La tutela delle vittime di violenza domestica Codice rosso (parte 1)
del Dott. Dario Antonacci (Giurista e Cultore della Materia in Diritto Notarile nell’Università degli Studi di Bologna)
Il legislatore, con l’approvazione della legge del 19 luglio 2019, n. 69, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, ribattezzata “Codice rosso”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale alla serie n. 173 del 25 luglio 2019 ed entrata in vigore il 9 agosto 2019, ha inteso fornire una maggiore e più dettagliata tutela, innovando e modificando la disciplina penale, sia sostanziale che procedurale, alle vittime di violenza domestica e di genere.
Il provvedimento normativo in analisi è costituito da 21 articoli di legge che, nel loro complesso, modificano e ampliano la tutela nei confronti dei soggetti summenzionati con interventi securitari e repressivi.
La necessità e il carattere attuale del provvedimento in oggetto sono sottolineati dai numeri con i quali la norma stessa è stata approvata dal parlamento e, soprattutto, dall’assenza di voti contrari; infatti, in sede di votazione, non è emerso alcun voto contrario tanto alla Camera dei Deputati, la quale ha espresso il proprio voto in data 3 aprile 2019, quanto al Senato della Repubblica che si è espresso a riguardo il 17 luglio 2019.
In generale, il provvedimento normativo denominato “Codice rosso”, si caratterizza per alcuni punti chiave, vale a dire che, innanzitutto, viene previsto l’inserimento all’interno del Codice Penale di nuove figure delittuose. A ciò si aggiunga che, oltre ad un inasprimento delle sanzioni relativamente a determinate tipologie di reati già disciplinate dal Codice Penale, vi è una modifica delle misure cautelari e di prevenzione nonché l’accelerazione per l’avvio del procedimento penale per alcuni reati.
I primi tre articoli della norma in analisi hanno la finalità di dare un impulso maggiormente celere alle indagini e ai procedimenti giudiziari che riguardano una determinata categoria di reati.
Le fattispecie delittuose interessate dalle modifiche apportate dai primi tre articoli della legge n. 69 del 2019 sono, nello specifico, maltrattamenti contro familiari e conviventi (572 c.p.), violenza sessuale (609-bis c.p.), comprese le ipotesi aggravate (609-ter c.p.), atti sessuali con minorenne (609-quater c.p.), corruzione di minorenne (609-quinquies c.p.), violenza sessuale di gruppo (609-octies c.p.), atti persecutori (612-bis c.p.), diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, definito anche revenge porn (612-ter c.p.), lesioni personali (582 c.p.) e deformazioni dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (583-quinquies c.p.) anche se, per ciò che concerne le ultime due figure delittuose, solo con esclusivo riferimento alle ipotesi aggravate previste ai sensi delle disposizioni del codice penale sancite dagli articoli 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, n. 1, e secondo comma.
Giustappunto, l’art. 1 del provvedimento normativo de quo, interviene modificando l’art. 347, del codice di procedura penale, che disciplina l’obbligo di riferire la notizia di reato, ampliando la rosa dei reati in ordine ai quali è fatto obbligo, se commessi, di darne immediatamente notizia, anche in forma orale, al pubblico ministero.
L’art. 2 della norma, per contro, prevede che venga aggiunto il comma 1-ter, all’art. 362, del codice di procedura penale, il quale disciplina l’assunzione di informazioni. In tal senso, viene sancito l’obbligo, sempre relativamente ai reati summenzionati, eccezion fatta per il delitto previsto e punito ai sensi dell’art. 612-ter, vale a dire il revenge porn, per il pubblico ministero, di assumere informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato la denuncia querela, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, facendo salve le imprescindibili esigenze di tutela di minori eventualmente coinvolti e la riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa.
Inoltre, l’art. 3 della disposizione normativa in oggetto dispone l’aggiunta del comma 2-bis, dell’art. 370, del codice di procedura penale, disciplinante gli atti diretti e gli atti delegati. In ordine alle fattispecie delittuose di cui sopra, il legislatore dispone che, la polizia giudiziaria, è tenuta a procedere senza ritardo al compimento degli atti delegati dal pubblico ministero, oltreché, ex comma 2-ter, del medesimo articolo, a porre a disposizione del pubblico ministero stesso, senza ritardo, la documentazione delle attività svolte dalla polizia giudiziaria.
Ferme restando, dunque, la velocizzazione delle indagini e dei procedimenti giudiziari, come visto, relativi a fattispecie delittuose concernenti violenza domestica e di genere, occorre trattare le nuove figure delittuose introdotte nel codice penale dalla legge n. 69 del 2019.
In primo luogo, viene inserito, l’art. 387-bis, il quale prevede e punisce la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.) e di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare (art. 384-bis c.p.p.), con la reclusione da sei mesi a tre anni.
In secondo luogo, tramite l’introduzione dell’art. 558-bis, che disciplina la costrizione o l’induzione al matrimonio, viene punito chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile, con la reclusione da uno a cinque anni. In ordine al delitto in oggetto, inoltre, si procede anche, nel caso in cui si profitti delle condizioni di vulnerabilità, di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia. Per di più, si procede per tale delitto anche se il fatto è commesso all’estero da o in danno di un cittadino straniero o di uno straniero residente in Italia. Per di più, sono previste ipotesi aggravate, allorquando, il reato viene commesso a danno di minori.
Ulteriore fattispecie delittuosa introdotta dal Codice rosso è la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, anche conosciuta come revenge porn, disciplinata a seguito dell’introduzione dell’art. 612-ter. L’ipotesi delittuosa in oggetto, che è punita con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 5.000 a 15.000 euro, si configura allorquando un soggetto, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate. Parimenti è tenuto a rispondere del reato di revenge porn colui il quale avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta per provocare un danno agli interessati. Per contro, vengono a configurarsi le ipotesi aggravate qualora i fatti siano commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se i fatti siano commessi mediante strumenti informatici o telematici, nonché se commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Sebbene il delitto è punito a querela, da proporsi entro sei mesi, dalla persona offesa, si procede d’ufficio quando il fatto è stato commesso in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza o se il fatto è stato commesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
Infine, l’ultima figura delittuosa introdotta a seguito dell’entrata in vigore dalla legge n. 69 del 2019 è quella di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, prevista e punita ex art. 583-quinquies, del codice penale. Il delitto in analisi, che si configura allorché un soggetto cagioni ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso, è punito con la reclusione da otto a quattordici anni mentre, nel caso in cui, per effetto del reato in questione, si provoca la morte della persona offesa dal reato medesimo, la pena è l’ergastolo. (..continua..)