UNA STORIA D’AMORE – Filemone e Bauci
di Raffaele Simoncini
Gli dei dell’Olimpo, non gratificati pienamente dalla loro vita beata, si divertivano spesso a presentarsi, sotto mentite spoglie, tra gli uomini, comuni mortali, per osservare il loro modo di essere e di comportarsi.
Zeus ed Ermes (dio polivalente, avendo, tra le sue attribuzioni, quelle di dio dell’inganno e del mistero) camminavano tra campagne, paesi, città, ovviamente senza avvertire alcuna fatica; amavano vestirsi da straccioni e da vecchietti sofferenti, per osservare il comportamento degli uomini e vedere chi volesse aiutarli. Nel loro peregrinare, si trovarono un giorno in Frigia, in Asia Minore, e si erano quasi convinti che nessuno volesse essere caritatevole con loro. Ma, ad un certo punto, giunsero alla misera casetta di due coniugi, molto avanti negli anni, che vivevano una vita solitaria e in armonia. Erano Filemone e Bauci, si volevano molto bene da sempre e proprio questo sentimento d’amore li portò ad essere caritatevoli. A dire il vero, essi pensavano di trovarsi veramente davanti a due miseri e poveri vecchietti come loro, quindi li accolsero in casa. Mentre mangiavano un frugale pasto, Bauci si rese conto, basita, che stava accadendo qualcosa di strano: pur mescendo abbondanti bicchieri di vino dall’inizio del pasto, l’anfora non accennava a vuotarsi. Allora, Filemone e Bauci si rivolsero, profondamente stupiti, verso Zeus ed Ermes, e i due non potettero continuare a fingere; svelarono la loro identità e le disavventure patite tra gli uomini; aggiunsero, poi, che sarebbe stata esemplare la punizione per gli indifferenti e gli avari che li avevano respinti, allo stesso modo che sarebbe risultato speciale e gratificante il dono per loro due. Zeus, allora, si fece accompagnare sulla sommità di un monte e di lì estese le sue enormi braccia (gli dei possono tutto, figuriamoci Zeus, che è il “capo” degli dei!!…) sulla città e sulla campagna intorno ad essa, e in un attimo tutto fu ricoperto da una oscura palude. Invece, nello stesso momento, apparve sulla piccola e isolata casetta di Filemone e Bauci un sole splendente e accanto ad essa un tempio con marmi bianchi e tetto d’oro. I due miseri vecchietti rimasero senza parole e pieni di stupore! Allora, il padre degli dei chiese loro cosa desiderassero in particolar modo ed essi, dopo essersi guardati negli occhi, espressero il desiderio di essere custodi di quel meraviglioso tempio, fino al momento della morte, che vollero avvenisse nello stesso giorno. E così accadde. Filemone e Bauci, malgrado l’età avanzata, vissero ancora tanti felici anni, custodi del tempio e continuando ad essere persone semplici ed oneste. A simboleggiare questa unione amorosa così profonda, il mito di Filemone e Bauci si è consolidato nel tempo, secondo questa narrazione: sereni e felici, seduti dinanzi al tempio, in un bel giorno di sole e di pace, essi cominciarono a trasformarsi in alberi frondosi e, data la loro vicinanza, i rami si intrecciarono, su fino in alto, dove il tronco si trasformava in foglie. Essi erano diventati due grandi querce, sacre a Zeus, e chi si fosse trovato a passare per quei luoghi, avrebbe potuto vedere di lontano una sola enorme quercia, con una immensa corona di fiori. La tradizione mitica della metamorfosi è arrivata, nei secoli, fino ai nostri giorni e continuerà di certo nel tempo: la simbologia della trasformazione radicale da un modo d’essere ad “altro” è stata sempre fonte di ispirazione per ogni arte e, ad un tempo, è stata ed è specchio delle singole esistenze, attraversate da mutamenti ora positivi, ora negativi. Se si volesse trarre da un mito così toccante una morale, si potrebbe dire che l’accoglienza del “diverso” è un atto di civiltà, ma, in particolar modo, un atto d’amore per il prossimo che soffre e patisce.