COVID-19: la storia si ripete

24 febbraio2020

della Dott.ssa Adriana Agostinone

 

Il 12 dicembre 2019 nella città di Wuhan, in provincia di Hubei, in Cina, sono partite le segnalazioni di 27 casi di una severa polmonite virale. Nell’arco di pochissime settimane gli scienziati hanno identificato il virus responsabile di tale forma di infezione, il nuovo coronavirus 2019-nCoV, che intanto si era diffuso rapidamente nelle provincie cinesi circostanti per superare i confini nella nazione e del continente stesso.

Il mese successivo, il 30 gennaio 2020, il Direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato l’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale per il focolaio internazionale da nuovo coronavirus 2019-nCoV.

Il 12 febbraio 2020 l’OMS ha identificato il nome definitivo della malattia in “COVID-19“, abbreviazione per “coronavirus disease 2019(malattia da coronavirus 2019). Nello stesso giorno la Commissione internazionale per la classificazione dei virus ha assegnato il nome definitivo al virus che causa la malattia: si chiama perciò SARS-CoV2, sottolineando che si tratta di un virus simile a quello che in precedenza ha causato la SARS (sindrome acuta respiratoria severa).

Il 30 gennaio 2020 sono stati segnalati i primi due casi italiani di Covid-19 d’importazione in due turisti cinesi, ma a meno di un mese di distanza, il 21 febbraio 2020, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha confermato il primo caso autoctono risultato positivo all’Ospedale Sacco di Milano. Per la prima volta anche in Italia si è avuta una trasmissione locale di infezione da nuovo coronavirus.

 

I coronavirus fanno parte di una vasta famiglia di virus che possono causare varie forme di malattia, da un raffreddore comune, a una forma lieve simile all’influenza, ma anche malattie più gravi come la sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS), due malattie che abbiamo avuto modo di conoscere nell’ultimo decennio.

In realtà la diffusione di questo SARS-CoV2 si è introdotta in un momento stagionale particolare in cui è ancora alta la diffusione dei virus influenzali. La sovrapposizione dei sintomi fra le due famiglie di virus ha concorso pertanto a generare preoccupazione fra la popolazione mentre in molti casi si tratta d’influenza stagionale. La considerazione che ogni anno in Italia si hanno mediamente 8.000 decessi per influenza e le sue complicanze induce a sottolineare ancora un tasso di vaccinazione insoddisfacente.

 

L’OMS e le associazioni internazionali e nazionali come l’ISS hanno sviluppato un piano strategico globale di preparazione e risposta, che delinea le misure di sanità pubblica che la comunità internazionale può adottare per rispondere adeguatamente al focolaio di SARS-CoV2. Si tratta di raccomandazioni in evoluzione man mano che si accrescono i dati epidemici e le acquisizioni scientifiche L’obiettivo generale del piano è quello di interrompere l’ulteriore trasmissione del virus in Cina e in altri paesi, per mitigare l’impatto dell’epidemia in tutti i paesi.

L’epidemia del nuovo coronavirus è stata accompagnata da una massiccia infodemia, ovvero un’abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre meno, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno. Si rischia infatti di cadere nelle fake news, ovvero notizie false, che contribuiscono a diffondere un clima eccessivo di paura e di diffidenza, per arrivare a sfociare talora in una forma di emarginazione e razzismo. Il ministero della Salute in Italia ha messo a disposizione pertanto il numero verde 1500 per ricevere le informazioni e i chiarimenti della malattia.

Dunque la salute pubblica, umana e animale, viene rimessa nelle mani di comunità scientifiche consolidate e dei singoli operatori sanitari che hanno già dimostrato in passato il valore del lavoro di squadra e quotidianamente s’impegnano in questi obiettivi.

Ricordiamo che era il 1o gennaio 1967 quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità lanciava il programma intensivo per l’eradicazione del vaiolo, malattia virale mortale. Fino ad allora l’unico modo possibile per sconfiggere la malattia era considerata la vaccinazione a tappeto (già, proprio una vaccinazione!!) dell’intera popolazione mondiale: grazie al successo di questa campagna globale l’ultimo caso isolato risale infatti al 1977 e dopo una serie di minuziosi controlli effettuati in tutto il mondo da una commissione di esperti nel dicembre del 1979 l’OMS ha potuto finalmente annunciare ufficialmente l’eradicazione completa del vaiolo.

Esempio più recente dell’inteso lavoro messo in campo dalle comunità scientifiche è quello che ha permesso di interrompere l’epidemia da coronavirus SARS del 2002-2003.

Dunque in attesa che gli scienziati possano identificare una terapia efficace e un vaccino utile per Covid-19 resta fondamentale ricordare quanto l’OMS ribadisce nelle raccomandazioni generali per ridurre il rischio di infezioni respiratorie acute, alle quali Covid-19 viene assimilata, trasmesse da uomo a uomo attraverso goccioline di saliva (emesse con tosse o starnuti), contatto e fomiti (mezzi inanimati).

 

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