serie di Servizi antiviolenza (Capo II), disciplinando,

al contempo, la caratteristiche e le Tipologie delle strutture di accoglienza (Art. 5) e istituendo i Punti d’informazione antiviolenza (Art. 6) e il Fondo di solidarietà per le donne vittime di violenza (Art. 7).

In ordine alla Programmazione ed al coordinamento degli interventi (Capo III), inoltre, viene istituito il Comitato per la tutela delle donne vittime di violenza (Art. 10) e l’Osservatorio provinciale sulla violenza di genere (Art. 11) con particolare attenzione dedicata agli Interventi di prevenzione e di sensibilizzazione (Art. 12) e alla Formazione e l’aggiornamento del personale operante nel settore (Art. 13).

L’intervento sicuramente più rilevante, perlomeno dal punto di vista economico, è previsto dall’art. 7 bis, il quale, per l’appunto, disciplina l’Assegno di autodeterminazione per le donne che hanno subito violenza.

Con tale intervento, la Provincia Autonoma di Trento, oltre a porre in essere una scelta pioneristica ha inteso concedere alle donne che hanno subito violenza, residenti nel territorio provinciale, un assegno di autodeterminazione per sostenere l’autonomia e, in particolare, quella abitativa oltre che quella personale.

Ordunque, dalla lettura della norma in parola, emerge che può accedere all’assegno in oggetto la donna presa in carico dai servizi sociali territoriali.

Il legislatore provinciale, poi, ha attribuito il compito di determinare i criteri attuativi del beneficio economico de quo e, in particolare, di definire i criteri e le modalità per l’accesso e la quantificazione dell’assegno alla Giunta provinciale la quale ha provveduto in tal senso con la Deliberazione di Giunta Provinciale della Provincia di Trento del 23 dicembre 2021 n. 2344, recante “Criteri e modalità di accesso all’assegno di autodeterminazione per le donne che hanno subito violenza” (ai sensi dell’art. 7 bis della l.p. n. 6 del 2010 c.m. con l.p. n. 3 del 2021).

Ed invero, il beneficio economico di cui si tratta è slegato dalla prestazione lavorativa, dalla cittadinanza e dalle condizioni di soggiorno e interviene quale garanzia di indipendenza economica e, dunque, quale concreta forma di sostegno per le donne

che intraprendono percorsi di fuoriuscita da relazioni violente.

Del resto, alla luce dei dati raccolti nel tempo, è possibile rilevare che le denunce e l’emersione della violenza avvengono in quei contesti ove risultano essere presenti ed operativi servizi continuativi di sostegno per le donne vittime di violenza per le fasce

più deboli e per quelle con figli.

In quest’ottica, come emerge dall’art. 1 della delibera di giunta, il fine perseguito dalla Provincia Autonoma di Trento è quello di sostenere l’autonomia delle donne vittime di violenza, agevolandone l’autonomia abitativa e il rafforzamento o il raggiungimento dell’autonomia personale, tenuto conto che il detto assegno assume una valenza socialmente rilevante come sostengo alla donna nella sua scelta di allontanarsi dalla violenza ed intraprendere, allo stesso tempo, un percorso volto a recuperare la capacità di autodeterminare il proprio percorso di vita. L’art. 2 della delibera di Giunta invece disciplina i Requisiti e le condizioni di accesso all’assegno di autodeterminazione.

Ebbene, possono accedere all’assegno le donne vittime di violenza residenti in provincia di Trento al momento della presentazione della domanda.

Nello specifico, condizione per accedere all’assegno è la presa in carico della donna vittima di violenza da parte dei servizi sociali territorialmente competenti – i quali tengono anche conto dei percorsi intrapresi presso i servizi antiviolenza accreditati – che prevede, peraltro, la predisposizione di un piano personalizzato di intervento al quale la donna

deve aderire.

Infine, per ottenere lo stato di vittima di violenza, che è verificato dal servizio sociale territorialmente competente, è necessario alternativamente aver sporto denuncia o querela per un fatto riconducibile ad uno dei reati previsti e puniti ai sensi della legge n. 69 del 20193 o aver intrapreso un percorso di fuoriuscita dalla violenza presso il servizio sociale territorialmente competente e/o il consultorio e/o il servizio di psicologia clinica dell’Azienda sanitaria e/o un ente del terzo settore appartenente alla filiera dei servizi antiviolenza.

Come si evince da una prima analisi, purtroppo, nonostante non si possa non rilevare la bontà dell’assegno in parola, si deve altresì rilevare come il detto beneficio economico sia circoscritto alle sole vittime di violenza della Provincia Autonoma di Trento.

La disciplina dell’accesso all’assegno, invece, viene affidata all’art. 3 dove si legge che la domanda deve essere presentata all’Agenzia provinciale per l’assistenza e la previdenza integrativa (APAPI) per il tramite dei servizi sociali territoriali.

Il compito affidato ai servizi sociali risulta particolarmente delicato e importante considerato che questi sono tenuti, in primo luogo, ad attestare la presa in carico della donna vittima di violenza, specificando se quest’ultima è ospite di strutture socio- assistenziali che garantiscono vitto e alloggio e indicando la durata dell’assegno.

Inoltre, i servizi sociali, sono tenuti a fornire alle persone interessate tutte le informazioni relative all’assegno, comprese le condizioni, i requisiti e le modalità di accesso.

Per contro, l’art. 4 ci fornisce la disciplina della Misura e della durata dell’assegno.

La misura massima dell’assegno è pari ad € 400,00 che, viene ridotta del 50 % e, dunque, viene ridotta ad € 200,00 nel caso in cui la richiedente sia ospite di una struttura residenziale socio-assistenziale che garantisce alla stessa vitto e alloggio.

Nondimeno, durante il periodo di corresponsione dell’assegno la misura dello stesso può essere modificata qualora, sulla base dell’attestazione dei servizi sociali territorialmente competenti, muti la condizione di ospite o meno della beneficiaria presso strutture socio-assistenziali che garantiscono vitto e alloggio.

Per quanto attiene la durata dell’assegno, questo è corrisposto per un periodo minimo di tre mesi e per un massimo di dodici sulla base di quanto previsto dal piano personalizzato di intervento, come espressamente sancito dall’art. 6 della delibera in analisi.

In questa sede pare opportuno precisare che nel caso in cui l’assegno venga riconosciuto per un periodo superiore ai sei mesi, alla scadenza del sesto mese, i servizi sociali territorialmente competenti effettuano un monitoraggio della situazione e valutano se confermare o meno la misura per i mesi successivi già individuati.

Ad ogni modo, l’assegno di autodeterminazione non può essere rinnovato, come espressamente sancito dal comma 6, dell’art. 4 della norma in commento.

La Decorrenza dell’assegno, come statuito dall’art. 5, è disposta con provvedimento del dirigente dell’Agenzia Provinciale per l’assistenza e la previdenza integrativa con la conseguenza che il diritto all’assegno decorre dal primo giorno del mese successivo a

quello di presentazione della domanda.

È possibile presentare la domanda per accedere all’assegno già dal primo aprile 2022.

Come sopra accennato, al fine di chiedere ed ottenere l’assegno di autodeterminazione si rende indispensabile la predisposizione del Piano personalizzato di intervento che viene dettagliatamente disciplinato dall’art. 6.

In tal senso, vediamo che può accedere all’assegno la donna vittima di violenza presa in carico dal servizio sociale territoriale, il quale predispone sulla base dello schema tipo, d’intesa con la stessa donna vittima di violenza, un piano personalizzato di intervento finalizzato alla protezione, al sostengo e all’emancipazione della donna stessa e dei suoi

eventuali figli.

In particolare, il piano indica se la donna è ospite di una struttura residenziale socio-assistenziale che garantisce vitto e alloggio e deve contenere gli elementi relativi alla durata della corresponsione e della quantificazione dell’assegno, le misure di tutela e protezione della donna utili per consentire l’interruzione della relazione violenta, le misure di inserimento lavorativo nonché i percorsi da intraprendere finalizzati ad ottenere una maggiore autonomia economica e alloggiativa.

La vittima di violenza deve aderire al piano per poter accedere all’assegno.

Orbene, il piano personalizzato di intervento rappresenta lo strumento di integrazione e di coordinamento con gli altri provvedimenti dei servizi pubblici, con particolare riferimento agli interventi provinciali di politica del lavoro, e dei servizi antiviolenza accreditati volti ad incentivare l’occupazione e l’indipendenza economica per la donna vittima di violenza.

Tuttavia, come disposto dall’art. 7, è prevista la decadenza dall’assegno di autodeterminazione nel caso in cui i servizi sociali ritengano di non confermare l’assegno come sopra visto.

A ciò si aggiunga che, in caso di assoluzione in via definitiva del denunciato o di condanna in via definitiva per calunnia della denunciante o querelante, nel periodo di erogazione dell’assegno, questo è revocato e la persona beneficiaria è tenuta a restituirlo nella misura di quanto è stato effettivamente percepito.

La minuziosa disciplina dell’assegno sin qui esposta si conferma tale anche in riferimento alle cause che determinano l’Incompatibilità con l’assegno stesso, come emerge dall’art. 8.

Ebbene, l’assegno è incompatibile con la quota finalizzata a garantire il raggiungimento di una condizione economica sufficiente a soddisfare i bisogni primari della vita contrastando le situazioni di povertà dell’assegno unico provinciale (cd. “Quota A” dell’assegno unico provinciale erogato dalla Provincia Autonoma di Trento) ed è parimenti incompatibile con gli altri interventi economici, erogati anche a livello nazionale, per le stesse finalità previste per la prevenzione della violenza di genere e per la tutela delle donne che ne sono vittime.

Ciò anche e soprattutto al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di interventi previsti dalla normativa nazionale e da quella provinciale finalizzate al medesimo scopo di tutela, assicurando, per contro, un raccordo tra strumenti aventi lo stesso scopo favorendo la complementarietà.

*Cultore della Materia in Diritto Notarile nell’Università degli Studi di Bologna

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1 Si v. Risoluzione Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 54/134 del 17.12.1999

2 Si v. Convenzione del Consiglio d’Europa adottata ad Istanbul del 11.5.2011

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3 19 luglio 2019, n. 69 recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, anche conosciuto come Codice Rosso, che ha introdotto nuove figure delittuose quali “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” cd. Revenge porn (Art. 612-ter c.p.),

Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso” (Art. 583-quinquies c.p.),

Costrizione o induzione al matrimonio” (Art. 558- bis c.p.) e “Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa” (Art. 387-bis c.p.) oltre ad aver inasprito le pene per alcune ipotesi delittuose già precedentemente previste e punite dal codice penale.

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