IN RICORDO DI FRA’ VINCENZO D’ELPIDIO

IL FRANCESCANO CAPPUCCINO DELLA BASILICA DELLA MADONNA DEI SETTE DOLORI CHE AMAVA IL CICLISMO

di Giuseppe Troiano

A quasi un anno dalla sua improvvisa scomparsa, alla 74ª edizione del Trofeo Matteotti (19 settembre 2021) è venuto meno l’appassionato e caloroso applauso di Fra’ Vincenzo, il questuante che amava il ciclismo e, soprattutto, la corsa abruzzese tra le più importanti del calendario nazionale.

Aspettava il tradizionale e prestigioso appuntamento con un rinnovato entusiasmo e la sportività esemplare, umile e fraterna di chi, negli anni, ha vissuto le emozioni più belle tra gli sportivi e la gente dei Colli. In particolare, quando, tra una questua e l’altra, rivestito della cotta, usciva dalla chiesa per applaudire i corridori e parlare con noi.

La sua vita religiosa francescana inizia nel 1952, prosegue con il noviziato, la professione semplice e la professione perpetua, l’8 maggio 1958. A Giulianova e a Penne, aiuta in cucina e nell’orto, serve la S. Messa e fa la questua. Trasferito nel 1961 nel Convento di Pescara Colli, continua la missione religiosa nella preghiera, nel servire la Chiesa e la comunità francescana come questuante, cuciniere, ortolano, cantiniere e sacrestano. Nel 1964, a San Giovanni Rotondo, conosce Padre Pio che lo incoraggia a rimanere nel Convento di Pescara Colli come Francescano Cappuccino e da allora è rimasto sempre qui. Nel 1979 fu nominato Ministro Straordinario dell’Eucarestia con la facoltà di dare benedizioni in genere e, nel 2008, per la sua intensa attività dedicata ai più bisognosi, ricevette il premio “Uomini socialmente utili” al teatro Massimo di Pescara.

Portava scritto sul tettuccio della sua Ape il saluto francescano “Pace e Bene”, diffondendo serenità ed allegria ovunque passasse o si fermasse. Infatti, si recava nelle case dei contadini delle nostre campagne e dei paesi collinari vicini ricolmando l’Ape di ogni ben di Dio, e di quell’uva bianca e nera che pigiava al torchio per ottenere un vino squisito e profumato che, fermentato nelle botti della cantina del Convento, produceva il suo prelibato “fragolino”, di cui andava fiero. Inoltre, era noto a tutti la cura che dedicava alla zuppa di ceci che solo lui sapeva preparare per deliziare il palato dei commensali.

Amava il prossimo con la schiettezza e la semplicità contadina, ereditata dalla terra natia di Guardia Vomano di Notaresco, nel Teramano; custodiva e dispiegava i nobili ideali cristiani di carità, fatica, onestà.

Nel tempo libero, si divertiva con noi giovani a misurarsi con gli scacchi e la dama; ci seguiva con la sua bici da donna, fornita di contachilometri, durante le corse che organizzavamo alla buona nell’entroterra collinare. Pedalava così forte che il saio, gonfiandosi, sembrava un paracadute.

Vedeva nel ciclismo la lealtà sportiva; applaudiva le gesta del vincitore ma spendeva parole di conforto anche per gli sconfitti e per chi non aveva potuto concludere la gara.

Prima del nuovo percorso del circuito del Matteotti, andava nella piazza dietro la chiesa e si sedeva su una sedia pieghevole riparandosi con il cappellino bianco dei ciclisti sotto un pino per vedere sfilare a forte andatura i protagonisti. Rimaneva qui fino all’ultimo passaggio, saltando il frugale pasto, affinché non perdesse il racconto della corsa. Tornava in Convento per assistere all’arrivo in diretta TV.

Ricordava la grande vittoria di Vito Taccone (1966) e poi quelle di altri campioni del pedale, da Gimondi a De Vlaeminck, da Bitossi a Moser, Battaglin, Argentin e Bugno che hanno arricchito l’albo d’oro della “classica” pescarese. Tifava per i ciclisti abruzzesi (una foto lo ritrae insieme al campione Fabio Taborre) dei quali ammirava la tenacia e le doti tecniche.

Nell’edizione del 2020, poco prima della seconda ondata del COVID-19, se ne stava dritto sugli scalini del Convento, vicino alla statua di Padre Pio, riparandosi dal caldo, con il cappello stile “Panama”, tra le verdi e lucide foglie della profumata magnolia. Benché la malattia agli occhi gli impedisse di vedere bene, avvertiva dal suono delle sirene della staffetta della Polizia stradale che i ciclisti e le ammiraglie stavano transitando in Via del Santuario per passare davanti alla Basilica, salire in via Tiberi, proseguire per Via Colle di Mezzo, Strada Pandolfi e, nel tratto finale, Via di Sotto, Colle Caprino, Montesilvano Colle ed arrivo a Pescara a Piazza Duca degli Abruzzi.

Nell’ultima Edizione, l’emittente regionale TV6 lo ha intervistato lungo il percorso e lui, come tradizione, ha benedetto tutta la carovana. Mi chiedeva di aggiornarlo sulle corse ciclistiche internazionali, dalle classiche in linea ai grandi Giri che seguiva interessato alla televisione.

Nel ricordarlo con affetto, mentre sfoglio l’album della documentazione fotografica del suo libro autobiografico, che ripercorre la vita religiosa, in preghiera sull’altare o davanti alla statua della Madonna dei Sette Dolori, oltre alle numerose testimonianze di ringraziamento dei fedeli per le benedizioni ricevute, ho scelto una foto che riassume il suo legame profondo e l’entusiasmo sportivo verso il ciclismo. Una vettura al seguito della corsa lo ritrae nel momento in cui saluta sorridendo.

Ora, dal Cielo, come allora, durante la competizione agonistica, egli farà scendere la sua paterna benedizione su tutta la manifestazione sportiva. Come a dire: <<il mio applauso non mancherà, sarà sempre con voi!>>.

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