Dott.ssa Donatella Di Pietrantonio: ORGOGLIO ABRUZZESE
di Raffaele Simoncini
Donatella Di Pietrantonio (dottoressa che svolge la sua professione di odontoiatra pediatrica a Penne, sua città di residenza) ha vinto, a Venezia, il Premio Campiello per il 2017, con il suo romanzo L’arminuta, termine dialettale che significa La restituita o La ritornata. Il Campiello, istituito nel 1962 dagli industriali veneti, premia il romanzo che, pubblicato nell’anno in corso e già in vendita nelle librerie, viene scelto da una giuria del tutto particolare, composta da trecento (300) lettori anonimi, individuati in classi sociali di varia origine, di diversa cultura, di diversa professione e posizione sociale. Dunque, una giuria che, contrariamente ad altri premi, ha critici letterari che hanno l’unico compito di individuare e proporre ai lettori anonimi una rosa di cinque libri. A volte, le indicazioni dei critici, rese pubbliche e in qualche modo orientate verso il probabile libro vincente, vengono clamorosamente smentite dalla giuria dei lettori anonimi. Così è accaduto quest’anno, perché il romanzo L’arminuta non sembrava essere quello favorito per la giuria tecnica, presieduta dall’attrice Ottavia Piccolo. E, invece, il romanzo della dottoressa Donatella Di Pietrantonio ha stravinto, ottenendo ben 133 voti, sulle 282 schede riconsegnate dai lettori anonimi (la cui identità viene svelata solo la sera della consegna dei premi). Per noi abruzzesi è un risultato eccezionale e deve farci sentire orgogliosi, sia perché i tre romanzi della dottoressa Donatella Di Pietrantonio sono ambientati tutti nelle nostre terre d’Abruzzo, sia perché, negli anni passati, hanno vinto il premio Campiello autori, tra gli altri, come Primo Levi, Ignazio Silone, Giorgio Bassani, Mario Rigoni Stern, Dacia Maraini, Maurizio Tabucchi, Ermanno Rea, Margaret Mazzantini. I libri da lei pubblicati sono: Mia madre è un fiume (2011), che ha vinto la quarta edizione del premio letterario Tropea, Bella mia (2013), romanzo con il quale ha partecipato, nel 2014, alla selezione del premio letterario Strega, e L’arminuta (2017).
Ho avuto l’opportunità e il piacere di intrattenermi telefonicamente, per breve tempo, con la dott.ssa Donatella Di Pietrantonio, alla quale è stato assegnato il premio Campiello, solo qualche giorno addietro, per il suo romanzo L’arminuta, edito da Einaudi. Trascrivo il contenuto della nostra conversazione, premettendo che domande e risposte derivano da appunti da me presi e non totalmente rispondenti alle precise parole della dottoressa Di Pietrantonio. Le chiedo scusa per questo e tenterò di essere il più possibile fedele al senso e al significato del nostro dialogo.
D. Dottoressa Di Pietrantonio, Lei mostra di avere una sorta di filo conduttore che attraversa i suoi tre romanzi: un trauma esistenziale che solo superficialmente sembra risolversi nei personaggi principali delle sue storie. Questa è, a suo avviso, una interpretazione forzata?
R. No. Ritengo che non sia una forzatura. Ne L’arminuta la ragazza protagonista viene riconsegnata alla sua famiglia biologica e il trauma non è facilmente superabile. I segni indelebili di questa drammatica vicenda la protagonista se li porta dietro anche nell’età adulta. Lei, ormai trentenne, confessa di non riuscire a dormire.
D. Nel suo romanzo ambientato nella Aquila post-terremoto, la protagonista vive una “colpa” che sembra venir rafforzata dalla presenza inquietante del nipote. Il tema della difficoltà del vivere non ha e non può avere esiti positivi?
R. Purtroppo, nell’esistenza di ciascuno di noi vi è una costante: nulla viene dimenticato e i segni delle esperienze passate restano. Nella protagonista di Bella mia c’è un tentativo di elaborazione, ma con il trauma del terremoto bisogna imparare a convivere e ciò non è semplice.
D. L’Arminuta disegna, in modo asciutto, essenziale, una sorta di violento ingresso della fragile protagonista nell’età adulta. Una tale storia è realistica e presente nell’Abruzzo di qualche decennio addietro. Lei ritiene che questa ragazza possa essere un significativo simbolo dell’evoluzione giovanile, in una società in rapida evoluzione verso il nostro presente?
R. Si possono trovare casi comuni, elementi nella formazione che si ripetono, ad esempio la rabbia, la ribellione: ma quella de L’arminuta è una storia sui generis. La ragazza viene rinviata alla sua famiglia originaria e ciò rappresenta un tratto che si distacca dalle esperienze della gioventù attuale. Lei viene abbandonata due volte, quando i genitori adottivi decidono la restituzione, e vive un’esperienza certamente differente, rispetto alle adozioni attuali; queste sono previste per legge e le disposizioni sono rigidamente regolate, quella de L’arminuta non ha regole giuridiche, ma solo un passaggio di “consegne” dalla famiglia da lei considerata propria a quella della famiglia originaria.
D. A proposito di questo fenomeno dell’adozione per così dire non scritta, ma dettata quasi sempre dalla necessità e dalla volontà di sottrarre il minore a una vita di stenti, non Le sembra che sia un tratto caratteristico del nostro Abruzzo del passato?
R. Certamente ci sono stati nel nostro Abruzzo più casi di tal tipo, ma questa forma di adozione era una pratica comune in tutta Italia: storie simili si rintracciano dal Piemonte alla Puglia, e sono pratiche con un valore tipicamente antropologico. Esse tendono a salvaguardare il nucleo originario della famiglia.
D. Nei suoi romanzi i protagonisti sono sempre femminili e si ripropone la costante del rapporto madre-figlia. Lei pensa di riproporre, nei suoi prossimi scritti, ancora donne protagoniste?
R. Il rapporto madre-figlia è il nucleo essenziale della famiglia e il mio tentativo è quello di salvaguardare questo nucleo originario: è un rapporto problematico, complesso, ma decisivo. Nella mia scrittura le figure ruotano intorno a questo rapporto ma risultano decentrate, non sono le più importanti.
D. Lei pensa che un riconoscimento così significativo, come la recentissima assegnazione del Premio Campiello al suo romanzo L’arminuta, possa portarla, a breve, a lasciare o a mettere in disparte il suo Abruzzo, per tentare nuovi percorsi narrativi?
R. No. Al momento non so quale possa essere l’ambientazione di nuovi miei scritti. Non è un intento programmatico lasciare o togliere il mio Abruzzo dai miei scritti. E’ mia abitudine cercare, creare personaggi e caratterizzarli: l’ambientazione è un passaggio successivo. Finora, i miei personaggi si sono inseriti bene nell’Abruzzo e sono stati una riuscita ambientazione narrativa.
Ringrazio ancora una volta la dott.ssa Donatella Di Pietrantonio per la sua gentile disponibilità, nell’attesa di poter leggere, con piacere e attenzione, il suo prossimo romanzo.