LE FAGGETE VETUSTE NEL CUORE DELL’ABRUZZO

LE FAGGETE VETUSTE NEL CUORE DELL’ABRUZZO:
un angolo incontaminato, patrimonio UNESCO e tesoro di biodiversità

di Davide Canonico

Una faggeta vetusta primaria rimasta sorprendentemente intatta nel cuore della nostra regione. Siamo in Val Cervara, nel comune di Villavallelonga, all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Qui il tempo riavvolge il nastro della storia per riportarci agli albori di epoche lontane, prima del rinascimento e della scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo. In questa faggeta, infatti, sono stati trovati alberi vecchi più di 560 anni, un dato incredibile per gli studiosi se si pensa che la vita media di un faggio era ritenuta essere circa 250 anni. In tutto l’emisfero settentrionale non si conoscono luoghi con faggi più vecchi.

Il termine vetusto, che deriva dal latino vetus cioè antico, in questo caso è un gergo tecnico che non indica solamente la longevità delle piante. Una foresta vetusta, infatti, è un particolare sistema dinamico dove le piante crescono, si riproducono, competono tra loro e muoiono naturalmente, passando attraverso tutti gli stadi del loro ciclo vitale senza che l’uomo intervenga tagliando o raccogliendo legna dal suolo. Per questo vengono paragonate alle foreste primigenie o primarie, ossia quelle foreste che conservano intatta la loro naturalità poiché l’uomo non è mai, o quasi, intervenuto ad alterarne le caratteristiche. Queste foreste, a differenza di quelle segnate dall’intervento antropico, preservano una biodiversità fuori dal comune. Ad un primo sguardo sembra che il caos e l’abbandono siano gli unici sovrani di questi luoghi dimenticati, ingombri di alberi diversi per età e dimensione, alcuni spezzati o schiantati al suolo, l’odore del legno in decomposizione come nota costante e pungente nella sinfonia del paesaggio.

 

Eppure se chiudiamo per un attimo gli occhi e lasciamo che quest’aria densa, umida e carica di umori ci riempia i polmoni, vedremo allora l’incanto della vita pervadere ogni singolo centimetro di terra perché è la natura, selvaggia e indomabile, la vera regina di queste terre. Ogni albero rappresenta un piccolo universo che offre sostentamento e rifugio per migliaia di specie animali e vegetali.

 

 

Anche dopo la morte, quel legno marcescente è linfa vitale per l’ecosistema: un pipistrello dorme nell’incavo di un albero, una volpe passeggia furtiva lungo un tronco spezzato, microrganismi se ne cibano per restituire al terreno l’humus necessario a generare nuova vita.
Quella della Val Cervara è solo una delle 5 aree che compongono le faggete vetuste del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e che ricoprono una superficie complessiva di 937 ettari. Le altre quattro sono: Selva Moricentro a Lecce dei Marsi, Coppo del Morto e Coppo del Principe tra Pescasseroli e Scanno, infine Val Fondillo tra i comuni di Opi e Civitella Alfedena.
Nel 2017 queste faggete sono state nominate patrimonio UNESCO. Un riconoscimento importante ma di ancor maggior valore se si pensa che, nonostante l’Italia detenga il maggior numero di siti Unesco (53), soltanto 4 di questi sono assegnati per riconoscimenti legati alle bellezze geologiche e naturali. Per l’Italia è la prima iscrizione di un patrimonio naturale espressamente per il suo valore ecologico di rilievo globale.

 

Ancora una volta il nostro territorio fa parlare di sé (la notizia fa da copertina al National Geographic di Novembre grazie alla penna ed alle immagini di Bruno D’Amicis e Umberto Esposito), sottolineando la bellezza ed il potenziale di una regione a lungo dimenticata e sottovalutata ma che avrebbe molto da offrire.


La natura, il cibo, la qualità della vita sono risorse preziose della nostra regione che oggigiorno vengono ampiamente ricercate. Il mondo sta riscoprendo l’Abruzzo. E’ necessario che l’Abruzzo riscopra se stesso, cavalcando quest’onda positiva con intelligenza e rapidità. Essere sulla bocca di tutti non basta, la moda è capricciosa e per definizione passeggera; bisogna cogliere l’attimo per valorizzare il potenziale inespresso e consolidare la visibilità che questa terra merita.

 

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