Riflessione di uno studente tra guerra, Covid e social

di Luca Cianfarani (Montesilvano, Liceo Scientifico “C. D’Ascanio”, 5° A)

Da un paio d’anni ogni ragazzo -indipendentemente dall’età, dalla condizione lavorativa o familiare- ha dovuto fare i conti con una realtà molto diversa da quella alla quale era abituato. Il Covid ha ridotto al minimo l’interazione umana, lasciando strascichi: molti giovani hanno perso definitivamente l’interesse nello studio, altri hanno abbandonato il proprio lavoro… per non parlare di coloro che hanno dovuto affrontare la perdita di una persona cara in maniera precoce o improvvisa. Il danno procurato dalla pandemia, però, va oltre ciò che si può riscontrare a livello statistico, e riguarda la personalità di molti ragazzi che silenziosamente hanno perso speranza nel futuro.

Ad aggravare la situazione, quando ormai sembrava che ci fossimo abituati a convivere con una nuova “normalità”, è scoppiata la guerra in Ucraina. Agli occhi dei più sembra piombata dal cielo, poiché i media negli ultimi due anni hanno parlato quasi esclusivamente del Covid, e figurarsi se sono state sollevate queste problematiche nelle scuole italiane.

L’ “operazione militare” di Putin sembra apparentemente aver sorpreso anche i leader europei che però hanno sin da subito dichiarato una posizione netta e univoca riguardo il conflitto, adottando sanzioni contro la Russia e rifornendo di armi l’Ucraina. L’opinione pubblica italiana sembra aver seguito le orme del dibattito tra vaccinati e novax: la maggior parte delle persone ha mostrato sostegno alla popolazione ucraina, mentre altri, affidandosi dogmaticamente alle analisi di coloro che vanno sistematicamente contro l’operato dei nostri politici (che, sia chiaro, di errori non ne fanno pochi), sono riusciti a trasferire il proprio disprezzo verso la ricerca scientifica a Zelensky o allo scellerato nazismo ucraino, quando prima di febbraio non avevano mai sentito parlare né dell’uno né dell’altro.

Ovviamente è insensato e deleterio scaricare tutte le colpe su una sola delle parti, in quanto anche il fronte occidentale del conflitto ha commesso degli errori e tuttora forse sbaglia strategie politiche, economiche e militari, ma tantissimi italiani sembrano non cogliere il punto concreto della situazione: l’occupazione russa in Ucraina ha consapevolmente dato il via ad uno scontro armato di larga portata che comporta la perdita di numerose vite umane, di cui gran parte sono civili innocenti e totalmente estranei ai fatti.

Tra i banchi di scuola, comunque, l’aria che si respira è la stessa che circola sui social network: quando si hanno momenti di dibattito sembra che si discuta più di pancia che con la testa, perché in pochi leggono o seguono i telegiornali con attenzione. Ciononostante, moltissimi giovani hanno aderito a iniziative di raccolta fondi o beni di prima necessità da spedire in Ucraina, e, allo stesso modo, si sono vaccinati senza troppe esitazioni (in molti casi si tratta delle stesse persone), facendo la loro parte per il bene dei meno fortunati.

Fatto sta che il prosieguo del conflitto, che sembra non lasciare spazio a una pace veloce o quantomeno senza gravi conseguenze sul futuro, rende i ragazzi ancora più insicuri e frena gli ambiziosi.

Dunque, si può dire che i giovani di oggi, nonostante spesso siano incolpati di essere pigri e incapaci, in realtà stanno crescendo in un periodo storico senza precedenti, tra social, guerre e pandemia, ed è proprio a loro che toccherà in futuro risolvere i problemi che erediteranno dalla generazione precedente, con la speranza che diminuiscano presto.

Lascia un commento