Natale in Abruzzo (prima parte)
Emily, una giovane donna americana di origini italiane viveva con i genitori nel Vermont uno stato ricco di meraviglie paesaggistiche e di pittoresche tradizioni. I suoi, poco prima che la giovane nascesse, decisero di lasciare la terra d’Abruzzo per cercare fortuna in America. Annina, la madre, era molto brava a cucinare e Antonio, il padre, si arrangiava a fare di tutto, così che, con i risparmi donati dalle rispettive famiglie, aprirono a Woodstock un piccolo ristorante di cucina abruzzese. È inutile dire che i primi tempi trascorsero con disagi e sacrifici, La cittadina dove si erano trasferiti era bella e accogliente ma i gusti della gente del posto erano troppo legati alle loro abitudini culinarie. Emily aveva interiorizzato la bellezza dei boschi di aceri e di abeti che circondavano la cittadina in un saliscendi di vallate e alture. Con gli anni il ristorante accoglieva sempre più turisti desiderosi di assaporare i piatti tipici della terra d’Abruzzo e di trascorrere qualche giorno immersi nella natura. In autunno, poi, l’incredibile spettacolo del foliage, variazioni cromatiche del fogliame che da verde diventava giallo, arancione, rosso e infine marrone, creava uno spettacolo unico: una meravigliosa tavolozza di tonalità cangianti. I colori e il profumo di foglie e alberi avevano il potere di allontanare stress e depressione. Emily, fin da bambina, percorreva a cavallo nei boschi, in compagnia del padre, sentieri dalle fiabesche sfumature cromatiche. Fu così che la sua spiccata sensibilità per la natura e il suo gusto artistico la spinsero a seguire, al College, dei corsi di Management e Comunicazione Ambientale. Dopo la laurea fu assunta da una nota Casa Editrice. «Prima di Natale vorrei pubblicare una guida illustrata per viaggi in Italia, So che i tuoi nonni vivono in Abruzzo e so anche che non sei mai andata a trovarli. Quale occasione migliore per farlo. La loro regione, a quanto si legge, è ricca di tradizioni natalizie. Mi piacerebbe che tu facessi una ricerca approfondita con reportage fotografico. Il volo è prenotato per dopodomani, hai tutto il tempo per preparare i bagagli. Buon viaggio e, mi raccomando, buon lavoro!» Il suo capo era fatto così, aveva deciso tutto da solo, senza consultarla, consapevole che lei non sarebbe stata in grado di rifiutare una simile proposta. L’idea di andare a scoprire i luoghi delle sue radici e di poter abbracciare i cari nonni paterni che vedeva solo in foto o al computer, la rendeva particolarmente felice ed elettrizzata. I nonni materni, purtroppo, erano venuti a mancare da qualche anno. «Mamma, papà, vado in Abruzzo» Emily entrò in casa gridando di gioia «Parto tra due giorni e sicuramente passerò a salutare i nonni a Pettorano, dovrò farmi raccontare tante cose per la mia pubblicazione» «Che pubblicazione?» chiese incuriosita Annina «Magari sono cose che potrei dirti anch’io, senza che tu debba affrontare un viaggio così lungo!» «Ma lasciala andare tranquilla, non infonderle ansia, non fare sempre la mamma chioccia.» ribatté il padre «Cara Emily, una cosa però devi sapere, i nonni parlano sempre in dialetto, farai fatica a capirli, magari fatti fare da interprete a qualche anima gentile!» «Non preoccuparti, papà, ho ascoltato tante volte te e la mamma parlottare in dialetto e ho familiarizzato con la lingua.» La ragazza passò i due giorni prima della partenza a salutare le amiche del cuore e qualche amico che mostrava interesse per lei. Il suo cuore, però, era ancora libero, i suoi pensieri girovagavano alla ricerca di sensazioni e suggestioni da esteta. Durante il volo provò a fare un piano di viaggio abbozzando un probabile itinerario da seguire ma non riusciva a decidere da dove iniziare il tour, le mancavano notizie e suggerimenti riferiti da chi aveva radicate nel cuore certe esperienze dell’immaginario collettivo. La logica la spingeva verso il paese natale dei suoi, da lì, dopo aver intervistato i nonni, avrebbe iniziato il giro enogastronomico e naturalistico della regione. All’aeroporto vide il suo nome tra i cartelli “cerca persone”, si avvicinò al giovane uomo che lo mostrava e si presentò «Sono Emily, molto lieta!» «Alessandro, piacere, sono un tuo cugino di secondo grado, i tuoi nonni, che sono anche i miei zii, mi hanno incaricato di venirti a prendere». Alessandro, alto, bruno, dagli occhi chiari, era il nipote di un fratello del nonno. Il ragazzo, dopo la laurea in architettura, aveva deciso di ritornare al paese e di ristrutturare, trasformandole in un accogliente Bed and Breakfast, le due case contigue di suo nonno e di quello di Emily. Durante il viaggio dall’aeroporto a Pettorano sul Gizio, Emily più che prestare attenzione alla conversazione di cortesia e conoscenza con Alessandro, ammirava estasiata il paesaggio. I boschi sui fianchi montuosi dell’Appennino erano uno spettacolo di cromie. Si sarebbe trovata a suo agio in quella terra carica di sfaccettature emotivamente stimolanti. Osservava con ammirazione il profilo accentuato dei monti ricoperti di faggete e querce nel pieno splendore del foliage. «Non sapevo che i nonni avessero trasformato la loro casa, immagino avrai fatto un bel lavoro» disse Emily senza staccare gli occhi dal paesaggio «Arrivano i turisti?» «Certo, abbiamo già tutto prenotato per le feste di Natale, le nostre tradizioni attirano soprattutto gli stranieri» rispose Alessandro. «C’è qualcosa di tipico? Voglio dire oltre ad addobbare alberi e allestire presepi?» chiese ancora la ragazza. «Dalla fine dell’800 è in uso portare delle serenate la notte del 31 dicembre.» rispose «È molto suggestivo, tutte le stradine del borgo medievale risplendono per le luminarie e i canti. Suoni e allegria echeggiano da una contrada all’altra.» «Allora dovrò prolungare la vacanza, non posso perdermi la serenata! Magari qualcuno potrebbe farmela!» La ragazza sorrise di cuore, era proprio divertita all’idea di ascoltare una canzone a lei dedicata. Così conversando arrivarono al paese che era già sera. Il borgo, arroccato su un’altura ai piedi del monte Genzana, era illuminato come un presepe. «Che bello, sembra già Natale!» esclamò Emily con voce squillante. «Non ancora, è la normale illuminazione del paese che di notte, grazie alla sua conformazione, è di forte impatto estetico» la informò il giovane. Arrivarono al Bed and Breakfast. Baci e abbracci in un’atmosfera serena e gioiosa, accolsero Emily. «Quande sî bbèlle, ca ti pozza bbinidice la Madonne, sî proprie nu fióre!» la nonna stringendola al petto e baciandola ripetutamente sulle guance. «Sî tale e quale a mammete, l’ûcchie, però, è celestre gne quille di fijeme!» il nonno accarezzandole i capelli e baciandola sulla fronte. Una palpabile emozione pervase i loro cuori che si univano per la prima volta. Sola, nella sua stanza, Emily stentò ad addormentarsi, la mente elaborava tutti gli stimoli emotivi che l’avevano travolta, come un uragano, nelle ore precedenti. Finalmente cadde tra le braccia di Morfeo. Fu svegliata da un suono grave ma dolce allo stesso tempo. Era ancora un po’ stordita dal sonno, doveva ambientarsi alla differenza di fuso orario. Quel suono diventava sempre più forte e la nenia della melodia le ricordava il Natale. Scese in soggiorno, non c’era nessuno, uscì nel piazzale di casa e vide il maestoso Castello Cantelmo che dominava, dall’alto, tutto il paese. Nella piazzetta due zampognari eseguivano “Tu scendi dalle stelle”, circondati da un gruppo di turisti e bambini. «Sono gli zampognari che scendono dalla montagna per annunciare che il Natale si avvicina!» le sussurrò dolcemente all’orecchio Alessandro «Ben alzata! È quasi mezzogiorno!» «Accipicchia, dovevo recuperare e smaltire la stanchezza del viaggio! Siamo ai primi di dicembre, non è presto per annunciare il Natale?» rispose Emily incuriosita mentre scattava foto con il cellulare. «No, da noi non è in uso allestire fiere o festival come in America, ma queste semplici tradizioni che si tramandano da generazioni, vengono evocate anche mesi prima della natività. Diciamo che forse sono un po’ enfatizzate per incentivare il turismo.» «Capisco! Che bello il Castello, mi piacerebbe visitarlo.» disse la ragazza mentre si avvicinava al gruppo festoso. «Ti accompagno. Il Castello è stato costruito intorno a un torrione centrale di avvistamento, probabilmente risale al 1100. Le sale interne sono state ristrutturate per ospitare una sala convegni e numerosi spazi espositivi.» Ultimata la visita rientrarono a casa. La nonna aveva cucinato un succulento piatto il cui profumo si sentiva dal piazzale. I tavoli erano apparecchiati e gli ospiti, di ritorno dal concertino natalizio, avevano preso posto in attesa di pranzare. «Maccarune carrite nghe lu ragù e lu ceppe!» si affrettò a spiegare la nonna mostrando la chitarra, una sorta di strumento rettangolare con tante corde. Emily conosceva il sapore di quel favoloso piatto abruzzese, era uno dei tanti che sua madre preparava nel loro ristorante. Mangiò con gusto e poi, aiutando a sparecchiare, iniziò a chiedere notizie sulle tradizioni locali e sui posti caratteristici per goderne poi lo spettacolo. Apprese del “rito del Ceppo” che consisteva nel bruciare nel camino un grosso “tecchio” di legna tenuto da parte per l’occasione. Tutta la famiglia si riuniva intorno al fuoco recitando una cantilena benaugurante “Si rallegri il ceppo, domani è il giorno del pane. Ogni grazia di Dio entri in questa casa. Le donne facciano i figlioli, le capre caprette, le pecore agnelletti, abbondi il grano e la farina e si riempia la conca di vino”. Al termine del fuoco propiziatorio, la cenere veniva sparsa nel terreno per renderlo più fertile. Apprese che in un piccolo borgo, Tufillo, il fuoco era protagonista nella notte della Vigilia di Natale. Una “Farchia”, un tronco lungo una ventina di metri, circondato da altri tronchi in modo da costituire una enorme fascina, veniva alzata e lasciata bruciare tutta la notte davanti alla chiesa di Santa Giusta mentre i fedeli pregavano, cantavano cori natalizi e si rifocillavano con vino e dolci. (..continua..)