La vera bellezza

La vera bellezza
di Gabriella Toritto

Il Natale è trascorso. Anche il Capodanno. Ognuno è tornato alle proprie attività quotidiane, al proprio tran tran: casa, scuola, ufficio, negozio, spesa, etc.: tutto in una inesorabile, frenetica corsa che snerva il corpo, il cuore, la mente.
E che cosa ci è rimasto di quel Natale ormai trascorso? Della veglia, della cena, dei parenti, degli amici, della tombolata: un lontano ricordo!

Dante Gabriel Rossetti: Ancilla Domini (1849-1850, olio su tela 72×41 cm, Tate Gallery, Londra)

Che quel Natale trascorso da poco sia stata l’ennesima occasione mancata? Forse sì, se ci ritroviamo nervosi e inappagati come prima o ancora più di prima.
Qualche tempo fa in una nota trasmissione televisiva il critico d’arte Vittorio Sgarbi ebbe a dire che la religione cristiana ha prodotto la più grande bellezza artistica e che anche i musulmani devono esserne contenti poiché nella Natività del Nazareno si celebra e si rinnova la nascita dell’Uomo che ha condotto “una rivoluzione” e per cui “l’uomo non deve odiare l’altro l’uomo”.
Tornando al critico d’arte, secondo cui il Cristianesimo ha prodotto la più grande bellezza artistica di tutti i tempi, c’è da chiedersi come abbiano potuto i grandi artisti concepire e produrre cotanta bellezza! La risposta è nella Rivelazione del Verbo fattosi Carne.
Il Cristianesimo predica l’Amore e l’Amore è suprema bellezza. L’amore è Luce: la stella cometa inonda di Luce la grotta della Natività. L’Amore è dono: Dio si fa Uomo e si immola sulla Croce per salvare l’umanità.
Il professor Sgarbi sostiene che “nessuna religione ha espresso tanta bellezza come la nostra”. L’affermazione è di un grande critico d’arte che avrebbe potuto appellarsi al retaggio culturale-artistico greco-ellenistico al fine di giustificare la grande rappresentazione iconografica cristiana/cattolica. E non lo fa. Ancora: il critico d’arte, nel suo monologo sul Natale, sostiene che il Cristo, fattosi Uomo, trasforma “homo homini lupus” in “homo homini deus”, il quale, senza negare la propria identità e integrità, non arreca male ad alcuno ma accoglie e abbraccia.
Il prof. Sgarbi individua proprio nell’umanità la grandezza del Cristianesimo/Cattolicesimo (diversamente, sia nell’Ebraismo sia nell’Islamismo, Dio è troppo grande per essere rappresentato dall’uomo!).
Il Dio incommensurabile del Cristianesimo, l’Onnipotente, l’Onnisciente, l’Onnipresente è il Dio che per Amore si fa Uomo e inonda di nuova Luce, Speranza e Carità le buie cavità dell’animo umano.
È vero che la grande bellezza artistica

Raffaello Sanzio da Urbino (1483-1520): Madonna Sistina (1512-1514, olio su tela 265×196 cm)

dell’iconografia cristiana si è sviluppata in ritardo rispetto alla Chiesa delle origini, attingendo all’iconografia pagana. È pur vero, tuttavia, che ha superato di gran lunga quest’ultima, avendo come fonte di ispirazione le Verità rivelate nelle Sacre Scritture, che hanno elevato gli animi e lo spirito di quanti si sono cimentati con l’arte. Già, l’elevazione dell’anima comporta la grande vera bellezza. Non la bellezza artefatta, non quella esteticamente corretta, anzi alterata dal bisturi; non la bellezza sfacciatamente esibita, ma una bellezza inondata di Luce e di Amore.
È stata proprio tale bellezza a ispirare la “Preghiera di S. Bernardo alla Vergine” nel XXXIII Canto del Paradiso dantesco. È stata tale bellezza a rendere grandi i capolavori di Pier della Francesca, di Giotto, di Caravaggio.
I maestri greci ci hanno insegnato che ogni essere, per diverso che sia, possiede tre caratteristiche trascendentali: essere unum, verum et bonum, ossia ogni essere vanta un’unità interna che lo lega all’esistenza. Ogni essere è vero poiché ognuno è come di fatto è. Ogni essere è buono poiché adempie il proprio compito assieme agli altri suoi simili, aiutandoli a esistere e a coesistere.
Successivamente Sant’Agostino e San Bonaventura hanno aggiunto una quarta caratteristica trascendentale all’essere: pulchrum, cioè bello. San Francesco, poeta ed esteta d’eccellenza, “nel bello delle creature ha visto il Bellissimo”.
Fiodor Dostoevskij è stato un convinto estimatore della bellezza. A lui si deve in L’idiota l’espressione: “La bellezza salverà il mondo”. Attraverso le storie narrate nei suoi romanzi il romanziere russo ha spiegato che la bellezza ci porta all’amore, condiviso con il dolore. Egli ha visto la bellezza nell’anima dei personaggi più perversi. Ha descritto soggetti immersi nella più profonda e abietta disperazione. Per lui il contrario di “bello” non era “brutto” ma l’utilitarismo, il cinismo, ossia la volontà, l’intento di usare gli altri “sottraendo” loro la dignità.
Il monaco benedettino A. Grun racconta che Dostoevskij andava almeno una volta l’anno a vedere la Madonna Sistina di Raffaello Sanzio e che rimaneva in lunga contemplazione davanti a quella splendida figura. Per Dostoevskij la contemplazione della Madonna di Raffaello costituiva terapia personale. Senza di lei avrebbe disperato degli uomini e di sé stesso, davanti ai tanti problemi che vedeva. La contemplazione della Vergine da parte di Dostoevskij è molto sorprendente, dato che i suoi romanzi penetrano nelle zone più oscure e perfino perverse dell’animo umano. Nel romanzo I fratelli Karamazov il romanziere ha approfondito il tema della bellezza: un ateo, Ippolit, domanda al principe Mynski “in che modo la bellezza salverebbe il mondo?” Il principe non risponde alcunché. Si reca, invece, da un giovane di diciotto anni in agonia e rimane lì, pieno di compassione e di amore finché quello muore.
Il mondo potrà salvarsi finché ci saranno gesti come quelli del principe Mynski, che purtroppo oggi mancano!
Dostoevskij amava ripetere: “Sicuramente non possiamo vivere senza pane, ma anche esistere senza bellezza è impossibile”.
Anche Papa Francesco ha dato speciale importanza alla trasmissione della fede cristiana attraverso la via Pulchritudinis (la via della bellezza).
Ma ai nostri tempi dov’è la bellezza? Ci sono giovanissimi che si recano in discoteche, per loro anche fatali, e pagano per osannare canzoni che seminano violenza, discriminazione, volgarità e ogni tipo di oscurità, severamente condannate (le canzoni) anche dai giornalisti più anziani e navigati!
Non è forse giunto il momento di fermarsi a riflettere un po’, a discernere ciò che è bello, giusto e buono? Non è forse arrivata l’ora di raccogliersi e isolarsi un po’ dal delirio imperante?
Dunque facciamo in modo che il Natale trascorso diventi l’occasione per scandagliare il nostro cuore e riflettere sull’autentico significato, sul messaggio e sulla bellezza della Natività.

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