La Tv: madre benigna o perfida matrigna?
La Tv: madre benigna o perfida matrigna?
di Gabriella Toritto
Della Tv misconosciuta, della Tv poco amata dalla Scuola, della Tv incontrollabile e generalizzata si è scritto molto finora.
Schiere di scrittori, docenti universitari, insegnanti, pedagogisti, psichiatri hanno detto e scritto la loro sulla Tv, ora esaltandone l’uso e la fruizione, ora condannando. Vastissima è la letteratura sui pregi e sui difetti della Tv.
Molti sostengono che la Tv sia il mezzo di comunicazione di massa meno colto, di più facile accesso e fruizione, soprattutto per le classi sociali svantaggiate, nonché la baby-sitter a cui molti genitori affidano i propri figli. La Tv viene anche accusata di indurre i bambini e i giovani alla passività e alla violenza.
Di certo si può affermare che la Tv “è partecipe dell’evoluzione in profondità dei comportamenti sociali, (…) proprio in ragione del fatto che in essa, attraverso le sue caratteristiche materiali, tecnologiche, passano nuove forme di pensiero”. La Tv ha modificato il nostro rapporto con il tempo, ha cambiato i nostri passatempi, divenendo essa stessa strumento di svago. E poiché è un media, relativamente nuovo, ha influito sul clima culturale della società odierna, soprattutto di quella occidentale.
F. Mariet sostiene che la Tv “è questione di tecnologia, di percezione, di marketing. Non di morale. Essa muta più lo sguardo che le cose guardate”
Dunque, se si riconosce alla Tv il potere di mutare lo sguardo dei suoi fruitori, forse questi ultimi, e non solo, un problema devono pur porselo.
V. Andreoli, in Giovani, descrive una gioventù confusa da un “bombardamento di immagini”; traccia il profilo di giovani dell’hic et nunc, del qui ed ora, dell’eterno presente, dell’avere, anzi del possedere, e non dell’essere; di giovani che legano la propria esistenza alle cose: se non si possiede quella cosa (si tratti dello smartphone di ultima generazione o di altro in voga) si è degli esclusi, si è dei “vinti”, si smette di esistere.
Qualcuno obietterà che le responsabilità dell’educazione dei giovani ricadano sulla famiglia e sulla scuola. Oggi, tuttavia, esistono diverse agenzie educative che influiscono sulla formazione e sulla crescita dell’infanzia e dell’adolescenza. Esse spesso entrano in conflitto con l’educazione classica di un tempo in cui un padre, una madre, una rete parentale erano in grado di “impostare” ed orientare i giovani.
Anche la Tv è a tutti gli effetti un’agenzia educativa che addirittura precede la scuola stessa, e, in quanto tale, deve porsi la questione morale. Si tratta in fondo anche di un servizio pubblico e come tale deve essere realizzato e implementato.
Quando ci si appella alla questione morale non si auspica alcuna repressione, neppure una vigilanza sospettosa e minacciosa. Non si chiede la censura. Gli addetti ai lavori, tuttavia, in primis i dirigenti delle emittenti televisive, gli stessi opinion leaders devono maturare la consapevolezza e la responsabilità del linguaggio e dei comportamenti usati, ostentati.
Già Platone nel V libro della Repubblica esortava i poeti e i commediografi del suo tempo a proporre eroi e immagini moralmente utili alla crescita degli adolescenti. Figurarsi dei bambini! Il filosofo greco sosteneva infatti con la “teoria della mimesi” la tesi dell’imitazione, per cui l’esposizione a scene di violenza, continue e gratuite, a suo avviso, potevano indurre nei bambini, nei giovani una reazione analoga per imitazione e/o per assuefazione.
Diversi studi statunitensi, già molti anni fa, sostenevano che “la presenza della televisione nelle case degli americani ha prodotto la peggiore delle epidemie di violenza giovanile che il paese abbia mai conosciuto”
Oggi, quotidianamente, anche nelle fasce orarie pomeridiane, si fruiscono immagini e linguaggi non adatti neppure a un pubblico adulto. Vi sono programmi di successo, talk show, i cui opinion leaders si esprimono e si comportano in modo diseducativo, favorendo esempi di bullismo e di turpiloquio. Questi sì che sarebbero da censurare, anzi da denunciare!