Medicina per le guerre
di Giuseppe Gangemi
“La guerra è il male peggiore che affligge la società umana ed è fonte di ogni male e di corruzione. Ad essa non è possibile fornire una cura assoluta e immediata”.
Immanuel Kant
Salve a tutti, sono Giuseppe, vi ricordate di me?
Sono il ragazzo che per due anni ha subito il famoso coronavirus, oggi invece mi trovo a dover riflettere su un argomento ugualmente pesante: la guerra.
Per la mia generazione la guerra è solo argomento dei libri di scuola: se ne ha testimonianza dalle più antiche civiltà. Sin dalla terza elementare noi studiamo le guerre dei popoli antichi, fino ad arrivare agli ultimi conflitti: la Prima e la Seconda guerra mondiale.
Se invece chiedo ai miei genitori, loro ricordano ancora le immagini della città di Sarajevo assediata, durante la guerra dei Balcani (Serbia, Bosnia, Croazia e Kosovo) nei primi anni ‘90. Da allora non si sentiva più parlare di una guerra così vicina a noi come in questi giorni in cui c’è una crisi alle porte dell’Europa, in Ucraina.
Purtroppo, la guerra è un male che non muore mai; è incredibile come noi esseri umani non impariamo che la guerra non porta mai a cose positive, ma solo a distruzione e morte.
Speriamo che presto ci sarà una medicina che sconfiggerà il coronavirus, purtroppo però questa medicina per la guerra ancora non è stata trovata.
Non pensavo che l’Ucraina fosse una terra così importante, nemmeno nelle lezioni di geografia ce ne parlavano. Per me è il paese da dove vengono molte delle donne che si occupano dei nostri nonni. Altro motivo per cui, in passato, si è parlato di Ucraina è il disastro della centrale nucleare di Chernobyl, una località a circa 100 km a nord di Kiev, la capitale del paese: quell’incidente avvenuto nella notte del 26 aprile 1986, provocò e continua a provocare, a causa della diffusione della nube tossica, gravi malattie nella popolazione.
Per questo mi sono documentato e ho visto che Kiev dista poco meno di tre ore da Milano. Sicuramente più vicina di quello che ognuno di noi pensa.
La capitale era una città molto ricca, con molti negozi di lusso, un bellissimo centro storico, tantissimi giovani che studiavano e che si divertivano nei tanti locali alla moda che esistevano. Fuori dalla capitale si vive ancora come se fossimo negli anni ‘50 in Italia: ci sono villaggi di agricoltori con case che hanno un bagno all’esterno, macchine vecchie e molti orfanotrofi.
Ricordo infatti anni fa di aver conosciuto un ragazzo ucraino che viveva in un orfanotrofio, preso in affido durante l’estate da un’amica di mamma, il mio amico Ivan. Proprio a lui pensavo in questi giorni. La sua non è stata certo una vita facile, nell’orfanotrofio senza mamma e papà, ora pure in un paese in guerra. E come lui ci saranno tanti ragazzi ucraini in questa condizione.
In classe di mia sorella invece è arrivata una ragazza ucraina scappata dalla guerra con mamma e sorella. Il padre è costretto a rimanere lì a combattere. Una situazione che nessuno vorrebbe vivere lontano dal proprio paese senza genitore.
Questi sono gli esempi che io ho della guerra: dolore, orrore, tristezza, separazione.
Io ho 16 anni non sono in grado di capire chi ha ragione o torto; vivo delle informazioni che mi danno i telegiornali, giuste o sbagliate che siano, vere o false. Ma una cosa ancora la capisco: Kant aveva ragione e quindi penso anche che invece di andare nello spazio sarebbe meglio trovare una medicina che ponga fine a tutte le guerre.