Riflessioni: Il mondo che non c’è più e la nuova intelligenza – AI – che avanza.

di Gabriella Toritto

 È da giorni che vado maturando le riflessioni che seguono. Temo quasi a metterle per iscritto poiché alla parola orale e scritta riconosco una grande responsabilità. Potrei non essere compresa a fondo e condivisa. Potrei non essere capace di disvelare, rivelare le preoccupazioni che mi assalgono di fronte ad un mondo che non riconosco più, un mondo che ha fatto della velocità, del business, della corruzione e dell’effimero i suoi asset.

Mesi fa ho letto dell’ingresso del pianeta Plutone nel segno dell’Acquario. Plutone è “l’archetipo generazionale dell’inconscio personale e collettivo e simboleggia gli Inferi, la distruzione e la rinascita, la trasmutazione; simboleggia quegli ’inferi’, quelle ombre che sono in ognuno di noi” ma che albergano anche dentro la collettività.

Plutone (fra quelli conosciuti) è anche il pianeta più lento dello zodiaco. Compie il suo ciclo completo attorno allo zodiaco ogni 248 anni. L’ultima volta si è verificato nel 1789, l’anno della ‘presa della Bastiglia’. Inizialmente comporta grandi sconvolgimenti socio-politici che disorientano, scardinando lo status quo ante e i poteri costituiti, a vantaggio di una nuova coscienza, di una Nuova Era.

Stiamo entrando in una nuova dimensione del nostro pianeta Terra e il mondo a cui siamo abituati sta inesorabilmente cambiando. È sotto gli occhi di tutti. Sarà stravolto. E mentre tutto ciò sta avvenendo, osservo che vi sono uomini legati più che mai al potere conseguito, alle ricchezze sconfinate ancora da accumulare, alla follia di poter disporre della vita di altri uomini, ostinati nel loro Mega-Ego, sebbene siano ad un passo da Thanatos per età e malattia. Combattono contro il Tempo. Pensano di essere immortali. Stolti!

Osservo la follia in una desertificazione dell’umanità: una pandemia, una guerra, due guerre, migliaia di giovani maciullati. In nome di quale patria? Anche quelli erano figli, fratelli, padri, mariti! Immane tragedia! Immane follia!

La violenza serpeggia ovunque. C’è disperazione. Sta ‘saltando’ tutto. E in tale rebelot chi governa mente, spudoratamente mente in difesa degli interessi di pochi che hanno più di tutto e di tutti’.

Storicamente siamo alla Francia che precedette la Rivoluzione del 1789: nobiltà e clero insieme, poco meno di un terzo dei Francesi, possedeva i due terzi della ricchezza nazionale. Oggi quella ricchezza non sai neppure più dove cercarla: alle Cayman, a Malta, in Lussemburgo, a Monaco, nella City di Londra? Nei Bitcoin?

E poi una moltitudine di schiavi, che puoi fare anche a ‘spezzatino’ da buttare davanti alla porta di casa dello schiavo di turno, tanto che valore ha? Non è una persona. È soltanto una cosa. Usa e getta.

Sei considerata una persona solo se hai un pingue conto in banca, solo se attraverso “inciuci” ed altri vari compromessi hai scalato il potere, solo se hai “pelo” sullo stomaco. Quel “pelo” sullo stomaco che ricorda la lupa di dantesca memoria, famelica, che più “si sfama” e più “ha fame”.

E pensano di uscirne indenni, forti e sicuri del “tesoro” nascosto chissà dove, della fuga dei loro capitali nei cosiddetti “paradisi fiscali”.

La Storia insegna: i più grandi tiranni, i più grandi sovrani sono finiti nella polvere. Figurarsi tutti noi altri …

In questo tempo così complicato e destabilizzante, in cui assistiamo ad un capovolgimento di situazioni, in cui i diritti basilari, come il lavoro, l’assistenza sanitaria, la vera giustizia sono negati per l’ingordigia di pochi, di lobby di potere cieco e sordo, si celebrano gli ottocento anni dalla stimmatizzazione di Francesco d’Assisi a La Verna. Ne parlerò più in là. Dovremmo riflettere maggiormente sul giovane Francesco che ebbe l’ardire di abbandonare tutto per essere libero di amare Dio, la Natura, il suo Prossimo: il fratello. E rinnovò la Chiesa!

Francesco si ‘alleggerì’ dei suoi averi, li rifiutò. Condivise ciò che la Provvidenza divina gli dispose di volta in volta. E più si fece “piccolo”, più “si innalzò”. La sua statura ancora oggi è possente e vivrà in eterno, poiché eterno è il valore della Persona, come ci ha insegnato Cristo e trasmesso il Vangelo.

La Dichiarazione universale dei diritti umani è un documento sui diritti della Persona adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella sua terza sessione, il 10 dicembre 1948 a Parigi, con la risoluzione 219077A.

Essa è il frutto delle secolari evoluzione ed elaborazione di principi etici già adottati nel 1779 durante la Rivoluzione americana, in Bill of Rights, (Dichiarazione dei Diritti) e durante la Rivoluzione francese, nella Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del cittadino del 1789. Quei principi sono stati poi ripresi e coniugati agli inizi del 1900 anche dalla/nella Dottrina Sociale della Chiesa. Incarnano il verbo evangelico.

Da Giovanni, 3, 19- 21: “… la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Perché chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte; ma chi mette in pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio”.

A nulla sono serviti gli anni della pandemia che hanno contato molte vittime, quando il dolore è entrato nelle case di tanti, quando l’umanità si è stretta in cerca di solidarietà e fratellanza … ma anche allora, come oggi con le guerre, ci sono stati coloro che hanno lucrato sulla malattia, sul contagio, sulla tragedia altrui.

A me sembra che la rivoluzione americana del 1776 si sia fermata alla gloriosa “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” poi portata a compimento con la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” (26/08/1789) della Rivoluzione francese.

Quella americana è la più antica Costituzione ancora in vigore. Eppure accade che negli Stati Uniti, come in tanti paesi dell’Occidente (per non parlare di ciò che accade altrove!), si verifichi uno scollamento, sempre più marcato, tra democrazia e repubblica, tanto che Noam Chomsky, scienziato cognitivista, teorico della comunicazione al MIT di Boston, ha detto in proposito parole chiare e prive di ambiguità: « […] la Costituzione di questo paese non è altro che una creatura concepita per tenere a bada la marmaglia, onde evitare che, neanche per errore, il popolaccio possa avere la cattiva idea di diventare padrone del proprio destino”.

Anche da noi in Italia verifichiamo quotidianamente lo scollamento fra la politica e il Paese reale: leggi “ad personam”, incarichi ad amici e congiunti, invito neppure celato a depredare lo Stato. Tutto questo perché possano salvarsi in pochi. Tutti gli altri, ‘le cose’ (ma in realtà: Persone!), possono pur vivere di stenti, senza dignità, sfruttati fino allo sfinimento, alla schiavitù. Anzi è molto meglio se muoiono…

E la Scienza, ormai in mano ai super-ricchi che sovvenzionano la ricerca scientifica, concorre poco alla risoluzione dei problemi economici e sociali. Contrariamente a ciò che è accaduto nel passato, quando scienza e tecnica hanno contribuito a migliorare le sorti dell’umanità, oggi il progresso scientifico sembra sia divenuto il “discrimine” fra i ceti sociali. Così l’Occidente sembra regredire alle antiche civiltà, quando capricciose divinità dell’Olimpo governavano i destini umani.

Attualmente i politici amministrano il Paese con ambigua discrezionalità, piuttosto che essere illuminati dalla nostra Costituzione, rifarsi ad essa ed implementarla. E se c’è un tempo per ogni cosa, come si legge sulla Bibbia, è arrivato il tempo di dire basta alla finanza e alla politica corrotte e avide. Si prenda esempio dal Motu Proprio di Papa Francesco, che, “secondo il principio del buon padre di famiglia”, ha escluso dalle gare in Vaticano evasori e società in paradisi fiscali, che ha sbarrato la strada “a mafie e a chi sfrutta il lavoro minorile”; che ha deciso “per una migliore gestione delle risorse della Santa Sede e per misure contro il conflitto di interesse”…

La maggior parte dei governanti attuali è cieca e non ha ancora compreso che la posta in gioco è caratterizzata da nuovi, ardui problemi, posti alla convivenza umana da un’interdipendenza planetaria irreversibile fra le economie, le politiche, le religioni, le conoscenze di tutte le società umane e dalle epidemie che diventano ora pandemie nel giro di pochi giorni.

Tali sfide saranno affrontabili solo quando ogni settore formativo sarà attraversato da una riforma dell’educazione e degli insegnamenti. I saperi, disgiunti e frazionati, sono inadeguati ad affrontare problemi che richiedono approcci multidisciplinari. Bisogna sviluppare il pensiero complesso, come sostiene il sociologo francese Edgar Morin.

Aggiungo che è necessario, se non urgente, anche un rinnovamento morale! Altrimenti: l’abisso.

Oggi occorre pensare bene e sforzarsi di PENSARE BENE significa praticare un pensiero che cerchi senza sosta di contestualizzare e globalizzare le informazioni e le conoscenze, che combatta contro l’errore e la menzogna. Pensare bene significa essere coscienti dell’ecologia dell’azione.

Per ecologia dell’azione si intende ogni azione che, una volta intrapresa, entra in un gioco di interazioni e retroazioni in seno all’ambiente in cui si effettua, che può distoglierla dai suoi fini e anche sfociare in un risultato contrario a quello previsto. Ad esempio, quando in Spagna nel 1936 scoppiò la rivoluzione sociale, di ispirazione anarchica e libertaria, nessuno poteva immaginare che essa avrebbe dato luogo a un golpe reazionario!

Le conseguenze ultime delle azioni sono imprevedibili. Importante nell’azione è la strategia che, come il programma, si stabilisce in vista di un obiettivo, ma che, differentemente dal programma che ha bisogno di condizioni esterne stabili, riunisce le informazioni, le verifica e modifica le sue azioni in funzione delle informazioni raccolte e dei casi, strada facendo.

Purtroppo fino ad oggi l’istruzione e la formazione hanno investito sui programmi, mentre la vita ci richiede strategie e, se possibile, anche arte e serendipità.

La strategia porta con sé la consapevolezza dell’incertezza che dovrà affrontare e pertanto comporta una scommessa. Questa, la scommessa, dovrà essere fatta con coscienza piena, altrimenti prelude alla rovina.

La scommessa è l’integrazione dell’incertezza nella fede e nella speranza.

Kant sosteneva che “i lumi dipendono dall’educazione e l’educazione dai lumi”. Né l’esistente, né il soggetto che conosce, possono essere matematizzati o formalizzati. Il filosofo tedesco Heidegger ha combattuto “l’essenza divoratrice del calcolo” che, a suo avviso, “frantuma gli esseri”.

Nella conoscenza scientifica del più recente passato ha regnato il principio della separazione e quello della riduzione, come se la conoscenza del tutto fosse la conoscenza additiva dei suoi elementi. Mentre nel nostro tempo, come già indicava Pascal, si tende ad ammettere sempre di più che la conoscenza del tutto dipende dalla conoscenza delle parti, così come la conoscenza delle parti dipende dalla conoscenza del tutto. C’è dunque bisogno di un pensiero complesso, piuttosto che di un pensiero riduttivo e/o disgiuntivo. Del resto ‘complesso’ deriva da complexus, ovvero ciò che è tessuto insieme. E l’Umanità è tessuta insieme. È un Insieme.

Riflettendo sulla Riforma dei Saperi nei Licei di Francia, Edgar Morin ha proposto un insegnamento educativo che non trasmetta solo puro sapere bensì una cultura che faccia comprendere la nostra condizione umana e ci aiuti a vivere. Per Morin l’insegnamento, se solo cognitivo, è restrittivo, da solo non può bastare poiché la globalizzazione del sistema ha reso il sistema stesso più complesso a causa dell’interdipendenza delle componenti che lo costituiscono. Ciò determina conseguentemente il limite delle superspecializzazioni che frazionano i saperi, li disgiungono, rendendoli incapaci di “pensare” e di “cogliere” ciò che è “tessuto insieme”.

Oggi viviamo nella multidimensionalità della planetarietà. Dunque un’intelligenza, incapace di comprendere e considerare il complesso contesto planetario, rende incoscienti ed irresponsabili. Gli sviluppi delle scienze con le specializzazioni hanno comportato cecità e ignoranza.

Il pensiero che taglia, che isola, permette sì agli specialisti, agli esperti, risultati eccellenti nei propri settori e di cooperare efficacemente in ambiti non complessi della conoscenza (specialmente in quelli che concernono il funzionamento di macchine artificiali) ma tale logica, a cui il pensiero obbedisce, contribuisce ad estendere all’intera società e alle relazioni umane i vincoli e i meccanismi inumani della macchina artificiale.

La visione deterministica, meccanicistica, quantitativa e formalista purtroppo ignora, occulta, dissolve tutto ciò che è soggettivo, affettivo, libero e creatore.

L’esempio viene dall’economia, scienza avanzata matematicamente, ma arretrata umanamente.

Lo scienziato Hayek (fisico) sosteneva: “Nessuno che sia solo economista può essere un grande economista”“Un economista, solo economista, diventa nocivo e può costituire un vero pericolo”.

Ne consegue che Scienza e Filosofia devono “viaggiare” assieme!

Poi assistiamo a un’altra sfida: l’espansione incontrollata del sapere. Attualmente l’accrescimento ininterrotto delle conoscenze sta edificando una gigantesca ‘Torre di Babele’, rumorosa di linguaggi discordanti.

La ‘Torre’ ci domina poiché noi non siamo più in grado di dominare i nostri saperi. La gigantesca proliferazione di conoscenza sfugge sempre più al controllo umano. Non solo. Non riusciamo ad integrare le conoscenze per indirizzare le nostre esistenze.

Eliot si chiedeva: “Dov’è la saggezza che perdiamo nella conoscenza?” Il limite della cultura attuale risiede nella separatezza fra la cultura umanistica (erroneamente considerata generica, di ornamento) e la cultura scientifica che compie straordinarie scoperte, formula geniali teorie, ma non è capace di una riflessione sul destino umano, sul divenire della Scienza stessa.

Nel nostro tempo tuttavia esiste una terza cultura, quella delle Scienze Sociali, capace di costituire il ponte fra le altre due e di coniugarle.

L’uomo del post-moderno è chiamato a grandi sfide soprattutto con lo sviluppo delle attività economiche, politiche, sociali, con lo sviluppo del sistema neuro-cerebrale artificiale che è entrato in simbiosi con tutte le nostre attività quotidiane. Ne consegue che l’informazione è la materia prima che la conoscenza deve padroneggiare e integrare. La conoscenza però deve essere costantemente rivisitata dal pensiero, che, oggi più che mai, è il capitale più prezioso per l’individuo e per la società.

Nella civiltà della complessità se non si ha la percezione del globale, non si dà neppure senso di responsabilità alla dimensione di solidarietà. Così viene meno anche la democrazia.

Non a caso in tutte le democrazie del nostro tempo è percepito in modo chiaro e inconfutabile un crescente deficit democratico dovuto all’appropriazione da parte di esperti, specialisti, tecnici, di un numero esponenziale di problemi vitali.

Fra poco torneremo agli Scribi dell’antico Egitto. O forse già sono fra Noi, data l’alta percentuale di analfabetismo di ritorno!

Il sapere è divenuto sempre più esoterico (ovvero accessibile solo a specialisti) e anonimo (quantitativo e formalizzato). E poi, come se non bastasse la ‘Torre di Babele’ esistente, ci sono i ‘seminatori’ di fake news, coloro che pur di avere un giorno di gloria determinano disinformazione! Così ci sono stati pseudo-studiosi i quali hanno affermato che Cristoforo Colombo fosse spagnolo o francese, piuttosto che genovese, e persino che Dante avesse copiato la “Divina Commedia” dalla cultura islamica!!! Da non credere …

– A proposito di Dante e in merito al suo “viaggio” ultraterreno, anche Virgilio nell’”Eneide” fa compiere ad Enea un viaggio negli Inferi. Così come nell’”Epopea di Gilgamesh” l’eroe compie il suo viaggio nell’oltretomba. E allora Virgilio e l’autore dell’Epopea sono stati influenzati dall’Islam? Hanno copiato l’Islam? Tutti sanno (o dovrebbero sapere!) che sia Virgilio sia l’autore anonimo dell’Epopea di Gilgamesh sono vissuti molti secoli prima che l’Islam nascesse e si diffondesse … Di che cosa parlano?… –

Tornando a Noi, se vuole sopravvivere, l’Umanità deve maturare la consapevolezza di un’unità di destino, in quanto siamo tutti sottomessi alle stesse minacce mortali; deve concepirsi come equipaggio di una stessa navicella, la Terra, che naviga sola nel Cosmo. In quella navicella vi sono bianchi, neri, gialli e rossi, tutti uguali e con gli stessi diritti.

Una ciurma litigiosa ed insofferente porterebbe fatalmente ad una sedizione e al conseguente naufragio della ‘navicella Terra’.

FONTI:

  1. ALBERTANI, Da Impero e i suoi tranelli. Toni Negri e la sconcertante traiettoria dell’operaismo italiano, di autore che qui cita a sua volta, traducendolo dallo spagnolo, il volume di Atilio A. Boron Imperio e Imperialismo. Una Lectura Critica de Michael Hardt y Antonio Negri, http://vivelasociale. org/revue-la-question-sociale/html/LQS/ LQS_1/it_QS1_12_dilemmes.pdf

https://www.ilsecoloxix.it/mondo/vaticaninsider/2020/06/01/news/vaticano-il-papa-vara-un-codice-appalti-all-insegna-della-trasparenza-contro-la-corruzione-1.38915182

https://andreagranelli.nova100.ilsole24ore. com/2017/06/11/critica-della-ragion-manageriale-qualche-riflessione-con-la-lente-del-digitale/

MORIN, La testa ben fatta, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000

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