Il poeta dialettale abruzzese Modesto Della Porta.

   di Pasquale Criniti

Nato il 21 marzo 1885 a Guardiagrele, da Donato e Maria Vitacolonna, frequentò la scuola elementare e poi senza successo una scuola media privata, che abbandonò anche per le scarse possibilità economiche della famiglia. Lasciata la scuola imparò il mestiere di sarto, che esercitò per tutta la vita.

Amava comporre poesie in dialetto abruzzese che era solito recitare nelle serate con gli amici e nei matrimoni. Trasferitosi a Napoli, riuscì a conseguire un diploma di perfezionamento in una scuola di taglio e poté conoscere e frequentare Salvatore Di Giacomo e Libero Bovio. Tornato a Guardiagrele, aprì una sartoria acquisendo nel tempo una vasta clientela.

Nel frattempo le sue poesie, sia comiche che drammatiche, gli procurarono una certa popolarità per cui spesso veniva chiamato ad esibirsi in pubblico in occasione di feste, cerimonie o riunioni conviviali. Partecipò a qualche concorso letterario ed uno lo vinse, essendo arrivato in finale con il conterraneo Cesare De Titta, prete laureato e professore di italiano.

Il suo atteggiamento di critica verso il regime fascista, mettendo in ridicolo i suoi rappresentanti locali, gli procurò sicuramente parecchi fastidi. Nel 1926 venne schedato come antifascista dal podestà del paese Guido Cristini.

Si racconta che un giorno prese le misure al podestà per un abito e gli consegnò il lavoro terminato un anno e mezzo dopo. Il podestà, provandolo, si accorse che la giacca gli stringeva sulla schiena quando faceva il saluto romano. E lui: “Ma, Signor Podestà, quando vi ho preso le misure ancora non eravate fascista”.

Nel 1933 l’editore lancianese Gino Carabba pubblicò le sue poesie in un volume intitolato Ta-pù, dal nome di uno dei suoi più noti componimenti. Nel 1934 si trasferì a Roma dove aprì una sartoria dirigendo un piccolo gruppo di artigiani ed attirando una notevole clientela. In questo periodo collaborò con l’EIAR per la rubrica radiofonica “Dieci minuti del Lavoratore” e sempre alla radio sembra abbia presentato e letto la poesia inedita Novena di Natale successivamente pubblicata con illustrazioni del pescarese Armando Cermignani dall’editore Palmerio di Guardiagrele.

Tornato nel paese natale partecipò con Luigi Polacchi alla fondazione a Pescara della Casa della Poesia, un cenacolo di intellettuali abruzzesi.

Della Porta non si sposò mai, nonostante avesse vissuto numerose storie d’amore, e morì a Guardiagrele a causa di una grave malattia polmonare, essendo stato un accanito fumatore, a 53 anni il 23 luglio 1938. Quel giorno tutti gli stabilimenti balneari di Francavilla al Mare restarono chiuso per lutto.

Poco prima di morire Modesto Della Porta aveva pronunciato queste parole: “So’ fatt’ la fin’ della pall’ allumat.” La pall’ allumat è il fuoco d’artificio che non esplode.

Nel 1954 alcuni amici del poeta fecero pubblicare delle sue poesie inedite dalla casa editrice Marchionne di Chieti. La sua cultura, più che nascere dai libri scolastici, derivava dalla conoscenza dei proverbi e delle tradizioni abruzzesi.

Non potendosi considerare propriamente un letterato nonostante il grande successo riscosso dalle sue poesie e la conseguente notorietà, non fu mai molto apprezzato dai critici letterari. Solo di recente si è iniziato ad apprezzare la sua opera e a dargli il merito di far conoscere la vita delle popolazioni abruzzesi di un tempo: una vita povera, umile e fatta di immani sacrifici.

Con le sue opere Modesto Della Porta rappresentò in chiave umoristica la realtà del suo tempo, in maniera molto spesso cruda, con la semplicità e la genuinità di un uomo del popolo, riuscendo a far riflettere sul dolore umano ma sempre servendosi dell’ironia.

“Ta-pù” è un lavoro composto nel 1920, che dà il titolo alla raccolta di poesie pubblicate dall’editore Carabba. Nell’opera Modesto Della Porta rappresenta un calzolaio, suonatore di trombone d’accompagnamento, strumento musicale presente nelle bande, il cui unico suono è, appunto, “Ta-pù”.

La melodia del trombone e della grancassa, il pianto delle prefiche, le vesti nere dei lutti e quelle sgargianti delle feste patronali, il sudore dei raccolti, la fatica delle semine e soprattutto le tradizioni locali caratterizzano i componimenti poetici di Modesto Della Porta, che più che poeta dialettale sarebbe forse meglio definire cantastorie, portatore di serenate, menestrello con la pipa e con l’amarezza nel cuore.

“Serenate a Mamma” è una delle sue più belle poesie:

O Ma’, se quacche notte mi ve ‘nmente,

ti vujje fa’ na bella ‘mpruvisate

t’aja minì a purtà na serenate

‘nche stu trombone d’accumpagnamente.

Né ride, Ma’, le sacce: lu strumente

è ruzze e chi le sone nen te fiate,

ma zitte, ca se cojje lu mumente,

capace ca l’accucchie na sunate.

Quande lu vicinate s’arisbejje,

sentenneme suna’, forse pu’ dire:

vijat’a jsse coma sta cuntente”!

Ma tu che mi cunusce nen ti sbejje:

li si ca ugne suffiate è nu suspire,

li si ca ugne mutive è nu lamente!

Presso la Villa Comunale di Guardiagrele si trova un monumento a lui dedicato, fuso dalla bottega Fratelli Ranieri e donato dai guardiesi degli Stati Uniti d’America. Secondo Antonio Picone Stella se il dialetto natio di Modesto Della Porta fosse stato il napoletano, oggi per lui ci sarebbe un posto tra Raffaele Viviani ed Eduardo e Peppino De Filippo.

Il suo nome è inserito nell’elenco degli Abruzzesi Illustri redatto dalla Regione.

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