La Presentosa – Racconto a puntate- Parte seconda

La “presentosa”

racconto a puntate (parte 2)

di Vittorina Castellano

Il pomeriggio feci un giro in paese, lungo gli stretti vicoli, sedute davanti all’uscio di casa, stavano le donne di Scanno, intente a lavorare il tombolo o a ricamare. Chiacchieravano fra loro, le più giovani cantavano, tutte però rigorosamente agghindate nel loro costume muliebre. Erano vestite tutte allo stesso modo, sembravano fatte con lo stampino. Portavano una gonna verde scuro, fino alle caviglie, ricca e voluminosa di panno pesantemente lavorato in pieghe strettissime e ornato al bordo con una striscia di panno rosso. Mi chiedevo come facessero a stare sedute fino a tarda sera all’aperto anche con un clima rigido, più tardi appresi che quella gonna veniva confezionata con diciotto metri di stoffa e pesava quindici chili, una vera e propria corazza contro il freddo. Il corpetto, di tessuto pesante e rigido, aveva le maniche molto larghe che si restringevano in minutissime pieghe ai polsi e all’attaccatura delle spalle, e si allacciava sul davanti con un’unica fila di bottoni.
Nella svasatura del collo, era applicata una gorgiera, merletto di squisita grazia e levità lavorato al tombolo. La gonna era completata dal grembiule di lana di vari colori o di broccato nel costume festivo. Il cappellino era composto da un preziosissimo velo tessuto con fili di seta, d’argento e d’oro che le donne di Scanno portavano legato alla testa come un qualsiasi, comune fazzoletto e che era tenuto rigido con una fodera spessa e dura e ornato con una fascia di seta azzurra che ricadeva graziosamente sulle spalle. Ero l’unica donna che girava per Scanno con una semplice gonna e un maglione e nei primi giorni, al mio passaggio, mi osservavano come fossi una mosca bianca, mettevano la mano davanti alla bocca e bisbigliavano, fra i ridolini, frasi facete. Ben presto però si abituarono alla mia presenza, tutti mi salutavano con cordialità

– . Salve signorina maestra. –

Il mio esperimento didattico cominciava a dare i suoi frutti, ogni giorno i ragazzi portavano un pugno di ceci abbrustoliti per segnare le lettere estratte sulle cartelle e alla fine della tombolata li sgranocchiavano con allegria. I piccoli oltre a conoscere bene le lettere dell’alfabeto, guardando sulle cartelle del vicino di banco, iniziavano a leggere anche le sillabe e le prime parole. Ero orgogliosa della mia classe, erano tutti desiderosi di apprendere, ci divertivamo insieme. Nel pomeriggio rassettavo casa e poi mi immergevo nella lettura, uscivo di rado, non mi ero ancora abituata al clima di montagna ed era solo il mese di ottobre. Una domenica, ero intenta a scrivere una relazione sul mio esperimento didattico, sentii bussare alla porta, erano i miei allievi

  • Signorina Valentina possiamo stare un po’ con lei, ci legge un racconto.- Giovanni era il portavoce della classe.
  • Prego, accomodatevi, volentieri.-

I bimbi entrarono, ognuno aveva portato qualcosa da mangiare, il tavolo fu ricoperto di uova, salami, pane fragrante e dolci. Ci sedemmo tutti intorno al caminetto, presi un libro e iniziai a leggere. Ogni tanto passavo il libro ai più grandi

  • Continua tu –

Tutti leggevano avidamente mentre gli altri ascoltavano affascinati.

  • E’ ora di fare merenda, aiutatemi a preparare i panini.-

Mentre cuocevo la frittata i più grandi affettavano il pane e il salame e i più piccoli farcivano i panini. La piccola cucina era diventata una laboriosa e allegra comunità, si stava consolidando lo spirito di collaborazione e cresceva sempre di più il nostro rapporto di complicità. L’allegra brigata consumò il lauto pasto intorno al fuoco, scoppiettante come la gioia dei loro cuori. Questo festoso rituale si ripeteva tutti i pomeriggi, i bambini, inconsapevolmente, avevano ideato un vero e proprio doposcuola, erano desiderosi di ritrovarsi tutti insieme e di immergersi in fantastiche avventure. All’imbrunire, le mamme venivano a riprenderli. Una sera era rimasta soltanto Elena

– Signorina Valentina, posso rimanere ancora un po’, il nonno e mio padre sono andati nel bosco per le glorie, verranno più tardi a riprendermi. –

Accarezzai i suoi riccioli biondi e la strinsi a me – Piccola mia, puoi restare anche tutta la notte se vuoi.- le lessi ancora qualche pagina del libro e si addormentò sui cuscini accanto al camino. Un colpo secco alla porta mi distolse dai miei pensieri.

  • Buonasera, sono Paolo il padre di Elena – Era la prima volta che vedevo il padre della bambina, era sempre stata accompagnata dal nonno.
  • Entri pure, sono Valentina, Elena dorme – ci stringemmo la mano.
  • Mi scusi per il disturbo, ho fatto più tardi del previsto. –
  • Non si preoccupi, i bambini mi fanno compagnia, si può dire che mi riempiono la giornata, non ho molto da fare, sono sola. –
  • In paese parlano tutti di lei, le vogliono un gran bene, volevo conoscerla – Seguì un silenzio imbarazzante, sentii un forte calore alle gote.
  • Me ne sono resa conto, sono ben felici che i bambini ritornino il pomeriggio da me. – Paolo si chinò verso Elena e la baciò sulla fronte.
  • Elena non ha conosciuto la mamma, mia moglie è morta di parto. Mia suocera mi ha aiutato a crescerla.-
  • E’ una bimba serena, sempre gioiosa e desiderosa d’apprendere, la sua personalità, da quel che vedo, non sembra essere stata intaccata dal suo dramma.- Rassicurai Paolo che si chinò per prenderla in braccio
  • La lasci pure, fuori fa molto freddo, potrebbe ammalarsi, su questo letto di cuscini sta comoda, le metto su un’altra coperta, dorme così tranquilla. Piuttosto mi dica una cosa, Elena mi ha detto che tutti gli uomini del paese sono andati nel bosco per le glorie, cosa sono, dei funghi? –

Paolo sorrise, si rialzò, e mi spiegò con fierezza

  • È una nostra consuetudine, per la festa di San Martino prepariamo delle grosse cataste di legna che poi verranno accese in onore del santo, è una bella festa, vedrà, vi partecipa tutto il paese, verrà anche lei vero? –

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