Il regime carcerario previsto dall’art. 41 bis (seconda parte)

   a cura dell’Avv. Dario Antonacci (Cultore della Materia in Diritto Notarile nell’Università degli Studi di Bologna)

(… continua) Dati alla mano, alla data del 31.10.2022, i detenuti al 41 bis sono 728. Di questi, 242 per legami con la camorra, 195 per legami con la ‘Ndrangheta, 232 per legami con ‘Cosa Nostra’ e 55 per reati legati ad altre associazioni mafiose mentre solo in quattro sono ristretti per il reato di terrorismo interno e internazionale.

Per cui, come emerge, lo strumento previsto dall’art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario viene ancora utilizzato essenzialmente per i delitti di stampo mafioso e, in via minoritaria, per terrorismo ed eversione dell’ordinamento democratico.

Della popolazione ristretta in regime di 41 bis solo 12 sono donne e solo 5 sono i soggetti che, al 31.12.2022, erano sottoposti a tali restrizioni senza aver subito ancora una condanna definitiva essendo gli stessi indagati o imputati e quindi sottoposti al 41 bis per esigenze cautelari.

Delineati l’evoluzione storica e la ratio che ha portato il legislatore all’approvazione della conformazione odierna del regime di cui all’art. 41 bis, i soggetti destinatari, i reati per i quali è possibile applicare detto regime nonché lo stato attuale della popolazione ristretta al 41 bis risulta ora opportuno analizzare i tratti peculiari del regime carcerario in parola.

Come sopra accennato, le peculiarità del regime carcerario cosiddetto duro, previsto dall’art. 41 bis, oggi prevedono la possibilità di sospendere l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti, che siano essi condannati, imputati o indagati, previste dalla legge in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza per alcuni detenuti incarcerati per reati relativi a criminalità organizzata, terrorismo e eversione.

Occorre specificare che, come statuito dalla Corte Costituzionale1, sebbene le restrizioni di cui all’art. 41 bis possono applicarsi tanto ai condannati quanto agli imputati ed agli indagati, dette limitazioni non possono considerarsi quali provvedimenti aventi natura e contenuto anticipatorio della sanzione penale, bensì solo di cautela – nel pieno rispetto del principio di presunzione di innocenza – qualora ne ricorrano i presupposti.

Come noto, affinché il regime speciale de quo possa essere applicato è necessario che l’autorità giudiziaria verifichi e accerti la presenza di legami, tra il detenuto e l’associazione, ancora esistenti.

E’ bene sottolineare che nonostante il regime speciale, come detto, può essere prorogato, il regime medesimo viene meno nel momento in cui i ristretti sub condizione di cui all’art. 41 bis decidano di diventare collaboratori di giustizia.

A ciò si aggiunga che, il comma 2-quater, della norma in analisi, prevede espressamente che i detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione, cosiddetto carcere duro, devono essere ristretti all’interno di istituti dedicati esclusivamente a tali tipi di detenuti, collocati preferibilmente in aree insulari o comunque all’interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell’istituto penitenziario e specificatamente custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria.

Anche dalla lettura del comma da ultimo menzionato appare chiara la volontà del legislatore di isolare il detenuto ristretto in regime di 41 bis.

Nondimeno, il comma 2-quater, oltre a fornire disposizioni circa le specifiche peculiarità alle quali devono rispondere le strutture adibite a istituti penitenziari destinati ad accogliere i detenuti ristretti in regime di 41 bis, assume una rilevanza non trascurabile anche in ordine alle misure da applicarsi per i detenuti sottoposti al carcere duro.

In quest’ottica, detta norma, rientra a pieno titolo nella categoria delle cosiddette “norme penali in bianco” vale a dire quelle norme che prevedono un precetto astratto e non determinato nello specifico.

Ed invero, dalla norma in parola, viene testualmente prevista l’adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, con riguardo principalmente alle necessità di prevenire contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di organizzazione contrapposte nonché interazioni con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre organizzazioni a questa alleate.

Trattandosi, dunque, di misure non espressamente definite dalla legge, ma sviluppate man mano dall’amministrazione penitenziaria – frutto anche dell’esperienza acquisita nel tempo – che in molti casi è intervenuta per elaborare un complesso di limitazioni a ciò destinate che successivamente sono confluite in una circolare del 20172 volta a disciplinare l’organizzazione del sistema detentivo speciale, ossia il regime carcerario di cui all’art. 41 bis.

Del resto, alcune delle restrizioni sono espressamente e dettagliatamente previste e disciplinate dalla legge stessa.

Entrando nel merito delle misure, occorre evidenziare che, queste, sono diverse e possono anche variare a seconda dell’istituto penitenziario ove il detenuto è ristretto e, infatti, all’interno di ciascuna struttura, possono essere previste misure più o meno stringenti sempre in linea con quanto previsto dalla legge e dalla circolare ministeriale da ultima citata.

L’obiettivo prefissato dal legislatore è attuato, appunto, dalle varie misure che caratterizzano il regime carcerario cosiddetto duro.

In primo luogo, il ristretto in regime di 41 bis, è sottoposto in stato di isolamento nei confronti degli altri detenuti ed è costretto a vivere all’interno di una camera di pernottamento singola non avendo, peraltro, accesso a spazi comuni del carcere.

Per quanto concerne, invece, la cosiddetta ora d’aria, concessa solo per alcuni tipi di reati, questa, rispetto allo stato di detenzione ordinaria, è ridotta da quattro a due ore al giorno, che avviene anch’essa in stato di isolamento.

Pare doveroso sottolineare come possono essere creati, all’interno dello stesso penitenziario, i cosiddetti “gruppi di socialità”. Questi sono gruppi composti da detenuti ristretti in regime di 41 bis non superiori a quattro persone che vengono scelte dall’amministrazione tra quelle appartenenti a formazioni criminali che non hanno cointeresse e che provengono da aree geografiche diverse.

Il detenuto, in regime di carcere duro, altresì, è costantemente sorvegliato da un reparto speciale del corpo di Polizia Penitenziaria i componenti del quale, a loro volta, non possono entrare in contatto con altri agenti penitenziari.

Le restrizioni riguardano anche e soprattutto i colloqui. Difatti, il recluso subisce una forte limitazione dei colloqui con i propri familiari e conviventi, anch’essi concessi solo per alcuni tipi di reati, sia in ordine alla quantità, considerato che è concesso solo un colloquio al mese della durata massima di un’ora ciascuno, che in ordine alla qualità, tenuto conto che il contatto fisico è impedito da un vetro divisorio che si estende a tutta altezza e che il colloquio è reso possibile dalla presenza dei microfoni, tale da non consentire il passaggio di beni di qualsiasi specie, tipo o dimensione. Tuttavia, nel caso in cui il detenuto ristretto in regime carcerario di cui all’art. 41 bis non effettui colloqui fisici, questi, può essere autorizzato, previo provvedimento motivato del Direttore dell’istituto penitenziario, ad effettuare un colloquio telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti.

A ciò si aggiunga che i colloqui possono essere registrati: in tal senso l’audio e la video registrazione del colloquio nonché l’ascolto, che debbono essere previamente autorizzati dalla competente Autorità giudiziaria, devono essere effettuati garantendo le tutele previste dalla normativa vigente e del contenuto del colloquio deve essere redatta relazione di servizio da trasmettere tempestivamente alla Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento.

Alla stessa disciplina sono sottoposte anche le telefonate e la corrispondenza telefonica. (continua …)

 

1  Cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 376/1997 e n. 197/2021

2  Cfr. Circolare del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) del 06/10/2017 n. 3676/6126

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