TROTULA: medico dell’Età di Mezzo
Nel Medioevo le donne ebbero una posizione subalterna rispetto all’uomo ma non fu sempre così. Infatti vi furono donne che si distinsero per alto intelletto e per grande cultura. Fra loro ricordiamo Trotula, importante e stimatissimo medico nell’Età di Mezzo.
Nacque a Salerno dalla nobile famiglia dei De Ruggiero. Sposò Giovanni Plateario il Vecchio, anch’egli medico e magister nella prestigiosa scuola medica salernitana, da cui ebbe due figli: Giovanni, detto il giovane, e Marco, entrambi, a loro volta, maestri nell’importantissima scuola medica di Salerno.
L’Historia ecclesiastica, dell’autore anglo-normanno Orderico Vitale, che riporta gli eventi della storia ecclesiastica da Cristo al 1141, rivela che il nobile normanno Rodolfo Malacorona, tra l’altro studioso di storia della medicina, giunto a Salerno nella seconda metà del XI secolo, non trovò in quell’università nessuno capace di competere con lui in medicinali arte se non che una sapientem matronam: Trotula, appunto.
È stato De Renzo, il quale ha contribuito nella seconda metà del XIX secolo a valorizzare la scuola medica salernitana, a dare nome alla sapientem matronam cui fa riferimento il nobile normanno Rodolfo. Sempre De Renzo attribuisce alla figura di Trotula una serie di particolari. Sarebbe stata una donna non solo eccezionalmente dotta, dati i tempi, ma anche di un’avvenenza al di fuori del comune. Si narra che nel 1097, durante il suo funerale, fu accompagnata da un corteo snodatosi per oltre tre chilometri nella città natale.
Alcuni storici hanno addirittura dubitato dell’esistenza di tale donna, nonostante fosse risaputo fin dal XII secolo che in quella celebre Repubblica Marinara vissero dotte e valenti mulieres salernitanae, esperte nella medicina e nella cosmesi. Infatti non era raro che le due arti fossero allora esercitate insieme. Fra le dotte e valenti donne vi fu Trotula, personaggio non fantastico ma realmente vissuto e di grande preparazione.
Il provenzale Bernardo, autore di un Commentarium super Trotulas Salerni ne parla con dati certi. Arnaldo da Villanova, eminente sanitario, professore a Napoli, vissuto a lungo a Montpellier fino al 1313, medico di papa Bonifacio VIII, cita Trotula, riferendosi alle mulieres salernitanae e rimproverandole poiché, a suo avviso, nel corso della loro professione si avvalsero di strane formule magiche.
Trotula, oltre che medico, fu anche scienziata e scrittrice. Due furono le sue opere: De ornatu mulierum, che verteva su trucco e belletti ed è conosciuto come Trotula minor, e De passionibus mulierum ante, in, et post partum, noto anche come Trotula maior.
In Trotula minor, le cui fonti citate sono le mulieres salernitanae, si trovano consigli per mantenere sana la pelle, per conservare la bellezza e la salute del corpo. Molto più importante è la seconda opera Trotula maior, vero trattato di ostetricia e di puericultura, di cui dal XIII secolo in poi iniziarono a circolare vari codici.
In apertura del secondo trattato Trotula spiega i motivi che l’hanno spinta a dedicarsi alla loro composizione: “le donne sono frequentemente soggette a malanni che le colpiscono soprattutto nelle parti intime del corpo per cui alla sofferenza si unisce la vergogna, costrette come sono a farsi curare per solito da uomini che devono violare la loro natura; pertanto è giusto che vi siano donne medico le quali, con esperienza e senza incutere timore, siano in grado di curare e guarire il debole corpo femminile dalle indisposizioni che più frequentemente lo colpiscono”.
Dunque Trotula si presenta con sicurezza come esperta della medicina femminile e come elemento concretamente pronto a difendere le donne da maltrattamenti e da prepotenze che l’uomo, familiare o medico, avrebbe potuto infliggere loro dall’alto della pretesa superiorità.
Intorno al 1980 è stato recuperato un codice della Universidad Complutense di Madrid, opera di un copista proveniente probabilmente dal Nord dell’Inghilterra e risalente al XIII secolo. Il Codice racchiude una silloge di testi di medicina salernitana, fra cui anche i trattati di Trotula, permettendoci di chiarire una volta per tutte alcuni elementi: 1. il nome di Trotula compare spesso e volentieri in codici pervenuti da zone diverse e sono fra loro concordi; 2. i trattati sono menzionati come appartenenti ad una donna proveniente dalla scuola medica salernitana, autrice di opere di medicina, di cultura, cura e mantenimento della bellezza femminile.
Da tutti i dati storici raccolti si può affermare in modo incontrovertibile l’origine salernitana di Trotula, cui accennano fonti e manoscritti di età e provenienza diverse, dalla zona orientale come da quella occidentale del nostro continente, così come sono inconfutabili la sua appartenenza a quella scuola medica e l’esistenza acclarata delle importanti opere di medicina da lei scritte.
Alla salernitana Trotula, che godeva di grande prestigio nella sua città e che meglio faremmo a definire quasi magistra, risale dunque il Trattato madrileno, sopra menzionato, il quale comincia soffermandosi sul metodo da seguire per favorire le mestruazioni per poi descrivere cure contro i più frequenti malesseri femminili.
Una parte essenziale dell’opera è dedicata al parto che costituisce il momento in cui la vita della donna è esposta al pericolo maggiore e in cui occorre l’intervento di un medico, ricco di dottrina e di esperienza.
Secondo Trotula il medico deve combattere il male e vincerne le cause. Di contro Ippocrate era convinto che il dottore dovesse lasciarsi guidare dalla natura, risanatrice per eccellenza. Invece Trotula, come Galeno, afferma che la natura non può prendere il posto della diagnosi e della terapia, ovvero dei momenti su cui deve basarsi l’azione curativa della più o meno grave ‘egritudine‘. Secondo Trotula l’opera del medico deve essere sempre e anzitutto volta ad ascoltare il paziente, per cui comincerà a tastarne il polso per rendersi subito conto dello stato di salute cardiaca, della presenza di aritmie e soprattutto di febbri, che vanno attentamente valutate. Quindi bisogna chiedere al malato se dorme o se soffre di insonnia; se ha fame o no; se digerisce; se compie le sue funzioni giornaliere con naturale regolarità; se sente caldo o freddo; se prova brividi; se vomita o se soffre di dolori e di che tipo. È poi indispensabile sapere quando i primi sintomi sono insorti; se sono saltuari o ripetuti; se tendono ad attenuarsi; se sono costanti o se aumentano. Esaurito il primo momento della visita, secondo Trotula, bisogna passare alla ispetio corporis per rendersi specialmente conto di trasformazioni anatomiche, di gonfiori, di lacerazioni e simili in atto.
Trotula, a ciò che è a noi noto, pur non avendo seguito studi di carattere letterario, scrive in un latino corretto, adattato egregiamente alle esigenze dell’arte medica e alle sue esperienze di quasi magistra. Era “quasi magistra” poiché in quei tempi alle donne era precluso l’ambito della medicina; era loro vietato in vario modo di entrare in un’università, né potevano essere ammesse fra i medici appartenenti alla quinta Arte Maggiore, ovvero quella delle droghe e delle spezie, in cui vi erano oltre agli speziali, i medici e i farmacisti, soprattutto quando, dopo il 1240, Federico II di Svevia autorizzò, escludendo le donne, la dissezione dei cadaveri solo per i chirurghi che avessero compiuto gli studi obbligatori di anatomia.