Il lavoro e i “Bla, bla, bla …” dei governanti
Durante l’omelia della notte di Natale scorso, con note vibranti di grande intensità e di senso di responsabilità, Papa Francesco così si è espresso: “Dio stanotte viene a colmare di dignità la durezza del lavoro. Ci ricorda quanto sia importante dare dignità all’uomo attraverso il lavoro, ma anche dare dignità al lavoro dell’uomo, perché l’uomo è signore e non schiavo del lavoro” (…). Nel giorno della Vita ripetiamo: basta morti sul lavoro! E impegniamoci per questo” (…). Dio va in cerca dei pastori, degli invisibili; mentre noi cerchiamo visibilità. Gesù nasce per servire, mentre noi passiamo gli anni a inseguire il successo. Dio non ricerca forza e potere, domanda tenerezza e piccolezza interiore”.
Sempre il Pontefice, qualche anno fa, in occasione della 103ma Sessione della Conferenza dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha dichiarato: “Il lavoro umano è parte della creazione e continua il lavoro creativo di Dio. Questa verità ci porta a considerare il lavoro sia un dono sia un dovere. Il lavoro perciò non è meramente una merce, ma possiede la sua propria dignità e valore.”
Il lavoro è ciò che rende l’uomo simile a Dio, perché con il lavoro l’uomo è creatore; è capace di creare. L’uomo è un creatore. Crea con il lavoro. Questa è la sua vocazione ancestrale. La Bibbia tramanda che Dio vide quanto aveva fatto ed ecco: “era cosa buona» (Gen. 1,31). Il lavoro ha dentro di sé la bontà; crea l’armonia delle cose – bellezza, bontà – coinvolgendo l’uomo in tutta la sua persona: nel pensiero e nell’agire. La prima vocazione dell’uomo è lavorare. E il lavoro gli conferisce dignità. Quella dignità che lo fa assomigliare a Dio. “Dio creò l’uomo sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”. Papa Francesco, a fronte delle nuove espressioni di schiavitù e di sfruttamento nel mondo produttivo, si è appellato alla “dignità del lavoro”, sollecitando che a nessuno manchi il lavoro, la dignità e la giusta retribuzione. Nel diciottesimo secolo (1700) Voltaire scrisse che: “il lavoro allontana da noi tre grandi mali: la noia, il vizio, il bisogno”. I governanti che non riflettono su tali espressioni e non provvedono a porre fine alle ingiustizie sociali del nostro tempo evidentemente vogliono “la noia, il vizio, il bisogno” di quella moltitudine di persone che ora “dorme” ma che potrebbe all’improvviso svegliarsi dal lungo torpore cui l’hanno soggiogata la società dei consumi, gli influencer di botulinica essenza, il mondo hollywoodiano.
Simon Weil ritenne doverosa “l’attenzione” nei confronti degli “ultimi”, in quanto essa (l’attenzione) “è la forma più rara e più pura della generosità”, ponendosi l’obiettivo di promuovere le Università popolari. Comprese che la cultura costituisce una “potenza” e che il popolo, privato di tale potenza, non potrà giammai governare. Constatò quanto fosse più grave privare gli esseri umani dei beni dello spirito piuttosto che dei beni materiali (almeno finché questi ultimi – i beni materiali – siano sufficienti per vivere).
La celluloide, il grande e il piccolo schermo, i social hanno obnubilato le coscienze. I cosiddetti “grandi” della Terra hanno scientemente “oscurato” la Scuola, l’istruzione, poiché la cultura intellettuale apre gli occhi e la mente e allena alla critica di giudizio. Disseminare, moltiplicare ignoranza, ozio, vizi, bisogno faciliterà al “potere” il pieno, totale controllo delle menti e delle coscienze. Dominio assoluto.
Simon Weil, ad esempio, si impegnò nell’educazione operaia, che ricordava “l’alta festa dello Spirito” di carducciana memoria. Infatti, nel lontano 8 agosto 1873 il democratico Carducci elogiò i sacrifici degli operai e degli agricoltori che avevano trovato il tempo e l’energia per studiare dopo il duro lavoro. Allora Carducci, Vate dell’Italia unificata, invocò commosso la discesa della «luce spirituale» dell’istruzione sulla società civile, annunciando che “Il tempo dei privilegi è passato…” – Purtroppo il nobile Giosuè Carducci si illudeva … “Tutto cambi, perché nulla cambi…” – Scriveva Tomasi di Lampedusa in “Il Gattopardo”, riferendosi agli eventi del suo tempo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Ancora … il principe Salina di “Il Gattopardo” disse: “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene …” Parole profetiche!
Simon Weil fu consapevole che “in ogni epoca la facoltà di maneggiare le parole è sembrata agli uomini qualcosa di miracoloso (…) il dominio di coloro che sanno maneggiare le parole su coloro che sanno maneggiare le cose, si ritrova in ogni tappa della storia umana (…) e sono sempre stati dalla parte della classe dominante.”
Diede grande importanza al lavoro. Ella affermò che “L’uomo crea l’universo intorno a sé con il lavoro” ed elaborò una filosofia incentrata sul lavoro poiché il lavoro è lo strumento che l’essere umano ha di presa e di trasformazione del mondo, il solo modo di domare la materia. Così, attraverso il lavoro, l’uomo sperimenta l’estrinsecazione della propria libertà individuale che si esercita attraverso il pensiero e l’azione (quest’ultima, conforme al pensiero). Per Simon Weil l’intero Sistema dovrebbe generare la Persona, NON il consumatore, e dovrebbe promuovere “la dignità dell’uomo nel lavoro, che è un valore spirituale”.
Soprattutto l’Occidente, le cui radici affondano nella cultura greco-ellenistica, nel diritto romano, nella cristianità, dovrebbe stampare sulla propria fronte il pensiero di don Luigi Sturzo: “La missione del cattolico in ogni attività umana è tutta impregnata di ideali superiori, perché, in tutto, si riflette il Divino. Se questo senso del Divino manca, tutto si deturpa: la politica diviene mezzo per l’arricchimento, l’economia arriva al furto e alla truffa, la scienza si applica ai forni di Dachau, la filosofia al materialismo e al marxismo, l’arte decade al meretricio.” Anche queste parole sono state quanto mai profetiche e rappresentano la realtà del mondo in cui viviamo: i “forni di Dachau”, il meretricio a tutti i livelli, il furto, la truffa … .
Si ponga bene attenzione che nel mondo del lavoro e nella società civile di oggi non ancora sono del tutto implementati i principi di solidarietà e di sussidiarietà contemplati dalla nostra bellissima e nobilissima Carta costituzionale e dalla dottrina sociale della Chiesa. Quest’ultima ha tanto ispirato la nostra Costituzione. In merito alle Istituzioni, la nostra Carta costituzionale e la dottrina sociale della Chiesa sostengono che una “democrazia senza valori (e la Storia lo insegna) facilmente si riduce ad un totalitarismo appena o per nulla mascherato” … .
A proposito di istituzioni, la comunità politica deve essere a servizio della società civile, delle persone e dei gruppi che quella società civile compongono e che la giustificano, ed è tenuta a rispettare il principio di sussidiarietà nel regolare le relazioni con essa.
L’enciclica Rerum Novarum, promulgata da papa Leone XIII il 15 maggio1891, e la dottrina sociale della Chiesa, sono stati ispirati da fondamenti teorici, le cui “sorgenti” o “fonti” sono state la Sacra Scrittura, la Parola di Dio rivelata, i Sacri Libri, a partire da Genesi, attraverso poi il Vangelo, gli critti apostolici, etc…
L’Enciclica Rerum Novarum di Leone XIII rappresentò la risposta della Chiesa alla questione operaia del primo ‘900. Le trasformazioni economiche, causate dal capitalismo industriale, ebbero ripercussioni sociali di notevole entità che la Chiesa non poté ignorare. Così l’alto magistero della Chiesa sollecitò la nascita di associazioni sindacali operaie nel quadro dei rapporti con i datori di lavoro improntati sulla solidarietà cristiana e affermò la necessità di un ruolo dello Stato nei conflitti fra il capitale e il lavoro.
A tale proposito vale la pena di spendere due considerazioni sulla dottrina sociale della Chiesa, le cui convinzioni d’intelletto, in merito all’uomo e al lavoro dell’uomo (così come è scritto nella Lettera Enciclica Laborem Exercens di Papa Giovanni Paolo II, emanata al 90° anniversario dell’enciclica Rerum Novarum), acquisiscono il carattere di convinzione di fede. La dottrina sociale della Chiesa trova già nelle prime pagine di Genesi, primo libro della Bibbia, la fonte della sua convinzione sul lavoro, inteso come fondamentale dimensione dell’esistenza umana sulla terra. Queste verità fondamentali intorno all’uomo e al lavoro sono già insite nel contesto del mistero della Creazione. Proprio nell’ambito della Creazione in Genesi: l’uomo è fatto ad immagine di Dio – “maschio e femmina li creò, a sua somiglianza, a sua immagine” (...) “moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela”.
Certamente “moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela” non si riferiscono direttamente ed esplicitamente al lavoro, ma costituiscono l’input che indirettamente già indica all’uomo il lavoro che dovrà eseguire e le attività che egli (l’uomo) dovrà svolgere nel mondo, come mission indicatagli da Dio.
Pertanto, già in Genesi incontriamo l’uomo nell’adempimento del mandato affidatogli dal Creatore. L’uomo riflette la stessa azione del Creatore dell’universo.
Le parole proferite in Genesi ancora oggi non cessano di essere attuali e la moltiplicazione, il riempimento della terra e il suo soggiogamento costituiscono un processo universale che abbraccia tutti e ciascuno, ogni generazione in ogni fase dello sviluppo economico e culturale. È un processo che si attua in ogni uomo. Tutti e ciascuno sono contemporaneamente da esso abbracciati.
Tutti e ciascuno prendono parte a questo gigantesco processo, mediante il quale l’uomo “soggioga la terra” attraverso il suo lavoro.
Così il lavoro umano diviene la chiave, ovvero la chiave essenziale di tutta la questione sociale se miriamo al bene dell’uomo.
La graduale soluzione della questione sociale renderà la vita umana più umana e dunque il lavoro umano acquisirà un’importanza fondamentale, decisiva nella storia dell’umanità.
La primordiale intenzione di Dio nei confronti dell’uomo non fu ritrattata né cancellata neppure nel momento in cui l’uomo infranse l’originaria alleanza, quando Dio gli disse: “col sudore del tuo volto mangerai il pane”.
Le parole del Dio offeso si riferivano alla fatica, a volte pesante, che da quel momento accompagnò il lavoro umano. Nulla è cambiato da quel tempo ancestrale affinché l’uomo realizzasse il suo dominio soggiogando la terra, il creato. Tale fatica è universalmente riconosciuta. La conoscono tutti gli uomini che lavorano, poiché il lavoro è una vocazione universale: gli agricoltori, i minatori, i siderurgici, i muratori, i medici, gli infermieri, gli insegnanti, gli artigiani, i rider. Tutti.
Il lavoro conferisce dignità all’uomo poiché è un bene che esprime la dignità dell’uomo e la accresce.
Nella Lettera Enciclica “Laborem exercens”, rifacendosi agli scritti di San Tommaso, Giovanni Paolo II scrive che il lavoro è un bene dell’uomo, è un bene della sua umanità, perché attraverso il lavoro l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo e in un certo senso “diventa più uomo”.
Il lavoro viene riconosciuto nell’art. 1, fondativo della Costituzione della Repubblica Italiana; ha un ruolo importantissimo nel conferimento della dignità all’uomo, ma oggi è totalmente disatteso.
Il LAVORO, sia manuale sia intellettuale, NON deve essere inteso come mero strumento del profitto, ma VALORE, in quanto frutto, estrinsecazione, ossia traduzione materiale, manifestazione dello Spirito e dell’intelligenza umana, e in quanto tale teso a conferire dignità, titolarità al diritto di partecipare alla gestione e agli utili di impresa. Secondo la concezione cristiana dell’esistenza, l’uomo, in quanto persona e non numero, deve sentirsi partecipe di una comunità alla cui evoluzione, crescita, deve contribuire (art. 4 della Costituzione) attraverso uno scambio di beni materiali e immateriali. Ogni uomo è persona unica e irripetibile, e NON è giusto che venga subdolamente inserito in una massificazione collettiva che impone pensieri e merci.
Il neoliberismo, il comunismo, il fascismo hanno inteso l’uomo semplicemente come “elemento produttivo”, mentre il pensiero cristiano ha avuto come motore l’intento di formare la persona, l’uomo, e di renderlo non solo abile professionalmente ma elevato moralmente.
Così come ha scritto il filosofo francese Jacques Maritain, quando i valori cristiani, su cui è fondata la società occidentale, vengono meno allora l’Europa entra in crisi e si affermano i totalitarismi (fascismo, nazismo, comunismo, maoismo, neoliberismo e/o scientismo attuali).
Il 19 dicembre scorso il direttore di un’importante testata nazionale, nel suo editoriale, ha scritto: “Così muore la civiltà del lavoro”, ricordando Filippo, onesto lavoratore, “acrobata delle gru”, il quale, uscito per andare al lavoro, non è più rientrato a casa.