Barcollo ma non mollo

di Mauro De Flaviis

Cari lettori, avete atteso oltre due mesi per avere tra le mani il numero quattro del 2021, oramai ci stiamo avviando ad essere un bimestrale. La responsabilità è da ascrivere al sottoscritto non per scelta, ma per una serie concomitante di coincidenze. Non sono riuscito in queste settimane ad utilizzare il tempo notturno per lavorare alla selezione del materiale in quanto a corto di energie fisiche e mentali. Gli impegni lavorativi sempre crescenti sono stati la prima causa. Le perturbazioni della catena della domanda indotte dagli effetti della pandemia a partire dal marzo 2020, a cui dare di volta in volta priorità massima al fine di evitare l’interruzione della capacità del gruppo di fornire i propri clienti su scala globale, con 70.000 tonnellate di materiali in ingresso e all’incirca altrettante in uscita all’anno, hanno sostanzialmente prosciugato la capacità di trovare adeguato tempo di qualità in cui effettuare il lavoro che faccio con estremo piacere da 6 oltre anni. Posso affermare che contribuire a tenere viva e puntuale la catena di fornitura dei clienti del gruppo, per il quale mi onoro di svolgere il ruolo di Global Supply Chain Director (che parolaccia!?!), con 6 stabilimenti produttivi in tutti i continenti e clienti in oltre 100 nazioni nel mondo, da marzo 2020 ad oggi, è stato un impegno straordinario coronato da un insperato successo, grazie ad una affiatata squadra globale multiculturale. Peccato che quando tutto pare mettersi per il meglio, perché vediamo la luce in fondo al tunnel, i ritardi accumulati da alcuni anelli della catena di fornitura, non riescono più ad essere minimizzati e mettono a rischio alcune linee di prodotto e si torna al punto di partenza. Gestire indisponibilità di materiali, necessità di qualificare fornitori diversi alternativi, modificare le modalità di pianificazione della produzione e i livelli di scorta dei materiali, ridisegnare i flussi logistici dei materiali per minimizzare le interruzioni, anticipare i trasporti e la catena a monte per evitare di arrivare all’appuntamento tardi, gestire costi incrementali dovuti alla speculazione per scarsità, contribuire ad adeguare i listini di vendita per conservare il margine fornendo tempestivamente previsione di costi a tendere, trovare il modo di far lavorare nelle fabbriche i propri colleghi in sicurezza, trovare durante la primavera 2020 i dispositivi di protezione individuali all’epoca introvabili, adattare i piani di produzione alle mancanze di personale improvvise per quarantene preventive, sono stati solo alcune delle emergenze continue da affrontare in questi ultimi 17 mesi. Tutto questo e molto altro è accaduto senza che nessuna delle fabbriche del gruppo chiudesse, senza che nessuno dei clienti lamentasse un servizio peggiorato, con un aumento del giro di affari del gruppo a doppia cifra anno su anno e anche con un passaggio di proprietà avvenuto il primo ottobre 2020. Da una proprietà locale il gruppo, costituito da 850 dipendenti, è entrato in Syngenta, gruppo che raggiunge quasi i 50.000 dipendenti. Chiaramente questo passaggio di proprietà ha portato con sé una serie di ulteriori adempimenti che hanno richiesto una grande attenzione.

Penserete “e che ti lamenti del fatto che sei un direttore di una multinazionale che non si è mai fermata e che espande il suo business”? Assolutamente no! Cerco solo di spiegare che questo virus, oltre a destabilizzare la vita di tutti gli abitanti del pianeta, ha maledettamente complicato tutto, rendendo infinitamente più complesso quanto era gestito in normalità in aziende che apparentemente non hanno risentito della pandemia. Sto cercando una spiegazione razionale al calo di tensione e di energia che ho constatato nelle ultime settimane. Purtroppo sono un ingegnere e cerco sempre di identificare le relazioni di causa effetto e i change point.

Forse tutta la tensione accumulata negli ultimi mesi si sta scaricando lasciandomi con le ruote sgonfie. In queste settimane ci sono pervenuti numerosi messaggi che chiedevano quando sarebbe uscito il prossimo numero, scusateci di nuovo per il ritardo, ci impegneremo a tornare a livelli di standard accettabili. Grazie per la vicinanza.

L’approfondimento del numero è lo sgombero del condominio Riviera 1 in via Leopardi. Abbiamo intervistato l’amministratore di condominio, una proprietaria di un appartamento e il vice Sindaco. Gli eventi cardine della vicenda da prendere in considerazione sono: a. l’ordinanza sindacale n. 22 del 15 maggio 2021 che chiedeva lo sgombero e imponeva di provvedere alla messa in sicurezza del palazzo entro 30 giorni; b. Il verbale dell’assemblea di condominio del 29 maggio 2021; c. Lo sgombero effettuato dalle Forze di Polizia il 07 luglio 2021; d. Il verbale dell’assemblea di condominio del 18 luglio 2021.

Ci sono state delle forti tensioni tra i vari attori della vicenda e ascoltando le ragioni delle parti coinvolte ognuna ritiene di aver agito nel rispetto delle regole, ma ha qualcosa da recriminare rispetto all’operato degli altri. La parte danneggiata è chiaramente quella dei proprietari che si sono ritrovati a dover sgomberare svuotando gli appartamenti. I condomini che abitavano quegli appartamenti, spesso con affitti bassi, non sono riusciti a trovare tutti alternativa con un impegno economico equivalente. In una città come Montesilvano, con un patrimonio abitativo inutilizzato copioso, è bizzarro non riuscire a permettere lo svuotamento di un palazzo pericolante perché non si trovano appartamenti disponibili. È vero che in estate è difficile trovare appartamenti disponibili, in quanto la concorrenza degli affitti estivi per i bagnanti è importante, ma è altrettanto vero che il patrimonio disponibile è importante. È vero che l’ente comunale non può sostituirsi ai privati per trovare un nuovo alloggio per chi deve uscire da un edificio pericolante, ma è anche vero che se alcuni condomini non sono stati in grado di trovare una alternativa è inaccettabile farli dimorare in un edificio sottoposto ad ordinanza di sgombero. È vero che se l’ordinanza di sgombero era dovuta, in quanto le perizie dei tecnici erano chiare nell’identificare un rischio di crollo anche improvviso, era inaccettabile tollerare l’apertura dei locali commerciali con i relativi avventori. Delle due l’una, o l’ordinanza è valida per tutti o va ritirata e si permette a tutti di continuare a dimorare nel palazzo. Venendo ad un tema trattato ampiamente nel numero di novembre 2020, sono ad informarvi che la riqualificazione dello spazio prospicente la stazione ex Fea è in via di completamento e la Città può prendere atto della scelta politica attuata da questa Amministrazione.

Su quel sito era stato approvato un progetto di riqualificazione della amministrazione Maragno che non prevedeva tagli di alberi, la corrente Amministrazione, sulla scorta di una perizia speditiva realizzata in un fine settimana, che affermava la pericolosità di caduta di un gruppo di piante, ha deciso di tagliare la totalità dei pini per realizzare un parcheggio.

All’epoca del taglio dei 114 pini, a fronte delle proteste dei residenti, gli esponenti di questa Amministrazione hanno fatto sapere che sarebbero stati ripiantati 150 alberi nella medesima zona, vedi articolo pubblicato su Il centro del 15 ottobre 2020, riportato all’interno. Su articolo sempre pubblicato da Il centro il giorno 14.10.2° l’assessore valter Cozzi afferma:” è già previsto nel progetto di posizionamento di nuove piante per cui i cittadini e le associazioni possono stare tranquilli perché il verde tornerà in via Boccaccio”. A casa mia si dice: “tranquille s’ha morte”. Vi chiedo di verificare di persona quanto è stato realizzato e di conseguenza valutare l’operato degli attuali amministratori per la decisione assunta.

Taglio di una pineta di 114 pini con annullamento dei benefici ambientali per la comunità consistenti in abbassamento della temperatura, barriera antirumore e antipolvere rispetto al passaggio dei treni, assorbimento dell’acqua e relativa traspirazione e condominio per centinaia di volatili e altri animali in cambio di una spianata (del pianto) impermeabile destinata a parcheggio, con un aumento dei posti auto. Saranno utilizzati questi posti auto aggiuntivi nei prossimi anni? Per concludere la Amministrazione attuale ha deciso di spendere i 550.000 € previsti nella determina 3319 del 28.12.2018, per realizzare una spianata a parcheggio al posto del preesistente parcheggio sconnesso con un boschetto di pini al posto della riqualificazione prevista nel 2018 e riportata come piantina progettuale nella foliazione interna.

Concludo l’editoriale ricordando che il Consiglio di Stato, a cui hanno ricorso i residenti di Via Liguria per la seconda volta, contro la sentenza del TAR Abruzzo che disconosceva la prima ordinanza del Consiglio di Stato, favorevole ai residenti di Via Liguria nel ricorso contro il Comune per l’esagerata concessione a costruire di volume nella ricostruzione di una casa ad un piano, ha di nuovo concesso la sospensiva della concessione a costruire rimandando al TAR Abruzzo la discussione nel merito. Siamo consapevoli questo tipo di interessi generali va tutelato dalla Amministrazione, ma se essa è sorda agli appelli dei cittadini che da anni chiedono una revisione delle regole che permettono di costruire volumi inimmaginabili su strade da 3-4 metri senza marciapiedi, parcheggi, piste ciclabili, verde e quanto previsto dagli standard urbanistici per permettere agli abitanti di vivere in quartieri a qualità ambientale accettabile, la via del ricorso al TAR contro il Comune rimane l’unica via percorribile per la comunità. Ciò è tristissimo, ma è l’ultima via percorribile prima della resa. Spero la Politica comprenda che è il momento di cambiare le regole puntando a permettere esclusivamente un costruito che tenga conto delle esigenze di profitto dei costruttori e delle necessità di una buona qualità urbana della comunità.

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