Il “Negative Marketing” [politico] su Facebook

#digitalmarketing #positivemarketing  negative marketing

di Pierluigi Lido

 

Iniziamo dalla fine di questo articolo, tanto ormai va tutto talmente al contrario che io mi sono parecchio abituato.

Va tutto talmente al contrario che l’ex premier Renzi fa il presentatore televisivo in un programma su Rete4, l’attuale premier Conte non si sa chi sia ed è ostaggio di un neet che qualche anno fa vendeva le noccioline allo stadio e soggiogato da un bullo che ha lavorato negli ultimi anni per la secessione del Nord dal resto dell’Italia, Italia di cui è ora Ministro degli Interni. In tutto ciò, nel mondo capovolto, pure che io dovrei fare lo psicologo in qualche azienda al Nord o all’estero, vendo la vernice e gli arrosticini a Montesilvano, su Internet.

 

“Niente è più snob di pensare che la massa meriti la merda. Anche otto milioni di mosche possono avere torto a convergere su un escremento. Se poi magari gli fai vedere che c’è anche dell’altro, che c’è una cosa che si chiama cioccolata, che è fatta con il cacao, che è buona… chissà magari li convinci. Questo significa essere snob?”.

 

Comincia così una delle più belle interviste a Michele Serra su Il Foglio datata 23 settembre 2016. Uso Serra per riappacificarmi col focus di questo pezzo. Facebook è pieno di pubblicità profilata, volta al raggiungimento di obiettivi di propaganda politica. Tant’è che i giovani (non io, i giovani veri!) se ne sono andati su Instagram da un pezzo.

Per carità, non è che abbiano fatto un grosso affare su Insta, dove “ci sono solo tette culi e sederi”, come diceva Fabri Fibra in un suo recente pezzo rap.

Per carità, meglio guardarsi dei culi su Instagram che beccarsi ogni giorno l’inquinamento mentale delle eco-chamber dei post di Salvini o le invettive di quei trogloditi dei #novax.

 

Sia chiaro, io con Facebook ci lavoro e spendo mensilmente quello che molta gente investe in affitti o prodotti estetici; sono dalla parte della barricata in cui mi servo del social a pagamento per veicolare i prodotti che vendo online.

Mi do la facile e personale giustificazione che vendere prodotti sia meglio che vendere bugie, illusioni e odio. Credo oltremodo che quello che ho appena scritto sia sostanzialmente vero e me lo ripeto ad ALTA VOCE.

 

VENDERE DEI PRODOTTI È DIVERSO DAL VENDERE PROPAGANDA E ODIO ALLA GENTE.

 

Il fango di Facebook sono le web agency ingaggiate dai partiti per generare fake news e modificare nel tempo le opinioni della gente. Prendere in giro le persone per metterle le une contro le altre è pericoloso e grave. Le strategie social di queste agency sono banalmente basiche poiché fare una campagna marketing è qualcosa di estremamente raffinato e profondo, in realtà. Per tirare su una campagna pubblicitaria strutturata su Facebook bisogna:

  1. studiare i bisogni aziendali/del committente;
  2. definire gli obiettivi della campagna;
  3. creare un pubblico che possa vedere soddisfatti quei bisogni (profilato per sesso, età area geografica, interessi ecc.);
  4. creare contenuti testuali e grafici da mostrare a quel pubblico;
  5. comprare traffico su Facebook e impostare un budget per mostrare questi contenuti a una determinata “copertura” di persone;
  6. monitorare i risultati e risponsorizzare di conseguenza tornando al punto 1 dopo aver revisionato le campagne, sulle base dei risultati ottenuti e delle rispettive analisi.

 

Le azioni dal punto 1 al punto 6 sono il classico schema adottato da chiunque faccia digital marketing, per sé o per un committente. Chi fa negative marketing fa convergere milioni di persone verso la merda, per dirla alla Serra. Chi fa negative marketing fomenta le masse facendo presa sui bassi istinti e debolezze delle fasce meno scolarizzate della popolazione. Ed è talmente facile adottare questo schema che ci riescono benissimo.

Ed è talmente difficile e lavorato fare “positive marketing” che queste agency non sono scalabili nel breve periodo e non lo saranno fino a quando il livello medio del pubblico su Facebook non si sarà alzato.

Che si può fare in questo scenario quindi?

L’unica cosa che possiamo fare è non alimentare la nostra già compromessa eco-chamber del “negative marketing” condividendola – o peggio – cercando di combatterla sui social. Un’altra cosa che possiamo fare è attendere la fine di tutto questo: aspettare il corpo del nemico trasportato dalla corrente. Aspettarne la fine. Perché tutto finisce di fronte a un tempo T. Ne volete la prova? È appena finito questo articolo.

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