Esami e altro
di Pasquale Sofi
Si parla, ancora oggi, di un esame, quello di maturità, che non esiste più da venticinque anni! Ovvero da quando Il Ministro Luigi Berlinguer (con Giovanni Gentile il più illuminato ministro della P.I. di sempre) trasformò un esame, fino ad allora, volto ad accertare la maturità culturale dei singoli maturandi, in un esame più rigoroso (almeno sulla carta) dove l’accertamento avrebbe dovuto riguardare, per ciascuno dei candidati, non solo le conoscenze, ma anche la loro implementazione in competenze attraverso le capacità da loro evidenziate. Il buon Lubrano avrebbe detto: la domanda nasce spontanea, come fa la scuola ad accertare qualcosa che non è abituata a trattare. Quante scuole in Italia sanno lavorare per competenze? E quante sono in grado di progettare per competenze? La risposta è nessuna (salvo casi rarissimi che si riscontrano in quelle poche scuole che praticano una seria e rigorosa autovalutazione d’Istituto aperta al mondo esterno), per il semplice motivo che tutti si trincerano dietro la copertura proprio degli esami di stato, imputando addirittura alla commissione esterna l’incompetenza a condurre un “esame per competenze”, da cui trarrebbe origine una sicura penalizzazione dei propri studenti.
Ma tornando alla riforma, la modalità codificata per mettere, giustamente, ciascun candidato a proprio agio nel colloquio orale, si rivelò esiziale per lo stesso esame. Il colloquio, infatti, avrebbe dovuto trovare l’abbrivio in un lavoro di approfondimento, presentato anche in forma multimediale, che i candidati trasformarono fin da subito, (complici i docenti da sempre desiderosi di difendere non tanto gli studenti quanto la loro scuola e di riflesso il loro stesso operato), in tesine o mappe concettuali, utili a trasformare l’esame in un apparente percorso multidisciplinare a piacere. Ultimamente l’iter è in parte cambiato perché per ogni candidato la commissione è tenuta a preparare tre buste, ognuna contenente un tema diverso, che il candidato deve sorteggiare. Una volta aperta la busta scelta l’esaminato, intorno al tema sorteggiato, dovrà costruire un percorso pluridisciplinare attraverso il quale la commissione avrà modo di stimolare e di verificare quanto richiesto dalla norma. Ma come potrà fare uno studente a costruire un percorso così articolato senza essere appositamente preparato? Esibirà nel migliore dei casi le conoscenze in suo possesso, come avveniva già un secolo fa con la differenza che allora il tempo studio, molto più dilatato consentiva più conoscenze… Infine diciamo di essere europeisti ed abbiamo una scuola che non solo ha un percorso più lungo degli altri paesi europei di un anno, ma non facciamo nulla per adottare l’EQF (le competenze in uscita dai vari gradi di scuola, utili per l’equiparazione dei titoli di studio in Europa) che porterebbe ad una prima concreta riforma in linea con i bisogni continentali.
Oggi abbiamo un ministro capace solo di coprirsi di ridicolo. La storia del voto di condotta rivisto, sia per uno studente, che aveva sparato e colpito con pallini di gomma un insegnante, che per il suo sodale che aveva ripreso la scena con un telefonino, ha rivelato, se mai ce ne fosse bisogno, l’incapacità educativa della scuola mettendo ulteriormente alla berlina lo stesso ministro, che con la sua azione non ha cambiato lo stato delle cose. Nell’occasione è emersa anche l’inadeguatezza dell’insegnante del consiglio di classe intervistata in TV, che con un candore immacolato ha affermato di aver votato per il 9 in condotta ai due ragazzi non essendo a conoscenza dell’episodio. Il pensiero va a come viene condotto uno scrutinio, e quali modalità, soprattutto docimologiche vengono applicate in quella sede, dalla suddetta insegnante e dai suoi colleghi, con particolare riferimento a quelle discipline che non sono quelle da loro insegnate.
Sembra poi che il ragazzo che ha accoltellato l’insegnante abbia anche lui riportato allo scrutinio finale 9 in condotta: un’eresia cosmica; e sembra che per questo i genitori abbiano prodotto ricorso contro la bocciatura. Però questa sarebbe effettivamente una storia da indagare. Come mai un ragazzo brillante in quasi tutte le materie è insufficiente solo in una? Potrebbe trattarsi, ma sembra che così non sia, di carenza in una delle intelligenze multiple di Gardner! Quindi? Idiosincrasia nei confronti di una disciplina? Forse, ma la storia non è chiara! Inoltre se lo studente avesse voluto veramente uccidere l’insegnante avendola colpita alle spalle l’avrebbe uccisa facilmente, anche l’essersi ferito da solo non rivela la volontà di un gesto estremo. Il tutto sembra più un’esplosione di rabbia, un’ira incontrollata, un terribile sfogo, magari anche premeditato… Credo che accanto a quella della Magistratura un’indagine del Miur sarebbe doverosa. Non sarà forse questo il caso, ma troppi ragazzi sono vittime di insegnanti arroganti.
Altra stupidaggine del ministro è la trovata dello psicologo a scuola… Piuttosto questa figura servirebbe per i genitori mentre per la crescita dei giovani sarebbe seriamente deleteria…Sembra infine che l’idea primordiale del tutor sia stata ridimensionata in una figura che si avvicina a quella di un esperto di risorse umane. Potrebbe essere finalmente qualcosa di positivo. Questo mi ricorda quando proposi agli insegnanti dei consigli di classe di dividersi gli alunni della propria classe, tre quattro a testa max, e dedicare loro un’ora del ricevimento mensile tra quelli rivolti alle famiglie per raccogliere ansie, timori, dare consigli suggerimenti etc. Ebbene l’idea naufragò perché i docenti avrebbero voluto scegliere i ragazzi, contrariamente alla mia proposta che era quella di assegnarli per sorteggio, onde evitare condizionamenti di natura psicologica….