La Gran Contessa Mathilde di Toscana

   di Gabriella Toritto

(prima parte)

Mathilde di Toscana, Gran Contessa, meglio conosciuta come Matilde di Canossa, fu la donna che più di tutte, ancor più degli uomini, difese il Papato nella lotta contro l’Impero.

Fu l’ultima esponente della vecchia casata degli Attonidi che dal 1000 in poi incorporò in un unico soggetto politico le marche lombardo-emiliane e la Toscana, o meglio la Tuscia.

Matilde nacque presumibilmente nel marzo del 1046 da Bonifacio III degli Attonidi, potente membro della dinastia degli Attonidi, e da Beatrice, duchessa di Lorena.

Aveva poco più di sei anni quando perse il padre, assassinato in seguito ad un complotto di avversari politici (probabilmente nel 1052) e secondo le consuetudini di quel tempo fu subito data fidanzata a Goffredo di Lorena, il cui padre, Goffredo il Barbuto, sposò Beatrice, madre di Matilde, con lo scopo chiaramente politico di unire le due famiglie principesche e i loro rispettivi patrimoni territoriali al fine di formare un imponente blocco di feudi posti in Lombardia, in Emilia e in Tuscia, che avrebbe costituito un serio pericolo per l’impero.

Le conseguenze di tale potente unione non si fecero attendere e furono foriere di nuovi conflitti.

Infatti l’imperatore Enrico III intervenne subito in Italia e, data la superiorità delle sue forze, inflisse un’inevitabile sconfitta ai Lorena. Sicché, mentre il duca Goffredo si salvava con la fuga, rinviando a momenti migliori la ripresa delle ostilità, la duchessa Beatrice e la piccola Matilde rimasero praticamente in balia dell’imperatore.

Beatrice dovette presentarsi di fronte al severo tribunale feudale di Firenze e fu condotta prigioniera in Germania da Enrico III assieme alla figlia Matilde, la quale si ritrovò, suo malgrado e ancora così giovane, a far parte di una vicenda storica più grande di lei e che lei in alcun modo avrebbe mai potuto gestire personalmente.

Nel 1056, morto Enrico III, la condizione delle due donne cambiò radicalmente, infatti entrambe riebbero la libertà e parte dei feudi e poterono ritornare nei territori italiani di famiglia.

Nel frattempo le due donne, ovvero la duchessa Beatrice e la figlia Matilde rimasero sole, essendo morti gli altri due figli: Federico e Beatrice. Le due donne rimasero pertanto le sole eredi di beni marchionali lombardo-emiliani e toscani.

Esse esercitarono un notevole potere non solo economico quanto anche politico, data l’ampiezza dei territori controllati e la loro posizione geografica al centro della penisola italiana, che le rendeva in qualche modo un’importante pedina della politica ecclesiastica nonché di quella imperiale. Inoltre, come già anticipato, dopo la scomparsa del marito, Bonifacio III degli Attonidi, la duchessa Beatrice, madre di Matilde, convolò a nuove nozze con Goffredo il Barbuto, il quale, da bravo consorte ed alleato, concorse a rafforzare i feudi di Canossa e coloro che li detenevano.

Dal 1056 in poi Matilde crebbe accanto alla madre e al patrigno e ben presto prese personalmente parte a tutte le trattative di carattere diplomatico, mostrando fin dalla giovanissima età una duttilità e un’abilità che ne evidenziarono al massimo le sue non comuni doti politiche.

Matilde apprese subito la difficile arte di intavolare e concludere negoziati, agendo sia con la forza sia con la discrezione.

Inoltre ebbe anche il dono di saper scegliere il tempo opportuno per avanzare le richieste che le sembravano più giuste e per rinviare decisioni che non le avrebbero giovato, mettendo in luce la rara capacità di saper procrastinare la risoluzione di problemi al momento più favorevole, in modo da ricavarne un utile certo ed incontestabile.

Così Matilde si avviò a diventare una donna di notevole prestigio e peso politico. Al contempo approfondì la conoscenza dei Testi Sacri e le questioni teologiche dottrinali. Fu dotata di profondo senso religioso che la resero non solo un punto di riferimento politico quanto anche persona destinata a contare molto nell’ambito della vita della Chiesa romana e dei pontefici dell’undicesimo secolo. Del resto la famiglia dei Canossiani fu da sempre legata alla Chiesa di Roma. Papa Leone IX, grande pontefice impegnato ad ampliare il potere papale ed appoggiato anche dal futuro Gregorio VII, il grande Ildebrando di Soana, e da Pier Damiani, era zio della Duchessa madre Beatrice. Stefano IX, promotore della cosiddetta riforma lorenese, papa dal 1056 al 1058, era a sua volta fratello del Duca Goffredo il Barbuto, secondo marito della madre di Matilde.

Anche Anselmo da Baggio, vescovo di Lucca, fu molto vicino alla corte ducale che frequentava assiduamente. In seguito Anselmo divenne pontefice con il nome di Alessandro II. Gli anni del suo pontificato furono caratterizzati dal rafforzamento del papato romano e dalla Riforma della Chiesa. Alessandro II incoraggiò il celibato ecclesiastico, condannando la simonia e l’eccessivo potere dei legati, strumentalizzati spesso per rafforzare la volontà papale. Egli scomunicò i cortigiani dell’imperatore Enrico IV, mentre concesse perdono a Guglielmo il Normanno, incoraggiandolo persino all’invasione e alla conquista dell’Inghilterra nel 1066.

Ne consegue che Matilde, cresciuta in quell’ambiente molto familiare ai pontefici di Roma, crebbe salda nella fede nonché convinta della necessaria e durevole coalizione con la Chiesa, che ella avrebbe voluto vedere potenziata secondo i dettami della riforma del XI secolo, realizzatasi successivamente con le azioni intraprese da papa Gregorio VII, di cui divenne alleata naturale ed insostituibile.

Si sa che Matilde, fin da giovane, aspirò alla vita monastica. Per lei fu naturale nutrire profondi sentimenti religiosi poiché educata dalla madre Beatrice, donna molto devota, che, se accettò Goffredo il Barbuto in seconde nozze, è pur vero che stipulò con lui un patto di reciproca continenza.

E, al pari della madre, la giovane Matilde, pensando di avere il dovere di potenziare l’egemonia marchionale per meglio giovare alla causa della Chiesa e della Riforma avviata, ritenne che non le sarebbe stato consentito prendere il velo e uscire dalla sfera politica in cui si trovava a vivere e ad operare. Così nel 1069 accettò di convolare a nozze con il precedente fidanzato, figlio del patrigno Goffredo, e, una volta celebrate le nozze, decise di seguire lo sposo in Lorena.

Gli anni di matrimonio vissuti da Matilde con il marito Goffredo il Gobbo furono infelici. Dalla loro unione nacque un figlio di malferma salute che morì quasi subito.

Allora la contessa chiese ed ottenne di tornare in Italia presso la madre che nel 1061 era rimasta nuovamente vedova, data la scomparsa del secondo marito.

Richiamata dal consorte, Goffredo il Gobbo, in Germania, Matilde oppose un netto rifiuto. A trattenere la contessa presso i possedimenti italiani non vi furono solo motivi affettivi. Il contrasto fra i due coniugi si inasprì anche per motivi politici. Infatti, se Matilde e la madre Beatrice mantennero un atteggiamento di assoluto sostegno al movimento riformatore della Chiesa, facente ormai capo a papa Gregorio VII, Goffredo, abbandonata la precedente posizione, entrò a far parte dei sostenitori dell’imperatore Enrico IV.

Nel 1076 anche Goffredo il Gobbo morì, assassinato da un suo avversario, e Matilde poté riconquistare la sua più completa autonomia. Nello stesso anno morì anche la madre Beatrice, sepolta in Roma.

Pertanto la contessa si ritrovò completamente sola a governare i suoi feudi e fu allora che le andò incontro con il più completo appoggio Gregorio VII, che la stimò molto, ritenendola un’alleata insostituibile e capace.

Matilde fu aiutata con i suoi consigli anche da Anselmo, vescovo di Lucca, il cui biografo precisò con una punta di malizia che, se Matilde esercitò il potere, a governare fu in realtà il presule lucchese.

La contessa tuttavia era del tutto soddisfatta di quella situazione in quanto si rimise completamente nelle mani di Anselmo, da lei considerato un messaggero celeste, postole accanto dal pontefice Gregorio VII e dalla Divina Provvidenza. (continua..)

Allorquando il conflitto fra Papato e Impero raggiunse l’apice dello scontro, che fu violento, Matilde, pur non arrivando ad una completa definitiva rottura con l’imperatore Enrico IV, si schierò apertamente dalla parte di Gregorio VII e della Chiesa. Intervenne anche alla Dieta di Trebur, dove assunse una posizione conciliatrice ai fini di un accordo fra l’imperatore e il pontefice. L’orientamento della contessa di Canossa fu considerato con attenzione da coloro che, pur essendo filo-imperiali, non volevano giungere ad un conflitto aperto con la Chiesa di Roma, e, nella speranza di trovare uno spiraglio che consentisse una possibilità di accordo, Matilde appoggiò l’intervento di Gregorio VII alla dieta di Augusta, dove il pontefice si propose di esaminare la posizione di Enrico IV e dei suoi nobili sostenitori con la massima obiettività. Sempre con le stesse intenzioni conciliatrici la contessa appoggiò il viaggio di papa Gregorio VII attraverso i suoi feudi emiliano-lombardi canossiani e lo ospitò proprio nella Rocca di Canossa quando, nel gennaio del 1077, si seppe che Enrico IV era partito alla volta dell’Italia con obiettivi non del tutto chiari e pacifici nei confronti del Pontefice.

A quel punto iniziarono trattative fra Gregorio VII ed Enrico IV che trovarono il loro naturale epicentro nella Rocca di Canossa e che ebbero come mediatrici Matilde e sua cugina Adelaide di Torino, suocera dell’imperatore. Nel corso del colloquio, avvenuto fra Enrico e la contessa Matilde nella cappella di San Niccolò, presso Bianello, nell’Appennino reggiano, si dispose la riconciliazione fra i due massimi poteri allora esistenti, meglio conosciuta come il “perdono di Canossa”.

Dunque Gregorio VII ricevette l’imperatore mentre era ospite di Matilde nel castello di Canossa. In quell’occasione l’imperatore, per ottenere la revoca della scomunica da parte del papa, fu costretto ad attendere davanti al portale d’ingresso del castello per tre giorni e tre notti inginocchiato nella neve e con il capo cosparso di cenere. Il faccia a faccia si risolse con un compromesso il 28 gennaio. Gregorio revocò la scomunica a Enrico, ma non la dichiarazione di decadenza dal trono.

In quell’occasione Matilde, che si era esposta al massimo del pericolo, mostrò interamente le proprie capacità e valenze politiche, che indussero l’imperatore a rassicurare sulle sue intenzioni pacifiche il pontefice e quest’ultimo ad accettare le assicurazioni di Enrico IV, garantite in primis dalla contessa Matilde.

Dopo l’accordo di Canossa del 28 gennaio 1077 il pontefice rimase per parecchi mesi ospite della grande feudataria, donna coraggiosa e prestigiosa.

Le testimonianze storiche a noi pervenute, soprattutto quelle imperiali, tuttavia non furono sempre favorevoli a delinearne l’immagine. Infatti non poche furono le maldicenze sul suo conto e su quello della madre. Le due donne furono accusate di comporre una sorta di “senato di femminelle” e non mancarono chiacchiere ingiuriose in particolare su Matilde. 

E, sebbene non si debba prestare credito a cronisti maliziosi, volti ad interpretare in modo torbido i rapporti fra il pontefice e la contessa, alcune lettere di Gregorio VII si prestarono a pericolosi fraintendimenti. Infatti il pontefice nei riguardi della fedele amica ed alleata si espresse con le seguenti parole: “Soltanto Dio, che penetra Il segreto dei cuori e mi conosce meglio di me stesso, sa quale sia la mia continua sollecitudine per te e la tua salute .…” aggiungendo … “se io sono amato come amo, sono obbligato a credere che nessun mortale al mondo tu mi preferisca, così come io non ti antepongo nessuna donna al mondo.”

Inoltre quando Gregorio VII subì un attentato da cui uscì molto provato, Matilde entrava nelle stanze del pontefice al Laterano senza attendere alcun permesso, in quanto lo stesso Gregorio voleva essere curato soltanto da lei e lei, a sua volta, non volle lasciarlo in altre mani.

La politica di Matilde poi divenne più che evidente nel momento in cui la rottura fra il papato e l’impero divenne irreversibile.

La contessa, fra il 1078 e il 1080, trovandosi a Roma, assunse un atteggiamento più marcatamente filo-papale, donando a San Pietro, nelle mani di Gregorio VII, tutti i beni allodiali in suo possesso per diritti di eredità o per altri motivi, posti al di qua e al di là delle Alpi, di cui conservò per sé soltanto una sorta di usufrutto, destinato ad interrompersi al momento della sua morte. Dopo di che ogni suo possedimento passò irreversibilmente nelle mani della Chiesa di Roma.

Quali motivi spinsero Matilde ad un appoggio così definitivo ed esclusivo dopo tutti i tentativi di conciliazione fra i due massimi poteri da lei effettuati non è ancora certo. Risulta invece evidente come la posizione della contessa determinò il destino della politica imperiale e di Enrico IV, il quale, sceso ancora una volta in Italia nel 1081, occupò buona parte dei possedimenti della feudataria nel Nord come rappresaglia nei suoi confronti.

Enrico IV inoltre giunse a bandire la cugina dal suo impero e a toglierle i possedimenti feudali italici e germanici che secondo l’imperatore dovevano essere donati all’Impero piuttosto che alla Chiesa, dati anche i legami parentali esistenti.

Nel 1085 la morte di Gregorio VII e l’occupazione di Roma da parte dell’imperatore e dell’anti-papa Clemente III, Guilberto di Ravenna, costituirono il momento più difficile per la contessa di Canossa, la quale si ritrovò per alcuni anni sola a difendere con saggezza e sagacia il programma della riforma papale.

In seguito le sorti del contrasto fra Chiesa e Impero si risolsero a vantaggio di Matilde, la quale appoggiò le elezioni di Vittore III e di Urbano II sul soglio pontificio. Sempre in quel tormentato periodo della vita della Chiesa Matilde pose in evidenza come per lei esistesse soprattutto e soltanto il primato della politica e per avere un appoggio più decisivo ai suoi programmi anti-imperiali la contessa arrivò anche a concludere un nuovo matrimonio, dettato esclusivamente da motivi diplomatici e militari, con il giovane Duca Guelfo di Baviera, avversario dell’imperatore.

A tale nuova unione fece seguito una violenta reazione di Enrico IV che nel 1091 occupò militarmente la città di Mantova, il più importante centro matildino in Lombardia. 

Di contro Matilde, con una risposta fulminea e sapiente, prese sotto la sua protezione l’imperatrice Prassede, che l’imperatore suo consorte aveva confinato a Verona. Quindi sostenne il giovane principe Corrado nella rivolta contro il padre.

Nel 1097 la prestigiosa alleata della Chiesa partecipò al sinodo lateranense tenuto in Roma da Urbano II, che rappresentò la definitiva vittoria di Roma sull’impero. Da quel momento anche le ostilità fra Papato e Impero iniziarono ad attenuarsi, sebbene vi furono momenti di grave tensione nel contrasto fra Enrico V e papa Pasquale II.

In tale contesto la posizione di Matilde di Canossa pian piano iniziò a sfumare sebbene ribadisse pur sempre il suo atteggiamento filo-papale, tanto che nel 1102 riconfermò la donazione dei suoi beni allodiali alla Chiesa di Roma.

Con altrettanta fermezza si rivolse a papa Vittore III, che avrebbe voluto rimanersene tranquillamente a Monte Cassino, quando volle riportarlo a Roma, ricordandogli come fosse suo precipuo dovere non allontanarsi dalla Sede di Pietro.

Con la fine dell’undicesimo secolo la contessa assunse un atteggiamento meno duro ed intransigente. E nel 1111, la signora di Canossa non fu contraria a stabilire rapporti meno conflittuali quando il nuovo imperatore scese in Italia, consentendogli di passare con il suo esercito attraverso i domini canossiani: concessione non da poco conto.

Di Matilde, donna del Medioevo, sottolineiamo il grande coraggio, la determinazione e la capacità di implementare azioni politiche con lucidità e costanza, nonostante i rischi cui si espose, sempre certa della bontà dei suoi proponimenti e della positiva conclusione della sua azione politica.

Fu straordinaria alleata di Ildebrando di Soana, divenuto Papa Gregorio VII, di cui riuscì a conquistare la stima e la perdurante considerazione.

Vissuta a lungo per quei tempi, morì il 24 luglio del 1115 a Bondeno di Roncore.

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