Costanza, figlia di Manfredi, nipote di Federico II, consorte di Pietro III d’Aragona
Costanza, regina d’Aragona e di Sicilia, figlia di Manfredi e di Beatrice di Savoia, nacque intorno al 1250 probabilmente in uno dei grandi castelli siciliani dove il nonno, l’imperatore Federico II, e la sua famiglia solevano trascorrere il tempo soprattutto negli ultimi anni di vita dello Stupor mundi.
Fu chiamata Costanza, nome importante e ricco di storia per gli Svevi, essendo appartenuto non solo a una zia, sorella di Manfredi, unita in matrimonio con l’imperatore bizantino Giovanni Vataze quanto soprattutto alla consorte di Enrico VI, sua bisnonna, e alla nonna paterna, prima moglie dell’imperatore Federico II.
Ebbe come nutrice Bella D’Amico che assieme a lei allattò il proprio figlio, Ruggero di Lauria, poi divenuto uno dei più importanti Ammiragli dell’epoca, pronto a combattere per l’affermazione dei giovani aragonesi Pietro III e Giacomo II contro le mire espansionistiche e antisveve degli Angioini.
Costanza rimase accanto a Bella durante tutta la sua infanzia fino a quando la sua sorte non cambiò in seguito alla morte della madre e all’ascesa al trono del padre Manfredi nell’agosto del 1258.
Non fu considerata l’erede del regno da chi non voleva tener conto neppure dei diritti del piccolo Corradino, figlio di Corrado IV, allora educato nella lontana Germania. Così Costanza divenne una pedina significativa della politica estera condotta dal padre Manfredi, il quale la diede in moglie al figlio del re d’Aragona, allora infante.
In quel tempo la Sicilia e l’Aragona conducevano una politica anti-angioina e anti-castigliana, e Carlo I D’Angiò, da una parte, e Alfonso X di Castiglia, dall’altra, erano a loro volta nemici sia degli Aragonesi sia dei Siciliani.
L’accordo matrimoniale fu concluso il 28 luglio 1260. Manfredi si impegnò a dare in dote alla figlia Costanza la ragguardevole somma di 50.000 once d’oro, pagate in pietre preziose, in oggetti d’oro e d’argento. Le nozze si sarebbero dovute celebrate a Montpellier il 1° maggio dell’anno seguente, ma furono rinviate di un altro anno a causa di alcune difficoltà incontrate da Manfredi, padre della futura sposa.
Lo sposo, l’infante Pietro, si impegnò a trattare Costanza come se avesse il rango di regina, nonché a restituire a Manfredi la dote se la sovrana fosse morta senza aver avuto figli. Costanza ebbe anche in dote la città di Gerona e numerosi feudi e castelli.
Le nozze furono combinate secondo l’usanza allora comune alle fanciulle di ogni rango e nazionalità, rimasta tale per molti secoli anche non molto lontani dal nostro. E, sebbene ciò possa apparire discutibile, bisogna constatare che i cosiddetti matrimoni di interesse in quella società conseguirono non di rado migliori risultati che quelli conclusi solo per amore. Fu poi eccezionale che alla sposa fosse stato riservato in quell’occasione il rango di regina, soprattutto se teniamo conto che lo stesso Manfredi, suo padre, era semplicemente un figlio naturale di Federico II e della di lui amante Bianca Lancia.
Le nozze subirono più rinvii, dato che Manfredi aveva evidenti difficoltà a preparare per la figlia una dote così ragguardevole. Inoltre, il suo matrimonio con la seconda moglie, Elena d’Epiro, lo aveva sottoposto ad ingenti spese. Senza dire che l’unione con Elena d’Epiro avrebbe anche potuto significare per Manfredi la nascita di altri figli che avrebbe potuto indebolire la posizione di Costanza agli occhi degli Aragonesi.
Il matrimonio tra Costanza e Pietro d’Aragona fu peraltro osteggiato anche da Papa Urbano IV, da Alfonso X di Castiglia e da Luigi IX di Francia per motivi politicamente comprensibili. Essi fecero di tutto per impedire il matrimonio tra i due promessi sposi ma il pretendente non abbandonò il suo progetto e le nozze, come pattuito, furono celebrate a Montpellier il 13 giugno del 1262. Del corteo nuziale fecero parte persino la nutrice Bella d’Amico e suo figlio Ruggero di Lauria.
Una volta sposata, Costanza andò a vivere presso una corte austera e meno raffinata di quella siciliana. A tal proposito è determinante la testimonianza di Elena di Epiro, la quale, incontrati i dignitari aragonesi, giunti a Napoli per prendere in consegna la sposa, e vedendoli vestiti con una modestia che sconfinava con l’indigenza, si oppose alle nozze della figliastra se la condizione esteriore dei dignitari aragonesi non fosse stata modificata. I dignitari spagnoli rimediarono ben presto, provvedendo con corredi più consoni a un matrimonio regale. La testimonianza di Elena non è priva di interesse in quanto ci dà lo specchio di quella corte in cui la fanciulla Costanza, abituata a vivere nell’ eleganza più raffinata, avrebbe vissuto i suoi futuri giorni.
A dire il vero, si fece di tutto per rendere agevole la nuova vita di Costanza nella corte aragonese. Lo attestano i libri dei conti della Corte catalana dove furono elencate tutte le spese effettuate per garantire alla fanciulla l’esistenza e il lusso spettanti a una sovrana. Furono acquistate vesti preziose, perle, monili, ma anche frutta pregiata, legna da ardere per assicurare il riscaldamento della residenza reale di Gerona, e persino acqua da impiegare per la preparazione di bagni profumati. E, poiché le entrate del dotario risultarono insufficienti, fu necessario concedere a Costanza altri pingui feudi.
Così la vita di corte, malgrado le premesse, fu comoda e sontuosa, sebbene rimase sempre una certa differenza fra le raffinatezze della multiculturale corte palermitana e l’ambiente aragonese meno aperto in tutto. Ruggero di Lauria, fratello di latte della sposa, fu considerato allora cavaliere catalano a tutti gli effetti e rimase fedele a Costanza, al di lei marito e ai figli per tutta la vita.
Nel 1276 Pietro III successe al padre. Costanza gli dette quattro figli maschi: Alfonso, Giacomo, Federico e Pietro. Alfonso fu sovrano d’Aragona, Federico re di Sicilia. Dall’unione nacquero anche due figlie: Isabella e Violante.
Isabella nel 1281 andò in sposa a Dionigi, re di Portogallo, ma il matrimonio fu infelice. Ben presto si spense e fu riconosciuta santa. Violante invece sposò Roberto D’Angiò, duca di Calabria. Anche lei ebbe vita breve. Morì nel 1300.
Le nozze fra Costanza e Pietro III furono politicamente importanti e assunsero piena evidenza quando Carlo d’Angiò scese in Italia per combattere contro Manfredi e poi contro Corradino. Dopo la battaglia di Benevento del 1266, Gerona, residenza regale di Costanza, divenne il punto di riferimento per tanti esuli ghibellini filo-svevi, e per i parenti di Manfredi, fra cui Costanza, imperatrice di Bisanzio, miracolosamente scampata alla cattura angioina. I coniugi Costanza e Pietro accolsero e ospitarono anche Giovanni da Procida, medico di Federico II, che ebbe un ruolo di primo piano nella politica siciliana di Pietro III al pari di Ruggero di Lauria.
In quel momento storico così delicato per il casato svevo, Costanza, figlia di Manfredi, ormai morto, apparve e fu concretamente la legittima erede degli Svevi e gli esuli siciliani la considerarono la loro “naturalis domina”.
Dopo la morte di Manfredi e di Corradino, Pietro III denunciò in una lettera severissima le crudeltà commesse da Carlo I D’Angiò e con molta chiarezza iniziò a rivendicare i diritti della consorte Costanza e dei figli avuti da lei, erede legittima di Manfredi, sul trono di Sicilia.
Molti storici hanno ritenuto che in quell’occasione sia stata la stessa Costanza a esercitare pressioni sul consorte Pietro III affinché assumesse una posizione chiara riguardo al trono siciliano, tanto più che Manfredi alla sua morte non aveva lasciato eredi maschi e che dei quattro figli di Elena, tre erano probabilmente illegittimi e l’unica legittima, Beatrice, era ancora tenuta prigioniera dal re angioino Carlo I dopo la battaglia di Benevento.
Al di là del dolore per la scomparsa del genitore, per la rovina della propria famiglia e del casato svevo, cui apparteneva, nonché di quanti fino ad allora l’avevano sostenuta, gli anni che seguirono furono nel complesso abbastanza sereni per Costanza, divenuta regina a tutti gli effetti dopo il 1276, quando Pietro ascese al trono aragonese.
Nel 1282, in seguito alla sanguinosa guerra del Vespro, giunse il momento in cui Costanza poté diventare più concretamente regina. Infatti, quando re Pietro prese possesso della Sicilia, mandò subito a chiamare la consorte e tre dei suoi figli: Giacomo, Federico e Violante.
Nella primavera del 1283 Costanza sbarcò a Trapani dove fu accolta con grande affetto dalla popolazione che ravvide subito in lei la domina. Il 16 aprile dello stesso anno si ricongiunse a Messina con Pietro di ritorno dalla vittoriosa campagna militare in Calabria. Da quel momento per la regina avrebbe potuto iniziare un periodo di permanenza più tranquilla nel regno, ma non fu così poiché Pietro III fu richiamato dai suoi doveri in Aragona e Costanza, rimasta sola nell’isola, dovette fronteggiare una situazione critica, determinata dal riaccendersi di focolai di rivolta, alimentati da esponenti siciliani volti verso una politica autonomistica, poco incline a subire la dominazione catalana.
Alaimo da Lentini, che avrebbe dovuto sostenere la sovrana, fu fortemente condizionato da sua moglie Macalda, donna ambiziosa e altera, la quale cercò in ogni modo di contrastare la regina, ponendola in cattiva luce.
Fu quello il momento in cui Costanza mostrò la sua capacità politica basata su un grande equilibrio e su tanta pazienza, doti che le consentirono di mantenere il potere senza cadere in tranelli, ponendo in evidenza il suo innato spirito di clemenza. Alla delicata situazione interna al regno di Sicilia si aggiunsero la politica antiaragonese della Chiesa di Roma, che si aggravò quando Martino IV lanciò l’interdizione contro la Sicilia nel 1284, e la guerra contro gli Angioini, sostenuta dal fedelissimo ammiraglio Ruggero di Lauria e dal marito Pietro III.
La morte del sovrano aragonese fu un duro colpo per la regina Costanza, la quale ancora una volta seppe reagire ponendo sul trono di Sicilia il figlio Giacomo, allora diciottenne.
Duramente provata, Costanza si ritirò dalla scena politica nel 1286, rinchiudendosi presso un convento di clarisse, da lei precedentemente fondato a Messina.
La scelta religiosa della sovrana fu significativa e sottolinea la notevole influenza esercitata dalla devozione francescana anche sul re Pietro III e sui loro figli.
Costanza morì l’8 aprile del 1300 a Barcellona, sepolta in un convento francescano locale. La Chiesa successivamente la proclamò beata.
La saggezza politica e la santità hanno fatto di Costanza una delle donne più rappresentative del casato svevo. Lo stesso Dante la ricordò, riservandole espressioni di vero affetto, nel Purgatorio, quando il padre Manfredi incaricò il Sommo Poeta di fare sapere alla sovrana “mia bella figlia genetrice, de l’onor di Cicilia e d’Aragona” la sua salvezza eterna.