Un bicchiere dopo l’altro – Racconto a puntate – parte 1/6

Un bicchiere dopo l’altro

di Emilio Piraglia

Episodio uno di sei – Il sottile equilibrio

«Fammi un gin tonic, Max! E non ci mettere una vita come al tuo solito». Il barista lo guardò di sottecchi, continuando ad asciugare un bicchiere con un canovaccio. «Nervoso stasera, Alex?». L’uomo si sedette su uno sgabello, poggiandosi con le braccia sul bancone. Sbuffò e si mise a tamburellare con le dita sulla superficie d’acciaio. «Stavolta mi ha proprio fatto incazzare». Il barista sorrise, sapeva che Alex avrebbe iniziato con la sua tiritera a breve. «Siamo usciti a cena, e pago la cena. Andiamo a bere qualcosa fuori e va bene, offro io da bere, due drink a testa. L’alcool ha iniziato a fare il suo effetto, eravamo rilassati, ci siamo seduti su un divanetto». «Dov’è che stavate?» chiese Max per dimostrare interesse alla conversazione. «In quel locale all’angolo, quello che ha i divani rossi, dove per fare un cocktail ci mettono una infinità, manco dovessero fare una pozione magica. Cristo santo, non mi ricordo mai il nome». Il barista sorrise: «Sì, lo conosco, la Galleria del Toro. Il proprietario credo sia mezzo spagnolo». «Fatto sta che ci sediamo sul divanetto e continuiamo a parlare di quello che le piace fare, dei suoi sogni, che lei fa la commessa in un centro commerciale, ma ha fatto la scuola da estetista e aprirà un suo salone di bellezza un giorno, di quelli con le pareti rosa… Mi sanguinavano le orecchie, te lo giuro». Si mise la mano sul cuore e prese un sorso del suo drink. «Com’è, carina?» chiese ancora Max sorridendo «Ci hai preso, amico» annuì Alex alzando il bicchiere e bevendo un altro sorso. «Aveva una minigonna nera, senza calze. Non so come faceva a non avere freddo. Le gambe sode, due tette che stavano su contro la forza di gravità e un viso…be’, sul viso niente da dire. Fatto sta che con tutto quel ben di Dio ci stava che mi sorbissi i suoi sogni di liberazione, da una divisa di commessa del centro commerciale, per spiccare il volo in un negozio dalle pareti rosa dove limare unghie alle persone». Il barista scosse la testa: «Si vede che non sai quanto può guadagnare un’estetista». Alex si rizzò in piedi, bevve ancora dal suo drink lasciando il bicchiere a metà sul bancone: «Be’ sì, ma sempre di limare unghie e togliere peli si tratta. Comunque non è qui che volevo arrivare. Dopo un poco che quella parlava e parlava, l’ho interrotta e le ho chiesto se volesse qualcos’altro da bere. Ho pensato che dopo il terzo cocktail, alla richiesta di venire a casa mia si sarebbe lasciata convincere più facilmente. Per intenderci, già ci ho speso tre cene e tre uscite con questa qui, senza arrivare neanche alla limonata». Max si voltò verso la parete piena di bottiglie, scelse un bourbon e se ne versò mezzo bicchiere, sopra due cubetti di ghiaccio. Il locale era vuoto, un normale lunedì sera. Prese un sorso del suo drink: «Un bell’investimento da parte tua, tre cene! Come è andata a finire stavolta?». Alessandro sospirò, si bagnò le labbra con il gin tonic e riprese: «Naturalmente ha accettato il terzo cocktail e ho ordinato qualcosa anche per me. Intanto lei continuava con la solfa che era sprecata per fare la commessa, che aveva avuto tante idee e le aveva proposte alla direzione del centro commerciale, ma nessuno se l’era mai filata perché era contornata da gente stupida. Io annuivo ogni tanto con la testa e ogni tanto le sbirciavo le gambe, di soppiatto, cercando di non farmi scorgere. Si vedeva che più beveva e più alzava la voce e mi sorrideva, poi accavallava le gambe, poi giocava con il bottone della camicia, e poi si toccava i capelli. Lì ho capito che era il momento di agire. “Ti va di continuare il discorso a casa mia?” le ho detto con naturalezza. Lei ferma la mitraglia che ha al posto della bocca e mi dice: “Certo, non vedevo l’ora me lo chiedessi, mi piace parlare con te, sei uno dei pochi che ascolta le altre persone”. Io le rispondo: “Be’ grazie, ti ascolto perché sei molto interessante”. Lei mi sorride: “Che bravo ragazzo sei!”. Quella cazzo di frase è stata come un pugno preso in pieno viso, sapevo che le cose si sarebbero fatte difficili». Il barista scosse la testa, disse che quando una ti dice che sei un bravo ragazzo non hai più speranze di sdraiarla su un letto. Alex annuì a quelle parole: «Decisi di non mollare e di azzardare una mossa inaspettata. Mi avvicinai alla sua bocca e le sussurrai: “Grazie per il complimento” e la baciai. Mi ritrassi subito, una cosa veloce, un bacio a stampo. Lei ci rimase secca. Si vedeva che era confusa, sorrise scoprendo i suoi denti bianchi, mi prese la mano e fu allora che notai le sue unghie super curate e super lunghe che ci avrebbe potuto sgozzare qualcuno, con lo smalto rosa sopra per giunta». Max alzò il bicchiere e propose un brindisi ad Alex: «Questa volta ce l’hai fatta. Dobbiamo brindare». Alex scosse la testa «Macché brindiamo, pago il conto, usciamo e lei vomita sul marciapiede, aveva bevuto troppo. L’ho riaccompagnata a casa sua».

Fine

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