La politica – in diretta – su Facebook di Pierluigi Lido
In Foto quattro fiori di Narciso.
Esiste un mondo prima ed un altro dopo il covid19 che è divenuto lo spartiacque tra il nostro passato e il nostro futuro. Passiamo molto più tempo su internet e di conseguenza anche sui social, in un modo peraltro del tutto nuovo.
Giuseppe Conte aveva il bisogno di parlare a tutto il Paese nel modo più efficace ed efficiente possibile e ha scelto lo strumento più diretto presente in quel momento in Italia: Facebook. Ha fatto bene in una situazione emergenziale ove era necessario fare presto.
Non è tuttavia la norma per le istituzioni comunicare e perpetuare la loro vita sui social poiché poi col tempo iniziamo a credere che uno vale veramente uno e che le cose sono più semplici di quanto si creda. Le cose non sono semplici (mai) e affermarlo è una mera semplificazione. Cadere nelle semplificazioni è un errore direttamente proporzionale all’evento della nostra estinzione, che avverrà. Avverrà poiché è solo una questione di tempo e dobbiamo essere molto bravi a non guadagnarci un anticipo clamoroso. Il nostro intelletto dovrebbe tutelarci dai pensieri brevi e dagli istinti più immediati poiché gli animali reagiscono per istinto e non gli uomini. Non so voi, ma io non credo d’essere né un cane né una gatta “roscia”. Mi sento al massimo una bestia governata dall’intelletto.
Giuseppe Conte ha sdoganato lo strumento delle dirette Facebook creando una disintermediazione totale con gli organi di informazione che oramai inseguono i proprietari della notizia. I proprietari della notizia (in altri casi i loro produttori) hanno iniziato a diffonderla in prima persona, direttamente e senza la noia di avere degli interlocutori con cui approfondire e mediare nulla. In altre parole la politica è all’inseguimento di maggiori poteri entrando a gamba tesa nel mondo dell’informazione e l’informazione se n’è ben accorta da tempo, non ultimo il diverbio social tra il giornalista Mentana e il Premier Conte sull’uso personalistico dei mezzi di informazione.
Facebook gode di una rinnovata giovinezza con una letterale invasione di utenti vecchi e nuovi che lo utilizzano quotidianamente. Di queste opportunità di comunicazione le istituzioni e la politica se ne sono accorte e stanno cercando di intercettare milioni di persone in cattività digitale pronte ad ascoltarli sui social network, con i loro post, i loro video e le loro dirette Facebook.
Dal più piccolo al più grande dei comuni (eccetto quello di Bugliano) – complice il covid19 e la reclusione forzata di fronte ai nostri schermi – armato di sindaci, consiglieri, assessori, governatori, donne delle pulizie e i relativi cineamatori si cimentano nello spiegarci esclusivamente a mezzo social cosa e come fare in questo momento. Come in tutti i momenti primordiali che si rispettino scoprire il funzionamento dell’accensione del fuoco e il suo conseguente potere di cottura degli alimenti può divenire eccitante a tal punto da farci perdere di vista la qualità dei messaggi e dei contenuti proposti.
Molti di questi primitivi (parlo dei primitivi utilizzi) soprattutto nelle nostre province si accingono a comunicare regolarmente per la prima volta su un social network, ognuno col proprio stile, ognuno con le proprie idee, tutti invece accomunati da un unico obiettivo: dire a un numero maggiore possibile di persone quello che pensano senza passare per gli organi di stampa. Che questo sia lo specchio dei tempi o una decisione precisa costituisce comunque un comportamento diffuso, lo stesso che non ci fa capire più con nettezza cosa sia un meme e cosa sia un fatto, cosa sia una delibera e cosa un post, cosa sia vero da cosa sia falso.
Il minestrone di immagini, punti di vista, opinioni e sferzanti giudizi ci ha spesso messo di fronte a pensieri unici ove il nostro unico potere è gridare un “bravo” o un dire “cattivo” sotto un commento, fare una faccina arrabbiata o mettere un fottuto cuoricino al nostro amico. Ci siamo ridotti a fare i cani sui social, a salivare o ringhiare di fronte ad uno stimolo, positivo o negativo.
Si stava meglio quando si stava peggio si diceva in un detto. Ma la domanda vera è: si stava peggio? La seconda domanda è: ora stiamo meglio? L’ulteriore considerazione è: vogliamo cambiare?
Non so voi ma io sono pieno di dubbi e non ho formule magiche, se le avessi in preda ad un moto di narcisismo lascerei tutto quello che ho di serio da fare nella vita e farei una bella diretta Facebook ora- per dirvelo subito, data l’importanza mondiale della questione.
Statemi bene: è l’unica cosa che conta.