“Di stupri e violenze di genere”
di Miriam Severini
Mi sarei aspettata di leggere sulle prime pagine delle testate nazionali, a titoli cubitali, di una “bambina” di 13 anni violentata da un gruppo di adolescenti egiziani oppure del caso Salis, una quarantenne portata in catene all’udienza in tribunale nell’Ungheria di Orban, uno spettacolo indecente per gli occhi e per la mente.
Mi chiedo con quale criterio la stampa, che si definisce libera, scelga i temi da affrontare. A quanto pare prevalgono vecchi cavalli di battaglia di una sinistra ormai decadente, in cerca di argomenti lontani da quelli in cima alle preoccupazioni dei cittadini, tra cui primeggiano sicurezza e garanzie per i nostri figli.
E sì, perché quella tredicenne rinchiusa nei bagni di Catania è figlia, nipote e PARENTE DI TUTTI NOI E VA DIFESA E TUTELATA. MI ASPETTO CHE CHI PUO’ ALZI LA VOCE E URLI AL MONDO CHE I NOSTRI “BAMBINI” NON SI TOCCANO, nemmeno quando a farlo sono coetanei che ospitiamo nel nostro paese e che siamo disposti a curare solo a condizione che non trasgrediscano le nostre leggi.
La verità è che avremmo voluto, vedere mano nella mano, la Schlein e la Meloni (due donne per fortuna) al capezzale simbolico della Salis e della bambina catanese, senza alcuna posizione politica da difendere, ma semplicemente come donne, mamme e sorelle.
La violenza di genere si combatte anche così.
Due tragedie che necessitano di riflessioni serene e di molti atti di coraggio, quelli che nascono dalla verità.
Il confronto con “l’altro” è una operazione di complesso maquillage e se il trucco non è sostenuto da qualche intervento rivitalizzante che prepari la base, si scioglie al primo colpo di calore.
Siamo un paese in grande difficoltà dove la rabbia per l'”altro” si manifesta con sempre maggior frequenza da ambo le parti. Basta guardare le panchine imbrattate da rifiuti, prodotti spesso da gruppi di ragazzi stranieri che di notte bivaccano sulle panchine. La nostra strada parco al mattino ne costituisce un esempio lampante. Potremmo citarne altri, ma ci asteniamo dal farlo.
Uno o più sbandati, anche italiani, bivaccano sui nostri territori e le donne devono camminare guardandosi le spalle. Vengono così private della loro libertà, un diritto fondamentale di ogni individuo.
Vorrei che la stampa libera scrivesse ogni mattina in difesa di questi diritti e poi anche della Salis.
L’integrazione è un tema all’apparenza caro a tutti ed è un problema immenso e andrebbe affrontato in modo olistico tenendo in considerazione tutti gli aspetti correlati; invece, le ricette proposte dai nostri rappresentanti sono semplicistiche e si possono rappresentare in due posizionamenti: repressione o educazione. È il modo corretto di affrontare il tema integrazione?