La nevicata del ’56 (prima parte)
Lisa, comodamente rannicchiata sulla poltrona, con un plaid multicolore, poggiato sulle gambe, sfogliava pigramente il giornale. Un sorso al cappuccino ancora fumante, la cui tazza stringeva tra le mani per riscaldarle, e il suo sguardo si posò su un articolo decisamente anacronistico per le tendenze climatiche in atto. “Dagli scienziati dell’Università di Utrecht arriva l’allarme: l’Europa sarebbe sull’orlo di una nuova era glaciale. Un’ipotesi che ribalta tutte le previsioni e che sembra difficile da credere visto il caldo sempre più torrido e l’inverno dalle temperature al di sopra della media. Eppure sono proprio le alte temperature che starebbero contribuendo a una drastica inversione di tendenza e che potrebbe portare a scenari simili a quelli del film The day after tomorrow. Protagonista di questa inversione climatica è la Amoc, acronimo dall’ inglese Atlantic Meridional Overturning Circulation.” Lisa aveva spiegato sempre ai suoi allievi che tale corrente dell’Oceano Atlantico ha un flusso in direzione nord di acqua salina calda negli strati superficiali e un flusso in direzione sud di acqua fredda in profondità ed è un’importante componente del sistema climatico del nostro pianeta. Nell’articolo gli scienziati ipotizzano, da simulazioni matematiche, che il collasso di questa corrente atlantica meridionale, potrebbe avvenire nel 2057 e quindi porterebbe all’arrivo di una nuova era glaciale. A confermare questa ipotesi ci sarebbe un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science Advances, secondo cui i livelli di salinità delle acque oceaniche si starebbero abbassando sempre più e ciò costituirebbe il campanello d’allarme per un collasso imminente con conseguenti effetti drammatici sul clima. Le temperature più basse nell’Europa Nord-occidentale, l’interruzione dei monsoni tropicali e l’ulteriore riscaldamento dell’emisfero Sud, porterebbero alla sesta era glaciale. Lisa, pervasa da un brivido, lasciò cadere il giornale, appoggiò la testa sullo schienale e si coprì le braccia con la variopinta copertina di lana, appena realizzata all’uncinetto. All’idea di una eventuale catastrofe climatica provò ad immaginare lo scenario glaciale che avrebbe cristallizzato i paesaggi a lei molto cari. Lisa chiuse gli occhi e si lasciò pervadere da un lontano ricordo, quasi fosse in una seduta ipnotica, si rivide bambina, incollata al finestrino del trenino con lo sguardo intento a scrutare il paesaggio. Ogni fine settimana andava con i genitori a casa dei nonni materni, a Penne. Era la fine di gennaio del 1956, il clima non era rigido e la neve, caduta a Natale, si era già sciolta. Dalla stazione alla casa dei nonni c’era un po’ di strada da fare a piedi, tirava un leggero vento di tramontana che trascinava con sé cumuli di nubi di un colore plumbeo poco rassicurante. Erano le prime ore del pomeriggio ma sembrava già sera inoltrata. Lisa aveva appena sei anni, era la prima nipote e quindi circondata di affetto e attenzione anche dagli zii che, non ancora sposati, vivevano con i nonni. La casa era un palazzo a tre piani in Via dei Vestini, una strada con un forte dislivello metrico, faticosa da percorrere in salita ma suggestiva e tipica di un centro storico. Lungo il percorso campeggiava il campanile della Collegiata di San Giovanni Evangelista, decorato con cornici ad arcatelle, oculi con ricchi decori in cotto e coppelle in maiolica colorata. La facciata trecentesca della chiesa, interamente in mattoni a vista, non era visibile dalla strada in quanto situata in un largo un po’ all’interno dell’abitato, raggiungibile da brevi viottoli a scalinate tra gli antichi palazzi del borgo medievale. Le immagini scorrevano vivide nella mente di Lisa, quasi si trattasse di un filmino Super 8 che spesso girava il papà nelle occasioni da ricordare. La nonna, una piacevole signora con i lunghi capelli brizzolati raccolti in una treccia arrotolata dietro la nuca, il viso pulito, senza un velo di trucco, era ad attenderli in cucina, una stanza spaziosa e luminosa, grande quasi come un appartamento di oggi. In un angolo c’era un enorme focolare davanti al quale ogni sera si riuniva tutta la famiglia. La bambina ascoltava i racconti dei nonni mentre seguiva, incantata, l’allegro scoppiettio del fuoco. La madre aveva cinque fratelli, una vera tribù! Sembrava un fine settimana come tanti, dopo la cena a base di quadrucci in brodo e bollito di gallina e dopo una breve sosta intorno al camino il nonno attirò l’attenzione sul sibilo del vento tra le imposte di legno che scricchiolavano con veemenza, e disse, mentre ravvivava la brace con un ventaglio di piume di tacchino: «Questo vento non promette niente di buono, tornando a casa ho visto nuvoloni scuri verso la montagna. Vi consiglio di riempire i bracieri e di ritirarvi tutti nelle vostre camere, questa notte potrebbe nevicare!»
La stanza di Lisa e dei genitori era al terzo piano, il braciere, appoggiato sul prete di legno infilato nel letto, era l’unica fonte di calore a disposizione. La bambina, rannicchiata sotto una calda imbottita, realizzata dalla nonna con la lana delle pecore, tosate dai mezzadri che governavano la campagna alle porte del centro abitato, non riusciva a prendere sonno, ripensava alle parole del nonno e l’idea di svegliarsi con un paesaggio innevato le riempiva il cuore di gioia. Immaginava di affacciarsi sul balconcino della camera e di ammirare i tetti con i coppi imbiancati, la discesa dei Vestini simile a un soffice nastro di panna dove poter rotolare come una palla di neve. Si addormentò sognando di trovarsi in un mondo incantato come quello racchiuso nella sfera magica di vetro, ricevuta in regalo dalla Befana. Al mattino un silenzio disarmante ovattava l’ambiente e uno strano biancore filtrava dalle persiane. La bimba saltò giù dal letto, infilò un maglione sul pigiama e corse alla finestra: una parete bianca bloccava le persiane, il balcone era pieno di neve. Al piano terra le voci si sovrapponevano alle esclamazioni di meraviglia e sconcerto allo stesso tempo.
Il nonno, con l’immancabile Borsalino calcato in testa, aveva aperto il portone di casa che era letteralmente “murato” da una barriera di candida neve.
«Questa notte sono caduti più di due metri di neve, non ricordo di aver visto mai una cosa del genere, spero che il tetto possa resistere al peso. Dobbiamo organizzarci e iniziare a scavare una galleria per uscire in strada, coraggio, imbacuccatevi e munitevi di attrezzi idonei per spalare.»
«Madonna mìa aiutaci – disse la nonna facendosi il segno della croce – mò ci sfiateme!» (continua..)