CON E SENZA (2)

di Emilio Pirraglia

Episodio due – Dove vai

Scosse la testa. Inserì la marcia e fece inversione. Rimase in silenzio non sapendo bene cosa pensare. L’animale seduto accanto a lui se ne stava a guardare la strada, con gli occhi fissi, neri.

«Non ci posso credere.» Esordì Alex ad un certo punto, come a seguito di una lunga riflessione interna. «Sono diventato pazzo. Chi se lo aspettava? Non mi drogo, bevo poco e non fumo. Faccio una vita normale. Quando vado al supermercato compro sempre prodotti di qualità, verdura di stagione, carne italiana. Ora me ne sto qui a parlare con un animale mai visto sulla faccia della terra.»  Scosse la testa sconsolato, continuando a tenere d’occhio la strada.

«Alex ti ho già detto che non sono un animale.» Ribatté l’essere seduto sul sedile passeggeri. «Sono la tua coscienza e se ho questa forma è per merito tuo.» Concluse con tono spazientito.

L’uomo sembrò non dargli neanche ascolto. Se ne stava curvo sul volante, come se avesse avuto un macigno sulla schiena. Il viaggio continuò nel silenzio, rotto solo dal motore dell’auto.

Parcheggiò la macchina sotto casa. Salì le scale fino al terzo piano, raggiungendo il suo appartamento. Girò la chiave nella toppa, ma prima di aprire la porta si fermò di colpo. Si voltò di scatto verso il suo nuovo compagno, che lo seguiva passo passo. «In casa c’è il cane. Potrebbe aggredirti non conoscendoti.»

L’animale misto formichiere-elefantino scosse la testa rassegnato. «Essendo io la tua coscienza, il tuo cane già mi conosce, puoi stare tranquillo.»

L’uomo scrollò le spalle e inarcò le labbra, finalmente aprì la porta di casa. Il cane, come da copione, gli saltò con le zampe al petto scodinzolando. Era un animale di grossa taglia, sul marrone chiaro, maschio, castrato. «Ehi Bricco!» Alex lo accarezzò ed entrò, lasciandolo cadere con le zampe anteriori sul pavimento in parquet. Anche la coscienza entrò in casa, spingendo la porta con una delle zampe per chiuderla. Bricco guardò l’essere, si avvicinò e gli leccò il muso. Quel coso fece finta di niente, si diresse al divano e vi si accovacciò sopra. Il padrone di casa guardò la scena con la fronte aggottata, si diresse al frigorifero e ne tirò fuori un una bottiglia di birra. Si sedette anche lui al divano, il cane andò a sdraiarsi ai suoi piedi. «Quindi tu saresti uscito dal mio corpo?» Chiese stappando la bottiglia verdognola. «Ossia io adesso non avrei più una coscienza interna.» Concluse indicando l’animale con la bocca della birra.

«Vedo che inizi a capire.» Annuì l’essere. «Da ora, se ti starò lontano, i tuoi pensieri e le tue azioni non saranno guidate dalla tua coscienza, cioè io.»

Il suono del cellulare interruppe la conversazione. Alex lo estrasse veloce dalla tasca e rispose con voce forzatamente allegra. «Ciao Michele, che sorpresa, tutto a posto?»

Dall’altro capo una voce affranta. «Ciao Alex, mica tanto. Ti ho chiamato per chiederti un favore. Sei impegnato?» L’uomo aggrottò le sopracciglia. «No no, figurati. Dimmi tutto.»

Michele sospirò. Il classico sospiro prima di uno sfogo. «Non so da dove iniziare. Ti chiedo scusa che è venerdì sera, ma volevo chiederti se potevi passare da me, non so con chi parlare. Sarà un secolo che non ci sentiamo e forse non lo sai, ma Angela se n’è andata; così, all’improvviso. Mi ha mollato da un giorno all’altro e io non ce la faccio più. Ho bisogno di parlare con qualcuno. Ho perso i contatti con tutti ormai, ho pensato di chiamarti perché so che su di te ci si può contare.»

Alex deglutì, preso alla sprovvista. «Frena Michele. Non sapevo niente di tutta questa storia.» Si affrettò a riprendere. «Avevo sempre immaginato che tu e Angela non vi sareste mai lasciati. Non vi staccava nessuno.»

Dall’altro capo qualche attimo di silenzio. «Mi farebbe piacere parlarne a quattrocchi qui da me. Oggi è passata a casa dopo tanto tempo e mi ha fatto una scenata, stanca delle mie suppliche per tornare insieme. Mi ha detto che c’entravi anche tu. Sono giorni che non vedo una faccia amica. Sto qui al balcone a fumare come un turco e mi viene voglia di farla finita. Poi spiegarmi che succede? Tu che cosa c’entri in questa storia?» La voce gli si era alterata.

L’uomo rimase a bocca aperta a quella domanda, guardò la sua coscienza, che se ne stava imperturbabile sul divano ad osservarlo. «Michele non so di cosa stai parlando. Metto la giacca e arrivo, non fare stupidaggini.»

Si rimise il cellulare in tasca. Ancora non si era tolto neanche la giacca. Si alzò dal divano, prese un paio di birre dal frigo e le infilò in un sacchetto di plastica. «Ragazzi vi abbandono.» Disse rivolgendosi ai suoi animali. La coscienza gli chiese: «Mi lasci qui a casa?»

L’uomo guardò l’essere come se non avesse capito la domanda. «Ho fretta, resta qui. Finiamo dopo il nostro discorso.»

«Accendo la tv ok?» Gli gridò l’essere mentre l’uomo apriva la porta dell’appartamento.

Alex lo guardò ancora. «Fa come vuoi.» Si affrettò ad uscire richiudendosi dietro l’uscio. Corse giù lungo le scale per tutti e tre i piani, uscì dal palazzo e raggiunse l’auto. Mise in moto e si portò sulla strada, leggermente bagnata dalla pioggia. Squillò di nuovo il cellulare. Era Antony stavolta. “Vuole di sicuro uscire.” Pensò. Fu tentato di non rispondere, poi accostò di nuovo il veicolo e prese la chiamata. «Ehi Antony, tutto bene?»

«Sei in giro?» Chiese di rimando l’amico.

«Veramente sono appena salito in macchina. Tu che fai?»

«Ti chiamo per proporti una birra al pub inglese nuovo, dicono che sia ben frequentato. Una cosetta tranquilla. Mica hai da fare?»

«Ehm veramente mi ha chiamato Michele.» Rispose titubante Alex.

«Chii?» Chiese sorpreso Antony, facendo finta di non aver capito. «Quello che da quando si è sposato ha fatto perdere le sue tracce?»

«Si proprio lui. Comunque niente di che. Dimmi dove sta questo pub che ti raggiungo subito.»

Fine episodio due

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