Sorpassiamo lo spettro: i nostri figli
di Alessandro Rinnaudo (num.Ottobre 2018)
Il viaggio nel mondo dello spettro non è facile, è un percorso tortuoso. Prima di proseguire è importante che ci soffermiamo per riflettere. Il viaggio con Voi l’ho intrapreso, partendo dalla mia esperienza personale, per sensibilizzare riguardo lo spettro non solo i lettori de Il Sorpasso, ma in particolare quelle famiglie, troppe, che si voltano dall’altra parte, che non curano i loro figli, avvolti dallo spettro.
Ma chi sono i nostri figli per noi? Cosa rappresentano? Parte tutto da qui, dalle risposte a queste domande, che possono apparire banali. Ognuno in cuor suo ha le sue risposte, giuste o sbagliate (ma poi chi può dire quali sono quelle giuste o quelle sbagliate?), semplici o complesse, ma sono le sue risposte. Quelle risposte però determinano o no la presa di coscienza verso una problematica invalidante come lo spettro.
Prima di avventurarmi in qualche ipotesi, Vi dirò le mie risposte, riguardo i miei figli, visto che ne ho due, che prescindono dal fatto che mio figlio stia combattendo contro lo spettro. Il mio caso è un po’ particolare, ho sempre desiderato diventare padre, lo consideravo (oggi ancora di più), il giusto completamento della mia vita di uomo. Sentivo di voler dare il mio amore, oltre che a mia moglie, a qualcuno che rappresentasse la sintesi delle nostre vite, ma che nel contempo fosse un soggetto autonomo, come giusto che sia, protagonista della propria esistenza.
Per tanti anni ho desiderato la paternità senza successo, con tutto quello che ne deriva, ma qui poi dovremmo inoltrarci nel mondo delle coppie che non riescono ad avere figli, magari in un altro viaggio che faremo insieme. Quando la speranza era ormai più che al lumicino, la mia vita si è arricchita della nascita di mio figlio, maschio, il primo e desiderato figlio. Un dono meraviglio del Cielo, per il quale non smetterò mai di ringraziare il Signore.
Dopo oltre due anni dalla nascita del primogenito, forse perché sono stato “bravo” e paziente, o perché doveva andare così, è arrivata mia figlia. Fantastico, un altro dono meraviglioso. Destino beffardo o progetto divino, vuole che il mio bimbo, il mio guerriero, il mio amore stupendo, debba combattere contro lo spettro. Cavolo, direte voi, tutta quest’attesa, questa sofferenza, questo desiderio, per poi avere un figlio “handicappato” (mamma mia che brutto termine, l’ho usato solo per dare un’immagine forte).
Il mio bimbo è sano, cresce benissimo, è bello come il sole, allegro, felice ed è l’amore di sua mamma, mio e di tutti coloro che lo amano. Quando abbiamo appreso del suo arrivo, ci siamo interrogati molto, io e mia moglie, in particolare riguardo la necessità di uno screening prenatale, sul fare o no l’amniocentesi per conoscere il rischio da sindrome di Down. La nostra decisione, della quale non ci siamo mai pentiti, fu di accettare il dono così com’era, anche se fosse affetto da tale sindrome, trisomia 21. Figuriamoci se oggi, che combatto contro lo spettro, posso sentirmi meno determinato.
Non ho un figlio diverso, anormale, o chissà cos’altro. Ho un dono meraviglioso, sano, che vive la sua vita, combattendo contro lo spettro. Ed io combatto con lui, facendogli vivere una buona vita, dandogli tutti gli strumenti che posso per combattere e per vivere al meglio la sua vita. Non mi curo degli sguardi di pietà o delle dichiarazioni dispiaciute di qualcuno. So bene che incontro ed incontrerò anche sguardi schifati, di qualcuno che vede mio figlio come un bambino “scemo” “anormale” “malato psichico”. Ho messo in conto di ricevere rifiuti alle sue feste di compleanno e di dover contrastare il razzismo infantile, che purtroppo a volte è insito nell’età scolare dei bambini, se non educati nell’accettazione del diverso.
Tutto ciò non mi piega, così come non mi piega lo spettro. Con questa determinazione ma soprattutto con l’amore, vivo i miei figli. Loro non sono le mie appendici, non devono incarnare le mie aspirazioni, magari quelle incompiute, non dovranno colmare i miei insuccessi. Sono persone che dovranno vivere la loro vita in piena autonomia e che mi auguro lo riescano a fare nel migliore dei modi. Da parte mia devo dar loro i migliori strumenti per vivere e per formarsi, dal punto di vista dell’educazione e della scolarizzazione. Poi mi dovrò fare da parte, perché dovranno spiccare il volo. Li continuerò ad amare, a sostenere, magari dando consigli non richiesti.
Nel caso del mio bimbo lo spero con tutto il cuore di farmi da parte il prima possibile, in modo che possa distendere le ali e spiccare il suo volo, fuori dallo spettro. Non voglio dare lezioni a nessuno, porto la mia esperienza di vita.
È importante però che chi si vergogna di avere un figlio con problematiche da spettro autistico o altre problematiche invalidanti, cambi registro. È vostro figlio, la vostra creatura, il dono più grande che la vita possa dare. Non esiste spettro che possa mettere in dubbio la grandezza del dono di un figlio. Non ci si può e non ci si deve vergognare delle problematiche di un figlio, perché magari la gente parla, sparla, perché magari sogniamo che diventi un calciatore famoso, un capitano di industria o chissà chi. Se vi vergognate, se vi girate dall’altra parte, se non avete ben presente che i figli sono doni ma non cloni, lo spettro, e non solo lui, ha già vinto ed ha avvolto anche voi. Mettete via i pensieri banali, le chiacchiere della gente, le vostre aspirazioni.
Mettete l’amore al centro della vita, vedrete tutto con occhi diversi, darete linfa vitale ai vostri figli per combattere lo spettro. I figli non sono nostri, ma sono di loro stessi, non sono trofei, ma sono la vittoria della vita, l’incarnazione della vita. Sorpassiamo lo spettro, usciamo dal guscio. Alla prossima tappa del viaggio.