Lettere al Direttore

Montesilvano sporca e disordinata

Ricevuta via mail il 21 gennaio da Francesco Carbonaro

Spett.le redazione questa settimana dopo tempo ho avuto modo di prendere il vostro mensile e l’ho trovato interessante, è migliorato nei contenuti, forse è cambiato il direttore dott. De Flaviis o i giornalisti?

Se non ricordo male ebbi anche un colloquio telefonico con il dott. De Flaviis per una vicenda di sicurezza stradale comunque poco interessa, l’importante è il pensiero per così dire pulito e i contenuti che piacciono a me. Finalmente vi siete accorti che Montesilvano ha delle lacune credo incolmabili a causa di cittadini poco attenti e sciatti mentalmente.

Prima pagina: Morte…Silvano Vergogna d’Abruzzo non è solo Morte…Silvano Vergogna d’Abruzzo ma Morte…Italia ed italiano sciatto, trascurato mentalmente. Il resto e inutile narrarlo. Tornando a Montesilvano. Sono cinque anni che risiedo a Montesilvano e quando arrivai ebbi come un brivido e una visione strana per questa cittadina e non riuscii a spiegarmela. Vedendo lo stato dell’Italia ho capito che Montesilvano è parte integrante della stessa, ragion per cui è tutto un banchettare e gozzovigliare. In campagna elettorale eccellono le promesse virtuali.

Questa cittadina è molto sporca per responsabilità degli abitanti che andrebbero educati con la presenza più assidua della Polizia Locale con multe per chi sporca e lascia su Corso Umberto escrementi di animali domestici.

La scorsa estate ho notato nei paraggi della gelateria Il Chicco d’oro dei ratti e guardando intorno ho notato che il marciapiede antistante la gelateria è sporco, non viene mai spazzato dal proprietario e nemmeno dai netturbini. A chi frequenta la gelateria cadono gocce di gelato o addirittura gelati interi e restano sul marciapiede a sciogliersi con il caldo ed a insudiciarlo il marciapiede.

Sempre in prossimità della gelateria quando un autoveicolo deve svoltare a destra o sinistra su via Marinelli non ha visuale libera e rischia d’impattare con altri autoveicoli provenienti da via Marinelli. La visuale non è libera perché autoveicoli sono parcheggiati ad angolo tra via Lazio e via Marinelli. La Polizia Locale non transita e se transita guarda altrove chissà perché. Non molto tempo addietro lo feci notare ai signori della Polizia Locale e loro mi risposero non possiamo multare perché siamo in servizio per la scuola elementare di via Lazio. Fui meravigliato tanto che li sfidai: presi la mia grossa auto e la parcheggiai parallelamente al chicco mi infilai nel bar e consumai con la massima flemma in circa tre ore e successivamente mi avviai verso la mia autovettura con la massima calma e loro non batterono ciglio.

Certo non son cose normali ma come recita quel detto a pensar male si fa peccato però alle volte ci si azzecca

Gentilissimo Francesco,

la sua nota non è una lettera ma un flusso di coscienza quasi ininterrotto tanto che sono stato costretto a ridurne le dimensioni per renderla leggibile. No, il direttore non è cambiato, sono sempre io dal numero uno fino a questo numero, l’ottantesimo. Siamo contenti che le sia piaciuto l’ultimo numero e soprattutto l’affermazione dei contenuti puliti. Molto bene, siamo soddisfatti. Ma sia ben compreso che i nostri contenuti sono sempre presentati senza doppi fini ma solo ed esclusivamente per rappresentare la realtà delle cose.

La sua affermazione la città è sporca è altrettanto vera.

I marciapiedi a mia memoria non sono mai stati lavati e lo sporco è imbarazzante. La responsabilità è dei cittadini che sporcano e che accettano lo stato delle cose senza chiedere agli amministratori, da loro scelti, di fare una cosa di straordinaria eversione: pulire la città!

Gli incroci con le auto parcheggiate a ridosso che non permettono visibilità sono un evidente segnale di inciviltà e la Polizia Locale che non fa rispettare il codice della strada è un ulteriore elemento che contribuisce a generare disordine.

Purtroppo Morte…Silvano è la definizione più appropriata della nostra città.

La scuola

Ricevuta via mail il 31 gennaio da Petra Quaresima

Egregio direttore,

un weekend nel pescarese mi ha dato l’opportunità di conoscere un giornale locale, recuperato per caso, in un supermercato di Montesilvano perché incuriosita dalla sua vignetta e dal suo sottotitolo. Devo dire che hanno polarizzato la mia attenzione, di neo insegnante in pensione i due articoli sulla scuola, il primo sugli esami di stato e il secondo sulla scuola-azienda. Il primo, assolutamente condivisibile, ripercorre la storia degli esami fino ad affermare l’inutilità dell’odierno esame di Stato. Il primo autore, molto probabilmente è stato un docente, l’autore del secondo articolo sarà certamente un cultore di buone letture ma non un docente visto che fa risalire la scuola azienda solo ai tempi all’autonomia scolastica. Quella della scuola azienda è un mantra degli anni 90 nato per contestare la programmazione didattica, che a quel tempo si voleva trasformare in progettazione, e respingere l’invadenza nella didattica della tecnologia, invisa in particolare agli insegnanti di discipline umanistiche. Discipline umanistiche privilegiate anche dall’autore in questione che dimostra però di possedere conoscenze superficiali di scuola condite da un coacervo di citazioni senza costrutto. Quali sarebbero i saperi procedurali tanto dileggiati? Ho insegnato Chimica tutta una vita e mi domando: come è possibile un apprendimento esaustivo senza conoscere le procedure? Ad es. in una reazione chimica? Sarebbe questa forse un’idea etica dell’apprendimento? Purtroppo si parla genericamente di scuola senza avere contezza di quella che è oggi la complessità dell’insegnamento. La scuola della selezione e del merito poi è certamente da preferire a quella del lassismo e dell’ignoranza. La barbarie infine non è quella della tecnologia e delle scienze applicate ma è data da quelle sedicenti persone di cultura che non riescono a insegnare ad un alunno a leggere e scrivere in lingua madre oltre ad avere un eloquio condito da un lessico adeguato o che considerano la matematica e le scienze saperi di serie B. La scuola italiana non ha saputo cogliere, verso la fine del secolo precedente, l’occasione dello studio dell’informatica, e con le logiche che esprime questo articolo perderemo anche il treno dell’intelligenza artificiale e allora si rafforzerà l’idea, sostenuta dall’autore del primo articolo, di un nuovo analfabetismo di ritorno. L’assurdo è che tanti tra questi analfabeti si dichiareranno uomini di cultura.

Risposta del direttore

Gentilissima Petra,

La ringrazio della sua nota che ci permette di ricevere la sua puntuale valutazione rispetto a due articoli sulla scuola pubblicati nell’ultimo numero. La scuola per noi è centrale e qualsiasi contributo aiuti a comprenderne il funzionamento, a criticarne l’attuale stato nell’ottica di suggerirne un miglioramento o a valorizzarne aspetti degni di merito sono sempre bene accetti. Il nostro approccio è sempre quello di pubblicare tutti i punti di vista cercando di non censurarne alcuno. Comprendo il suo disappunto da docente di chimica rispetto alla chiusa del secondo articolo dove l’autore afferma che il predominio della tecnica e delle scienze applicate hanno schiavizzato cultura, conoscenza e ricerca.

Personalmente suggerirei come missione della scuola il tentativo di valorizzare la cultura e la conoscenza stratificata nella storia millenaria dei popoli mediterranei per essere pronti ad eccellere nelle scienze applicate.

Bravi tecnici incapaci di argomentare verbalmente e di scrivere testi ben strutturati sono la regola, così come bravi umanisti incapaci di far di conto sono purtroppo frequenti.

La contrapposizione tra ambito umanistico e scientifico mi appare sinceramente stantia e sarei felice se fosse possibile valorizzarli entrambi nelle nostre scuole.

Gramsci era uno pseudo stalinista presuntuoso

Ricevuta via mail il 1° febbraio da Francesco Squillante, Subbiano (Arezzo)

Non riesco a comprendere l’entusiasmo per la figura di Antonio Gramsci da parte delle forze liberali, socialiste riformiste e persino conservatrici. Comprendo che questo scissionista del socialismo riformista nel nome del leninismo e dello stalinismo sia diventato, anche per la precoce scomparsa, un mostro sacro e un totem da venerare acriticamente, da parte di chi spesso neppure sa di preciso cosa egli abbia detto sul piano filosofico.

Ebbene se si studia un po’ si scoprirà che costui, oltre ad essere uno scissionista massimalista e quindi comunista filo sovietico rispetto al riformismo di Turati, sviluppò l’idea di conquistare il potere attraverso l’egemonia culturale, alias controllo politico di scuole, università, associazioni artistiche e letterarie, trasformandole in altrettante casematte propagandistiche e didascaliche.

In una parola il rude modello stalinista esportato in Italia.

E in totale sintonia con il più becero stalinismo così come in URSS fu perseguitata persino Anna Andreevna Achmatova addirittura deportandone il figlio in quanto le Sue stupende opere letterarie non si conformavano ai dettami del regime totalitario bolscevico, dalle nostre parti Gramsci con una presunzione mega galattica bollò con parole sferzanti sature di livore e meschinità Giacomo Leopardi, Ugo Foscolo, Dante Alighieri, Alessandro Manzoni e il meraviglioso Ungaretti.

Personalmente mi basta questo per rifiutare con sdegno qualsiasi beatificazione di questo propagatore dello stalinismo nel nostro sventurato Paese che se una luce ha visto in tanti secoli di stenti lo deve alla straordinaria grandezza di meravigliosi Poeti e Scrittori quali quelli succitati, proiettati sulle infinite distese del dolore, della compassione, della gioia e della tristezza dell’animo umano, piuttosto che sui gulag e gli anatemi didascalici frutto di un imperialismo culturale vuoto e insensibile!

Risposta del direttore

Gentilissimo Francesco,

come sempre La ringrazio poiché ci invia con continuità le sue riflessioni. Gramsci, nato ad Ales (Oristano) nel 1891, fu uno dei fondatori del Partito Comunista nel 1921, ricoprendone la carica di segretario dall’agosto 1924. Nel 1926 fu arrestato e incarcerato dal regime fascista. Nel 1934, in seguito al grave deterioramento delle sue condizioni di salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato in clinica a Roma, dove trascorse gli ultimi anni di vita; nell’aprile del 1937 morì. Come possano liberali, socialisti riformisti e conservatori entusiasmarsi per Antonio Gramsci è un mistero anche per me. Ma secondo lei, ha senso ragionare sulla sciagurata sorte di Gramsci incarcerato dal regime fascista per le sue idee? Indipendentemente dall’essere allineato alle sue idee, rispettabilissime come quelle di ognuno, non è accettabile essere incarcerati per queste, castigo che deteriora pesantemente l’aspettativa di vita.

Associo tale evenienza, a distanza di un secolo, alla incarcerazione della maestra antifascista in Ungheria per i disordini dell’11 febbraio 2023. Salis si è sempre dichiarata innocente, non riconoscendosi nei filmati. La polizia ha effettuato l’arresto in un momento successivo all’aggressione, fermandola in un taxi assieme ad altri due antifascisti tedeschi. Inizialmente è stata accusata di aver preso parte a quattro aggressioni, ma due di questi episodi sono andati in scena quando lei non era ancora arrivata in Ungheria. Sembra evidente che un anno di carcerazione preventiva per la prima udienza alla quale si è presentata in schiavettoni rappresenti una coercizione contro la libertà di pensiero. È accettabile un tale trattamento dei detenuti in Europa ai giorni nostri? È accettabile che il nostro Presidente del Consiglio abbia sempre difeso l’omologo ungherese definendolo uno dei suoi migliori amici in Europa?

Diritti dei privati. Si, ma chi tutela i diritti pubblici, della comunità?

Ricevuta via mail il 14 gennaio da Giuseppe Di Giampietro

1. Rimaniamo perplessi di fronte alle richieste di alcuni privati che pretendono di accedere con i propri mezzi dalla Strada Parco, (invece che dalla rete stradale comunale, come fanno in tutte le abitazioni circostanti), ossia dal sedime dell’ex ferrovia Adriatica, sicuramente *proprietà demaniale pubblica*, non alienabile ai privati, né riducibile a servitù di accesso, essendo, la Strada Parco, fino al 1992 una ferrovia storica (presente dall’Unità d’Italia) e, dal 1996 indicato nel PRG di Montesilvano come asse del trasporto collettivo in sede propria.

2. Non so chi abbia concesso quei permessi di costruire e quegli accessi, se ci sono stati. Non solo sarebbero illegittimi, ma non possono costituire uno stato di diritto che offende l’interesse pubblico, palese e noto dei documenti di piano. Così come non è possibile pretendere, come avviene oggi, un diritto all’accesso veicolare mediante rampe di accesso sulla Strada Parco con pendenze lesive dei diritti di accesso, su quegli stessi marciapiedi, ai diversamente abili, sanciti dalla *legge sulle barriere architettoniche* del 1989. E mi stupisce anche, su questo tema il silenzio di *Claudio Ferrante*, rappresentante dei diversamente abili ed ex funzionario del Comune di Montesilvano.

3. Ad ogni modo, non è possibile che sulla stampa, nelle commissioni, e nelle pubbliche dichiarazioni, si dia spazio, *senza contraddittorio*, sempre e solo ai contrari all’opera del trasporto pubblico in sede propria intercomunale, (da Silvi) a Montesilvano a Pescara e oltre, prevista nei piani e finanziata. Quell’opera, oltre a rendere tutta la città *pedonabile* (_walkable_) dalla collina al mare, deve ridurre il traffico sulla fascia costiera e liberarci dai pesanti effetti di *75mila veicoli sulla fascia costiera*.

4. Ci domandiamo *chi difende gli interessi della comunità* che ha bisogno di quell’infrastruttura, che l’ha scelta nei piani urbanistici e della mobilità (a Pescara, non a Montesilvano che da 30 anni *non ha un piano del traffico obbligatorio per legge*). Un’opera indispensabile anche per unire i pezzi di Nuova Pescara e oltre, sancita dal Referendum del 2014. Vorremmo che, finalmente, il tema tornasse ad essere un argomento di discussione pubblica, trasparente, partecipata e competente, definita in un piano urbanistico e della mobilità. Perché, se ci sono i problemi, ci sono anche le soluzioni, che toccano gli interessi di tutti, non solo dei pochi che hanno un cortile da difendere.

Risposta del direttore

Gentilissimo Giuseppe,

lei pone domande retoriche alle quali la risposta è sempre la stessa, la responsabilità è dell’amministrazione comunale che deve trovare il modo di garantire il diritto della comunità contro l’interesse privato di pochi. L’interesse collettivo deve prevalere sempre sull’interesse di alcuni. Se l’amministrazione comunale ha sbagliato nel concedere l’accesso deve porvi rimedio. Full stop!

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