Fate come Fabri Fibra. Sfogatevi.

 

di Pierluigi Lido

 

E’ da un po’ che seguo Fabrizio Tarducci, in arte Fabri Fibra: rapper.

Mi ha colpito molto il suo ultimo contributo discografico, l’album “Fenomeno”.

Fibra lo ascolto da anni. Una vita a inseguire, a rincorrere se stesso, dominando (manco troppo) le proprie paure, le proprie ossessioni, con il rap. Ognuno di noi sublima in quello che fa molte delle parti scomode di sé per gestirle. Anche scrivere per Il Sorpasso, fare Il Sorpasso. No? C’è chi fa sport di ogni genere, chi studia, chi lavora (troppo), chi entra in analisi, chi fa politica (troppa), chi troppo volontariato (è mai troppo?) chi s’interessa un bel po’ di qualcosa, chi sublima nell’arte, nelle arti. Lunga storia. Ognuno di noi ha il proprio giochino, che funziona, fin quando funziona. Ci avete mai pensato? Io troppo spesso.

Fibra non è Galimberti (consiglio però di trovare su YouTube la sua intervista assieme a Galimberti) e non è Bauman, non è un sociologo, un filosofo o analista. È uno che fa musica principalmente per sfogare delle problematiche proprie (è evidente all’orecchio di chi lo ascolta con sensibilità).

Fibra è un cronista, fa quello che non fanno più i giornalisti, analizza il contesto e lo racconta. Cerca la verità. Anzi, fa di più. Ha messo a disposizione se stesso tirando fuori temi in cui molti possono rivedersi. Due pezzi finali del suo nuovo album “Fenomeno” sono vere e proprie pietre nello stomaco (“Nessun Aiuto” e “Ringrazio” “Invece No” “Ogni Giorno” “Equilibrio” “Money for Dope”), immedesimandosi nelle figure della madre e del fratello dell’artista, e nell’artista stesso.

Fabri Fibra mi ha colpito per l’album a forte impatto psicanalitico, vero, crudo, pesante e tagliente come la verità. Pesante come la nostra fase storica, quelle della generazione “dei Fibra e dei post Fibra” quelli dagli anni ‘80 in poi, quella gente lì, quei ragazzi lì, ormai uomini nel limbo di un mondo modificatosi più velocemente di quanto e per quanto si riuscisse a correre.

Gente che non è nativa digitale, gente di mezzo, in mezzo, in maniera ingombrante. Gente tradita da un patto generazionale rotto, che non ha più voglia di capire, di agire o reagire. Gente che ascolta da anni Fabrizio Tarducci & Company. Io la nenia non ve la voglio fare, ma dobbiamo guardarci bene negli occhi e capire, per andare avanti al meglio. Tutti. Per sfogarci. Sfogarci bene.

Lo spunto propositivo che do al mio lettore di oggi è di capire, riflettere, interrogarsi e trovare il coraggio di parlare dei propri problemi e delle proprie paure con un amico, un conoscente, chiunque abbia con voi una intimità di qualche tipo. Non darlo per scontato, fallo. Sfogati.

Parla con qualcuno. Abbi il coraggio di parlare con gli altri, di raccontare quello che non va, di aprirti a un’altra persona. Ce lo siamo scordati ed è un pezzo di umanità che rimpiangeremo presto se non mettiamo subito rimedio ai nostri silenzi, digitali e non.

Anche se non sei amante del rap, ti consiglio di ascoltare lo sfogo pubblico di Fibra.

Lui è un Big del rap ma forse è un po’ meno big nella vita personale, non credi?

Se ascolti il disco troverai tante sue debolezze che portano a riflettere e a domandarsi su come la felicità sia qualcosa di personale che va al di là del successo artistico o lavorativo.

Oggi non ho creato nessuna polemica a fin di bene per smuovere un po’ d’acqua o di vento.

Oggi non ce n’era bisogno per suggerirvi/suggerirci di liberarci assieme dai nostri fantasmi.

Non perdere occasione per fare come Fibra.

Se non ne puoi più, fallo. Sfogati.

Parla con qualcuno.

Non sei solo.