L’Arcolaio (seconda parte)
di Vittorina Castellano
(..continua..) Avrebbe impiegato un paio d’ore da casello a casello, il percorso era tutto in autostrada fino a Pescara Nord e poi a sinistra per Città Sant’Angelo. Aveva studiato il percorso per ottimizzare i tempi, non lasciava mai nulla all’improvvisazione o al caso, la programmazione era parte integrante del suo essere. Durante il viaggio tentò di richiamare alla mente i ricordi del passato, ma rivedeva nitido solo il volto della nonna a cui era molto legata: il suo sorriso rassicurante la confortava in ogni circostanza. Forse, ripercorrendo le strade del paese, rivedendo la casa della zia, le sarebbero riemersi ricordi sopiti dal tempo. Aveva percorso più volte quel tratto di autostrada, conosceva le bellezze del paesaggio abruzzese che, questa volta, non riuscivano a distrarla dai suoi pensieri. Lasciato il casello si trovò a percorrere una strada collinare che attraversava centri commerciali e piccoli gruppi di case, fino ad arrivare al borgo medievale di Città Sant’Angelo. Si era documentata, era andata a leggere sul sito del Comune e aveva appreso che la cittadina era stata classificata tra i Borghi più belli d’Italia, riconosciuta come Città dell’Olio e Città del Vino e aveva ottenuto anche il marchio di Bandiera Verde per l’Agricoltura. Una autorevole rivista americana l’aveva inserita al sesto posto tra i luoghi in cui si vive meglio al mondo. – Niente male – pensò, avrebbe respirato e aspirato tutta la magia di un posto incantevole e affascinante che le avrebbe riservato sorprese imprevedibili e gratificanti. Si ritrovò nell’area parcheggio e poi nell’ascensore che la portò in un vicolo stretto che si affacciava sul Corso principale della città. Arianna guardò l’ora, era abbastanza presto, non aveva trovato traffico in autostrada ed era arrivata prima del previsto. L’appuntamento con il notaio sarebbe stato tra un’ora e così decise di fare un giro per il Corso e magari di fermarsi a prendere un caffè. Davanti alla facciata della Collegiata di San Michele Arcangelo sentì un brivido e un tuffo al cuore. Era un déjà-vu, si rese conto di avere avuto la stessa sensazione tanti anni prima: quella meraviglia l’aveva piacevolmente scossa fin da bambina. L’aria era gradevole e pungente, leggere folate di vento si incrociavano tra i vari vicoli che si snodavano tra le case. Arrivò davanti a un Palazzo a mattoni pieni a vista, con frontoni e aperture coronate. Un bel Palazzo storico che ospitava lo Studio notarile dove era attesa.
«Buongiorno, sono Arianna Campesi».
«Buongiorno, la stavo aspettando».
L’uomo si alzò, le andò incontro porgendole la mano. Un sorriso accattivante la rassicurò, probabilmente si sarebbe sbrigata presto, in tempo per ripartire e rientrare a Roma in serata.
«Signorina Campesi, non è stato facile rintracciarla, la sua prozia non aveva avuto più sue notizie da anni, da quando era venuta a mancare sua nonna. Sono Roberto Saleni, notaio della signora Anna»
«Mi spiace per la zia, nemmeno io, di recente, ho avuto notizie sul suo stato di salute. Mia nonna faceva da tramite e, scomparsa lei, si sono interrotte le comunicazioni.»
«Immagino intuisca il motivo di questa convocazione, si accomodi, la informo più dettagliatamente. Sua zia era una donna sola, senza legami sentimentali ma era molto affezionata alla sorella, aveva intenzione di lasciarle in eredità il palazzo di sua proprietà. Dopo la morte di sua sorella, però, decise di nominare sua erede lei, Arianna, a cui aveva voluto molto bene, e di cui parlava sempre. Anche se una bambina, le era entrata nel cuore quando veniva a trascorrere quelle settimane di vacanza qui».
«Lo immaginavo, francamente però non ricordo dove la zia abitasse, sono confusa, non ho idea della casa».
«Il Palazzo è questo dove ci troviamo, entrando nel chiostro lei si è diretta verso la scalinata di sinistra. Quella a destra invece porta ai piani abitati da sua zia».
«Fantastico, un palazzo incredibilmente bello non sarà difficile venderlo!».
«Senza dubbio ma prima devo informarla di una clausola del testamento. Dovrà rimanere qui, a vivere in questa casa, per almeno un mese perché possa diventarne la legittima proprietaria».
«Impossibile, non ci penso nemmeno, è una clausola capestro per me. Solo una mente diabolica poteva architettare un piano così! Avrebbe fatto meglio a lasciare la sua eredità a qualcun altro! Ci rinuncio, mi faccia firmare così riparto per la mia città».
Il notaio, un giovane uomo dai folti capelli scuri, leggermente brizzolati sulle tempie, la guardò con stupore ma abbozzò un sorriso.
«Sua zia mi aveva anticipato la sua reazione, perciò mi ha raccomandato di farla ragionare. Intanto l’accompagno a visitare la casa, magari rivedendola le torneranno in mente dei ricordi. Si fermi almeno una notte, non abbia fretta di fuggire, si goda questa nuova occasione che il destino le propone. Avrà modo di riflettere e domani avrà le idee più chiare sul da farsi. Segua il mio consiglio».
Gli occhi profondi e persuasivi di Roberto la fissarono nel tentativo di carpirle qualche segno di assenso. Arianna percepì che la forza di persuasione dell’uomo iniziava a fare presa su di lei, afferrò la maniglia del trolley e seguì il notaio.
Niente da dire, la casa era bellissima, infondeva un non so che di familiare, un tepore di altri tempi, avvolgente e intrigante. Le pareti erano affrescate con disegni floreali e il soffitto era a cassettoni lignei dipinti. Arianna con emozione sentiva dissiparsi il velo che offuscava i ricordi d’infanzia, corse a tuffarsi, come faceva da bambina, sul grande sofà ricoperto da decine di cuscini realizzati all’uncinetto.
«E va bene, visitiamo la casa, rimarrò solo una notte però, non si illuda di avermi convinta a restare per il tempo previsto dalla perfida clausola!».
Il notaio poggiò le chiavi sulla consolle dorata, salutò con un sorriso e un cenno di mano la giovane donna e la lasciò sola a meditare. Arianna avvertì un senso di angoscia e di solitudine, sola, in quella grande casa, si sentiva soffocare dall’atmosfera pregna di emozioni. Afferrò le chiavi, la borsa e corse in strada, aveva bisogno di sentire l’aria tra i capelli e di respirare libera da ogni condizionamento. Nel vicolo, scosceso a gradinata che costeggiava il palazzo, notò dei gatti neri, una decina, tutti uguali, sdraiati a ronfare coccolati dal tepore solare. La donna adorava quelle affascinanti creature, mini pantere dagli occhi dorati e magnetici, l’avevano conquistata fin da bambina: le immagini del passato tornarono nitide, lei che giocava felice con una splendida colonia felina “total black” con accanto un bambino, un po’ più grande di lei, che le tirava affettuosamente le treccine. Si chinò ad accarezzarne uno che, docilmente, si rotolò sul dorso in segno di amicizia. (..continua..)