Scuola: dalle pagine di cultura a quelle di cronaca

di Elio Fragassi https://www.eliofragassi.it/

Nella mia qualità di insegnante, anche se in pensione da qualche anno, che ha lavorato nella scuola a partire dal 1972, leggere quanto accade oggi nella scuola e quanto avviene nei confronti degli insegnanti mi rattrista, pensando a quando la figura dell’insegnante era una figura di riferimento per lo studente, per la famiglia, per la comunità di appartenenza e, in generale, per tutta la società tanto che le notizie sui giornali, relative alla scuola e agli insegnanti, appartenevano alle pagine culturali.

Sfogliando alcuni giornali del secolo scorso ho trovato molti articoli relativi al mondo della scuola tra i quali, solo come esempio, i seguenti:

  • 15 giugno 1954 – Il Messaggero: La media di Montesilvano in gita a San Marino. (foto 1)

  • 4 agosto 1954 – Il Tempo: La scuola media di Montesilvano – Intitolazione.

  • 22 novembre 1954 – Il Tempo: Taccuino – Pescara – “Intitolazione dell’istituto al Conte Troiano Delfico”.

  • 20 agosto 1954 – Il Messaggero – Lettera di compiacimento al preside del Liceo Artistico.

  • 12 gennaio 1955 – Il Messaggero – Medaglia di benemerenza alla maestra Valentini De Vico Brigida di Farindola. (foto 2)

  • 23 giugno 1963 – Il Messaggero – Nominativi degli alunni promossi. (foto 3)

  • 3 luglio 1963 – Il Messaggero – Gli studenti promossi alla media Delfico. (foto 4)

Correva l’anno 2001 quando partecipando al forum aperto dall’allora ministro Letizia Moratti dal titolo: “Una scuola per crescere” scrissi il seguente post dal titolo “Diritto allo studio o al diploma?”

«Moltissimi nostri giovani parcheggiati nelle varie scuole hanno il motore cerebrale spento a seguito di un processo di disalfabetizzazione che ha dato vita ai corsi IDEI, così detti di recupero, per regalare, alla fine dell’anno scolastico, promozioni immeritate senza sforzo e senza impegno. La maggioranza degli studenti è, generalmente, scarsamente motivata verso uno studio serio e responsabile; mentre i pochi che lo sono (per fortuna ce ne sono) si sentono frustrati nelle loro aspirazioni culturali tanto da sentirsi degli emarginati e dei falliti perché la scuola, per diversi anni compie un continuo e costante processo di spersonalizzazione dell’allievo che si conclude con un esame di maturità, ridicolo, che sancisce, certificandola, la formazione di una società di furbi somari e onesti falliti.

Gli insegnanti si sentono succubi di un potere che li ha prima espropriati, della funzione formativa e poi delegittimati nel loro operare trasformandoli in Golem tuttofare attribuendo loro, comunque, qualità taumaturgiche con le quali risolvere ogni problema del sociale. Ne discende che gli insegnanti sono i soggetti più frustrati perché costretti, continuamente, ad operare ipocrite scelte tra diverse falsità.

Le famiglie hanno maturato un pensiero assolutamente negativo sia nei confronti della scuola sia degli insegnanti, tanto da attribuire e riconoscere alla scuola un’unica funzione: quella di parcheggio e di tutela fisica degli alunni».

Tanto che nel 2007 l’allora ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni dichiarò pubblicamente: “Abbiamo diplomato 9 milioni di impreparati, ora si cambia”.

Poi venne il 2008.

Passano gli anni e le stagioni, passano governi e ministri, passano le classi e le generazioni, passa “ignaro il vero senso della vita” (F. Battiato) mentre io, cambiando scuola, arrivo a un anno scolastico di fine decennio del 2000 quando, invitando la classe a porre attenzione alla lezione, uno studente dell’ultimo banco, vicino la porta si alza senza chiederne il permesso, si avvia verso la porta, la apre e mentre con la mano destra tiene aperta la porta, con la sinistra mi fa un gesto con il quale dà forza alle parole e rivolto verso di me, che camminavo verso l’uscita, mi dice:

Prego professore, si accomodi pure

Il resto della classe si gira verso il compagno e, quasi tutti in coro:

Vada, vada che quando abbiamo bisogno la richiamiamo noi” (1)

Nel frattempo sono caduti governi, sono passati ministri, sono stati consumati fiumi d’inchiostro e boschi di carta per parlare di scuola, di didattica, di formazione, di pedagogia, di educazione, di disciplina per stabilire, al termine, che “Il prof commette reato se minaccia la bocciatura”. Infatti la Suprema Corte asserisce che: «la ingiusta prospettazione di perdere l’anno scolastico rappresenti una delle peggiori evenienze». «E un simile atteggiamento del docente è idoneo a ingenerare forti timori incidendo sulla libertà morale degli allievi».(2)

La scuola, a questo punto, non può fare nulla perché da “agenzia educativa” è stata riclassificata “luogo di parcheggio” dove il lavoro degli insegnanti è di intrattenitori temporanei come animatori digitali regalando, a conclusione dell’anno scolastico, la promozione a tutti, variandone anche l’espressione con l’adozione della locuzione “successo scolastico” mutuato, non a caso, dal campo dello spettacolo.

Poiché questa riclassificazione è iniziata da alcuni decenni, è chiaro che ha inciso e contagiato tutti quelli che ne sono entrati in contatto (trattasi di generazioni) e che oggi ritroviamo in televisione, su internet, sui social, nei talk show, etc e, peggio ancora, nella politica, e negli organi decisionali. La scuola, purtroppo, non può fare nulla perché ha perso la sua funzione guida ma è al traino di altre “agenzie diseducative” come dimostrano quotidianamente alcuni articoli di cronaca degli ultimi giorni che sintetizzo di seguito:

  • 2 febbraio 2024 – Taranto – Il preside preso a calci e pugni da un papà a scuola

  • 3 febbraio 2024 – Ancona – Apre la finestra della scuola e si lancia nel vuoto: Aveva preso 2 in matematica

  • 19 febbraio 2024 – Parma – La professoressa presa a sassate dagli studenti

  • 19 febbraio 2024 – Pescara – Professore dell’alberghiero colpito da uno studente con un pugno

  • 1 marzo 2024 – Taranto – Alunno aggredisce il professore e gli rompe un braccio

solo per citare alcuni degli ultimi casi.

Allora mi torna in mente che nell’epoca 427 – 347 a.C. Platone nella Repubblica scriveva:

«Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendano gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi, e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo per nessuno».

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