La politica palestinese
Hamas non più nazionalismo ma integralismo islamico
di Gennaro Passerini
Perché si possa avere una visione corretta del conflitto Medio Orientale, provo a riportare molto sinteticamente gli avvenimenti più determinanti che hanno distinto e caratterizzato la storia tra gli israeliani e i palestinesi, dopo la Seconda guerra mondiale.
Secondo alcuni storici il conflitto attuale tra palestinesi e israeliani ha le sue radici nell’antichità. Le sacre scritture ebraiche rivendicano questa Terra come quella promessa da Dio al popolo ebraico.
Questa motivazione religiosa è un fattore importante e determinante dell’identità nazionale d’Israele. Alla fine della Prima guerra mondiale, l’Impero Ottomano si sgretolò e la Palestina divenne un territorio sotto il mandato britannico.
L’inizio del conflitto odierno risale al 1947, quando le Nazioni Unite, dopo lo sterminio “la Shoah” di gran parte degli ebrei europei, votarono una risoluzione per la spartizione della Palestina in due Stati, uno ebraico e uno arabo.
Carta geografica parziale Medio Oriente – Egitto – Israele – Palestina(Gaza – Cisgiordania) – Siria – Giordania
Purtroppo, anche se scoppiarono scontri tra le due popolazioni, nel maggio del 1948 Israele attuò la dichiarazione di indipendenza. La nascita dello Stato di Israele scatenò una guerra con i paesi confinanti: Egitto, Iraq, Trans Giordania e Siria. Questo conflitto provocò un numeroso esodo di palestinesi.
Nel 1964, nasce l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina OLP, con il proposito di cacciare gli israeliani e fondare al suo posto uno Stato arabo.
Nel 1967 Israele intuisce che l’Egitto, la Giordania e la Siria si preparavano ad invadere il paese, come prevenzione lancia un attacco “guerra dei sei giorni” che si tramutò in una vittoria netta.
Al termine del rapido conflitto, Israele aveva conquistato la penisola del Sinai e la striscia di Gaza dell’Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme est della Giordania e le alture del Golan della Siria, terre che i paesi arabi avevano acquisito nel 1948.
A questo punto gli Stati Uniti d’America chiesero agli Israeliani il ritiro senza condizione dai territori occupati. Le Nazioni Unite, con “la risoluzione 242” subordinarono il ritiro di Israele dai territori occupati allo stabilirsi di una” Pace giusta e duratura” e alla cessazione delle attività terroristiche dei palestinesi.
Israele vi aderì seguita dall’Egitto di Nasser e dal re di Giordania. I palestinesi al contrario si rifiutarono di aderire sostenuti dalla Siria. In qualche modo “la guerra dei sei giorni” aveva sconfitto il nasserismo e scombussolato la relativa ideologia panaraba.
Vi fu un lungo periodo di confusione tra i vari movimenti panarabi, fino a quando nella metà degli anni Settanta alcune organizzazioni del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina si scissero da essa, capeggiati da Habash, politico palestinese, per sostenere una linea di rifiuto completo del riconoscimento di Israele, sostenuti dall’Iraq e dalla Libia di Gheddafi.
La Giordania nel 1988 cedette la regione della Cisgiordania all’OLP, organizzazione politica palestinese, riconosciuta dalla lega araba “legittima rappresentante del popolo palestinese”.
Inoltre nel 1988 l’OLP riconobbe ufficialmente “una soluzione a due Stati” con Israele e Palestina fianco a fianco e con Gerusalemme est come capitale dello Stato della Palestina.
Il 13 settembre 1993, nel cortile della Casa Bianca, il primo ministro israeliano Ytzhak Rabin e Yasser Arafat, leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), firmarono gli accordi di Oslo. Nel documento, “dichiarazione dei principi”, gli Israeliani riconobbero l’OLP interlocutore ufficiale del popolo palestinese e il diritto a governare su alcuni territori occupati “creazione di uno stato palestinese”.
A sua volta l’OLP riconobbe il diritto d’Israele di esistere e rinunciò formalmente all’uso della violenza. Il patto conteneva anche l’impegno di Israele, nei prossimi cinque anni, di ritirarsi dai territori occupati militarmente e avrebbe permesso l’insediamento di governi palestinesi eletti localmente “autodeterminazione”.
13 settembre 1993 cortile Casa Bianca, alla presenza di Clinton, Rabin e Arafat firmano accordi di Oslo
Nel 2003 il primo ministro israeliano Ariel Sharon comincia lo smantellamento degli insediamenti israeliani (tremila) nella striscia di Gaza, e nel 2005 lo Stato di Israele rinuncia al controllo diretto di Gaza.
Purtroppo con la morte nel 2004 di Arafat (naturale o per avvelenamento) emerge un’altra ala politica, quella di Hamas, organizzazione palestinese islamica, fondamentalista, considerata terroristica e fondata come braccio armato operativo dei Fratelli Mussulmani, per combattere lo Stato di Israele. Seguirono tanti attentati, rivendicati da Hamas, che non ha mai riconosciuto ad Israele il diritto all’esistenza.
Nel 2006 Hamas vince a sorpresa le elezioni legislative in Palestina contro al Fatah. Fallì un governo di coalizione perché i due partiti non trovarono un compromesso politico. Ne conseguì uno scontro violento che nel 2007 portò alla divisione dello Stato palestinese in due realtà, la Cisgiordania governata da al Fatah, la striscia di Gaza governata da Hamas.
Per motivi di sicurezza, Israele, anche se formalmente ritirata dai territori, mantiene un blocco terrestre, marittimo e aereo sulla striscia di Gaza, unitamente all’Egitto.
Cosa certa è che in questi anni, tra Giordania, Israele ed Egitto si è cercato di perseguire rapporti dettati dalla ricerca di stabilità nella regione e per questo di non fomentare un conflitto, nonostante i ripetuti attentati terroristici di Hamas.
Infatti in seguito all’attacco terroristico del 7 ottobre 2023 e della feroce reazione israeliana, i due paesi arabi sono rimasti equidistanti, chiedendo il cessate il fuoco senza condannare nessuno.
Purtroppo, con Hamas alla direzione del parlamento palestinese, e da quando gli Hezbollah in Cisgiordania sono diventati una forza offensiva armata e sostenuta dallo Stato iraniano, la situazione è profondamente mutata- Prima l’OLP era una espressione del nazionalismo arabo, entrava nel concetto di Nazione e le nazioni in quanto tali avevano acquisito il diritto a costituirsi a Stato anche attraverso la guerra.
Oggi non è più così. Sia il movimento sunnita palestinese, sia quello sciita libanese, sostengono che Israele non ha diritto allo Stato e che tutti gli Ebrei devono essere espulsi dalla Palestina. Questo in base al principio islamico che una terra dell’Islam, come la Palestina, appartiene alla “Umma islamica” (Comunità di credenti).
Non si tratta di occupazioni di territori da parte degli israeliani, la vera causa del conflitto è la motivazione religiosa che ormai ha superato quella politica, cosa che rende pressoché nulla la possibilità di tentativi di riconoscimento palestinese della legittimità dello Stato ebraico.
Ogni road map, ogni azione diplomatica e strategica sembra difficilissima, quasi impossibile, o addirittura nulla di fronte al passaggio del movimento palestinese dal nazionalismo arabo di (Arafat) al fondamentalismo islamico di (Hamas).
Se inoltre si unisce il timore per l’atomica iraniana e la contrarietà di altri Stati fondamentalisti, si può comprendere la preoccupazione di Israele che si sente accerchiata e motivata, anche per la criminale ed oltraggiosa strage di innocenti del 7 ottobre 2023, a reagire unilateralmente con un intervento militare drastico. Certo, anche se motivata da una guerra ad Hamas che nasconde i terroristi tra il popolo palestinese, moralmente e cristianamente non è condivisibile per le violenze e i lutti che provoca al popolo palestinese.
Dopo tanti anni di scontri, di guerre, di attacchi terroristici, di appropriazione di terre da parte dei coloni israeliani, di mediazioni e accordi internazionali falliti, soprattutto un governo come quello attuale di Natanyahu, sostenuto da gruppi ultraortodossi, nazionalisti e di ultradestra, non poteva che essere motivato a reagire in modo drastico, e dal punto di vista della sicurezza gli israeliani non transigono, quando si sentono minacciati agiscono in modo muscolare.
Per gli israeliani è importante ristabilire la deterrenza per tornare al “patto di Abramo” dove i paesi contraenti, Emirati Arabi Uniti e Israele, si impegneranno nella cooperazione e nelle relazioni diplomatiche amichevoli, nell’instaurazione della pace, della prosperità e della sicurezza nella regione mediorientale, patto fondamentale per garantire un futuro sicuro ai propri figli.
Hamas ha dichiarato che ci saranno ancora altri attentati, nuove stragi, nuovi sette ottobre, il suo scopo è stato ed è quello di boicottare il “patto di Abramo”, l’integralismo islamico non accetterà mai l’esistenza di uno Stato ebraico, la Palestina appartiene alla “UMMA ISLAMICA”.
Montesquieu, filosofo, giurista e storico francese asseriva “Della guerra non è responsabile chi la fa, ma chi la rende necessaria”.