Alessandro Iovine: “A Milano per seguire la passione per il design”

Abbiamo intervistato larchitetto e designer Alessandro Iovine originario di Montesilvano e affermato tanto da aver guadagnato delle pubblicazioni su Vanity Fair Italia, Corriere della Sera e dal free press Metro per la sua installazione Rug-o-rama in occasione dellultimo Salone del Mobile di Milano.

È sempre piacevole raccontarvi la storia di chi da Montesilvano ottiene affermazioni professionali in giro per il mondo.

 

 di Mauro De Flaviis

 

Da quando lavora a Milano?

Lavoro a Milano da oltre dieci anni. Dopo aver lavorato in importanti studi di architettura e design, dapprima a Pescara come Kei_en di Enzo Calabrese, poi a Milano in Archea Associati e in Otto di Paola Navone, ho aperto il mio studio personale. Con Paola Navone ho lavorato tanto tempo nella realizzazione di un resort di lusso in Thailandia occupandomi della progettazione e della realizzazione deli arredi fino ai massimi dettagli.

Nel 2014 ho inaugurato il mio studio milanese, nel cuore del quartiere NoLo, dove oltre che nel lavoro di architetto d’interni realizzo pezzi di arredo a produzione limitata. La mia passione è il design e la realizzazione di pezzi unici di arredo: mi sforzo di unire alla funzionalità del design la preziosità del “fatto a mano”, realizzato da artigiani dalla elevata qualità con le suggestioni e la sensibilità di un’idea artistica.

 

Mi descrive la installazione che lha portata allottenimento della pubblicazione su Vanity Fair Italia?

Tutto nasce l’anno scorso quando ho realizzato il primo prototipo di un arazzo con materiali di scarto per la mia prima esposizione al Fuorisalone intitolata “Tokitaly”. Per la Milano Design Week 2019 sono partito da quel concept, evolvendolo. In collaborazione con FORO Studio, ho realizzato a mano una collezione di cinque arazzi unici, rappresentativi di cinque quartieri di Milano, con materiali di scarto pregiati. Così è nato Rug-o-rama, allestito nel distretto 5Vie nel cuore della città.

Abbiamo raccontato le molteplici identità di Milano, filtrandola con l’occhio di chi, attraverso il lavoro creativo, ogni giorno è impegnato ad avvicinare il tangibile all’intangibile. La sfida è stata quella di trasmettere la forza di un luogo in un prodotto d’arredamento come l’arazzo, dove la concretezza dei materiali incontra l’impalpabilità delle emozioni. Il prodotto finale ha le sue radici nel territorio, ma al tempo stesso è libero di raccontare tante storie diverse in tanti luoghi diversi. ll concept ha previsto l’utilizzo di materiali di recupero provenienti dall’industria e dall’artigianato locale del settore dell’arredo, con lo scopo di dare loro nuova vita, trasformandoli in pezzi unici d’arredo. Tali materiali sono intrecciati a mano su un supporto reticolare che conferisce una solida struttura di ancoraggio.

 

Cosa ti lega a Montesilvano?

Che dire, ho vissuto a Montesilvano fino a trent’anni, la mia vita fino a quell’età è legata indissolubilmente a Montesilvano. Ho studiato architettura a Pescara, i miei amici di infanzia, di scuola e di università e la mia famiglia vivono per la maggior parte a Montesilvano e Pescara. Nutro un notevole affetto per il territorio e per il mare e mi piace trascorrervi il tempo che posso dedicare al relax e alla famiglia, anche perché a Milano i ritmi sono piuttosto frenetici.

Lei è emigrato per lavoro, cosa suggerirebbe a chi come me vive nella sua città natale?

Guardi io ho lavorato i primi anni a Pescara e seguendo la mia passione per il design è stato normale spostarmi a Milano. In realtà è stata una non scelta perché già durante i miei studi ero stato molte volte al Salone del Design e avevo immaginato Milano potesse diventare la mia città di adozione. Ho provato a trovare la mia dimensione a Pescara, ma le opportunità per il mio campo erano davvero limitate e avrei lavorato al meglio in uno studio di architettura occupandomi di arredamento di interni e non avrei avuto le opportunità trovate qui a Milano.

Comunque sia il tuo bagaglio culturale, le tue passioni, le tue relazioni le porti anche quando ti trasferisci in un’altra città, così come ho fatto io. Probabilmente se non avessi avuto la passione per il design non sarei emigrato.

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