La tutela dei diritti dei consumatori (seconda parte)
La tutela dei diritti dei consumatori (seconda parte)
del Dott. Dario Antonacci (Giurista e Cultore della Materia in Diritto Notarile nell’Università degli Studi di Bologna)
(..segue..) Per ciò che riguarda la Parte III del Codice del consumo, che concerne gli artt. dal 33 al 101, disciplinante “Il rapporto di consumo”, il legislatore ha inteso recare norme in materia puramente contrattuale.
Per contro, la Parte IV, dall’art. 102 all’art. 135, che prevede la disciplina di “Sicurezza e qualità”, è finalizzata a disciplinare, in modo generale, la sicurezza e la qualità dei prodotti, nonché la responsabilità extracontrattuale del produttore derivante dai difetti dei beni dagli stessi prodotti. Nella parte in analisi, peraltro, vi è anche la disciplina dedicata ai contratti di vendita di beni mobili conclusi tra i consumatori e i professionisti. Conseguentemente, la Parte V,dall’art. 136 all’art. 141, contiene le previsioni normative relative ad “Associazioni dei consumatori e accesso alla giustizia”. In particolare in questa parte del Codice del consumo vengono disciplinate le associazioni dei consumatori nonché i possibili rimedi giudiziari che le stesse, le quali devono essere iscritte allo specifico elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, sono legittimate a promuovere nei riguardi dei professionisti allorquando questi si rendono protagonisti di violazioni di interessi collettivi dei consumatori. All’interno di questa parte, inoltre, viene disciplinata, ai sensi dell’art. 140 bis, inserito in virtù dell’art. 2, comma 446, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 e s.m.i., l’Azione di classe, che nel gergo comune è anche conosciuta come Class action. Infine, vi è la Parte VI, dall’art. 142 all’art. 146, che contiene le “Disposizioni finali”. All’uopo, in questa parte viene trattata la disciplina inerente le modifiche al codice civile, gli eventuali aggiornamenti, la cooperazione tra le autorità nazionali per la tutela dei consumatori, le competenze delle regioni e delle province autonome e le abrogazioni, ma soprattutto è sancita, ai sensi dell’art. 143, l’irrinunciabilità dei diritti del consumatore, laddove è da intendersi nulla ogni pattuizione in contrasto con le disposizioni del codice. Dalla medesima norma viene stabilito che, qualora dalle parti venga scelto di applicare norme appartenenti ad un differente ordinamento giuridico, parimenti, al consumatore, devono essere riconosciute le condizioni minime di tutela previste dal codice in oggetto. Delineati gli aspetti strutturali, giova ora effettuare la disamina dei tratti del Codice del consumo che assumono particolare rilevanza vista l’effettiva tutela che detti istituti riescono a fornire al consumatore. In quest’ottica, dalla lettura dell’art. 1, emerge l’obiettivo del legislatore. Nondimeno, viene previsto che la finalità e l’oggetto del Codice del consumo siano quelli di armonizzare e riordinare le normative concernenti i processi di acquisto e consumo, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti, in ossequio a quanto stabilito dalla Costituzione, in conformità ai principi contenuti nei trattati istitutivi delle Comunità europee, nel Trattato dell’Unione europea nella normativa comunitaria e con particolare riferimento all’articolo 153 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea, nonché dei trattati internazionali.
L’art. 2, segnatamente, è finalizzato riconoscere e garantire, in via generica, i diritti e gli interessi individuali riconosciuti ai consumatori ed agli utenti che informano l’opera, in forma individuale e in forma associativa e collettiva. Nel dettaglio, come emerge dal comma 2, dell’art. 2, i diritti fondamentali riconosciuti ai consumatori ed agli utenti sono costituiti dalla tutela della salute, della sicurezza e della qualità dei prodotti e dei servizi, della adeguata informazione e della corretta pubblicità, dell’esercizio di pratiche commerciali votate al rispetto dei principi di buona fede, correttezza e lealtà, dell’educazione al consumo, della correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali, della promozione e dello sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti nonché dell’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.
L’art. 3 è particolarmente utile, in quanto, con le definizioni che ivi ci vengono fornite, si riesce a delimitare il campo soggettivo e oggettivo di applicazione della tutela che il legislatore vuole fornire con il provvedimento normativo in epigrafe.
Dal punto di vista soggettivo ci vengono fornite le definizioni di consumatore o utente e di professionista. Per consumatore deve intendersi la persona fisica che agisce per scopi estranei ad attività commerciali, imprenditoriali, artigianali o professionali eventualmente svolta. La definizione di consumatore è da valutare nella sua duplice accezione. La prima, di natura positiva, in quanto il consumatore è da considerarsi soggetto agente in relazione al rapporto che lo stesso instaura con il professionista. La seconda, d’altronde, è di natura negativa. Infatti, se è vero che il consumatore è un soggetto agente è pur vero che lo stesso è quel soggetto che non agisce per scopi relativi all’attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale. Il Codice del consumo, equipara a tutti gli effetti la figura del consumatore con quella dell’utente. Cionondimeno, sebbene entrambi i vocaboli designano la parte contrattuale posta in una sostanziale posizione di squilibrio che connota il suo agire in relazione alla controparte da inquadrarsi nella figura del professionista, vi sono differenti posizioni interpretative a riguardo. A tal proposito occorre fare un distinguo. Il primo filone interpretativo ritiene che se per consumatore sia da intendersi il soggetto che acquista beni per utente occorre intendere il soggetto deputato ad utilizzare i servizi, pubblici o privati che siano.
A fronte di ciò, la seconda corrente interpretativa, invece, ritiene che per consumatore sia sempre da intendersi il soggetto che acquista beni mentre per utente è da intendersi il soggetto che utilizza i servizi pubblici, atteso che l’unico caso in cui, all’interno del Codice del consumo, viene nominato esclusivamente l’utente, e non anche il consumatore, ricorre quando, ai sensi dell’art. 101, si parla della disciplina dei servizi pubblici. Difatti, in tutti gli altri casi, il legislatore utilizza la dicitura il consumatore “o” l’utente, appalesando, dunque, la sostanziale sinonimia dei termini. Prescindendo dalla divergenza interpretativa testé esposta, sia il consumatore che l’utente sono la parte contrattuale da considerarsi debole e presumibilmente priva della capacità di negoziare e, dunque, la parte del contratto che merita di essere tutelata. Rimanendo nell’ambito soggettivo, ci viene fornita anche la definizione di professionista il quale è la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario.
Dal punto di vista oggettivo, il legislatore si premura di fornirci la definizione di prodotto, quale oggetto del contratto tra consumatore e professionista, che ingloba qualsiasi prodotto – bene o servizio che sia – destinato al consumatore o suscettibile, in condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzato dal consumatore, anche se a lui non destinato, fornito o reso disponibile a titolo oneroso o gratuito nell’ambito di un’attivitàcommerciale, indipendentemente dal fatto che sia nuovo, usato o rimesso a nuovo. Facendo salvo quanto disposto dall’art. 18, comma 1, lett. c e dall’art. 115, comma 1, la definizione di prodotto di cui sopra non si applica ai prodotti usati, forniti come pezzi di antiquariato o come prodotti da riparare o da rimettere a nuovo prima dell’utilizzazione, a condizione che il fornitore ne informi per iscritto la persona cui fornisce il prodotto stesso.
Altresì, sempre alla luce dell’art. 3, ci vengono fornite le definizioni di associazioni di consumatori – formazioni sociali che abbiano per scopo statutario esclusivo la tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori o degli utenti – di produttore – fabbricante del bene o fornitore del servizio o un suo intermediario, nonché l’importatore del bene o del servizio nel territorio dell’Unione europea o qualsiasi altra persona fisica o giuridica che si presenta come produttore identificando il bene o il servizio con il proprio nome, marchio o altro segno distintivo – e di codice – dove logicamente si intende il Codice del consumo.
Per meglio delineare il campo di applicazione della tutela offerta ai consumatori, il legislatore, mediante la previsione contenuta nell’art. 46, ha disposto che le norme previste in ordine ai diritti dei consumatori nei contratti sono da applicarsi a qualsiasi contratto concluso tra un professionista ed un consumatore, ivi includendo anche i contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di prestatori pubblici, nella misura in cui i prodotti stessi siano forniti sulla base contrattualistica. Per contro, l’art. 47, effettua la rassegna analitica di tutte le tipologie contrattuali in ordine alle quali non si applicano le tutele per i diritti dei consumatori nei contratti.
Ponendo in evidenza quelli che debbono considerarsi indubbiamente gli aspetti di maggior rilievo del Codice del consumo, giova far riferimento, in primo luogo, agli artt. 33 e ss., volti a disciplinare le clausole vessatorie. (segue)