Bicicletta e salute ( maggio 2017 )


di Marco Tabellione

Che ci siano delle conquiste, delle evoluzioni in fatto di civiltà e vita comune, dalle quali non è più possibile tornare indietro, è sicuramente una delle condizioni che fanno ben sperare per le nostre comunità. In effetti sembra evidente che la cultura ecologica, e nel suo ambito la cultura della bicicletta, stanno prendendo sempre più piede, non solo come occasioni di svago e relax, ma addirittura come espedienti per risolvere drammatici problemi, primo fra tutti quello dell’inquinamento urbano. Tuttavia se la cultura della bicicletta è penetrata negli orizzonti valoriali della società contemporanea, la traduzione in termini pratici di questo valore è ancora di là da venire. Nelle nostre città, e Montesilvano non fa eccezione, si usa ancora massicciamente l’automobile, e spesso con un solo passeggero a bordo. La bicicletta certo è tenuta presente e utilizzata, ma non tanto per la mobilità quotidiana, quanto per lo svago e lo sport, e per questo non riesce ancora a incidere sulle abitudini dei cittadini, con conseguenze disastrose per l’inquinamento urbano che continua a crescere, mettendo a rischio la salute dei cittadini.

Naturalmente non è solo responsabilità dei cittadini, perché la rete delle piste ciclabili è ancora limitata alla fascia costiera, e forse l’unica pista ciclabile è quella della riviera, che ha uno scopo unicamente turistico. In effetti essa si lega al vasto progetto “Bike to coast”, che ha come obiettivo quello di dotare l’intera costa abruzzese di una pista continua. Un progetto indubbiamente encomiabile che dovrebbe tra l’altro incoraggiare l’attraversamento della regione in bicicletta. Tuttavia quasi tutti, politici compresi, sono concordi nel sostenere che la pista della riviera va integrata con le cosiddette piste a pettine, che dovrebbero collegare con l’interno. E ciò non solo per permettere a eventuali cicloturisti di scoprire anche il patrimonio dell’Abruzzo collinare e montano (da un punto vista monumentale e paesaggistico forse anche più interessante della riviera) ma anche andare poi a determinare quel cambiamento nella mobilità urbana, che ci si auspica ormai da tutte le parti.

Dunque le difficoltà per quanto riguarda la diffusione della cultura della bicicletta nel nostro comune sono di due aspetti. Da un lato esse riguardano le infrastrutture, ma è evidente che da questo punto di vista le amministrazioni stanno facendo degli sforzi per dotare le città di adeguate piste ciclabili o ciclovie, e questo sta accadendo anche a Montesilvano. L’altro tipo di problema riguarda poi l’educazione del cittadino, vale a dire l’acquisizione di una cultura diversa della mobilità da parte degli abitanti, che dovrebbe condurre ad una vera e propria rivoluzione delle abitudini. Giungere cioè a fare in modo che il numero di coloro che si spostano in bicicletta superi quello di coloro che continua a prendere l’automobile. Questo superamento non è un’utopia; quello che è importante è riuscire a raggiungere la cosiddetta massa critica, cioè un numero sufficiente di cittadini volenterosi che cambino stile di vita, in questo caso di mobilità, per giungere a influenzare culturalmente anche gli altri. Come spiega il filosofo Umberto Galimberti la quantità è in grado di influenzare la qualità, ad un certo punto raggiunta una soglia critica un cambiamento di quantità si traduce in un cambiamento di qualità. Questo avviene sia in senso negativo che positivo. In particolare l’esempio del filosofo riguardava il consumismo: egli faceva notare che l’acquisto famelico di beni e prodotti sotto una determinata quantità può anche essere tollerato, ma se si supera appunto la massa critica cioè un certo di numero di prodotti ed un certo numero di famelici acquirenti, si finisce per determinare dei cambiamenti non solo sulle quantità ma anche sulla qualità della vita. Ora questa analisi può essere ribaltata in senso positivo, perché potrebbe dimostrare che se si riesce ad avere un numero congruo di utilizzatori della bicicletta come alternativa all’automobile, il cambiamento qualitativo che comunque si verrebbe a determinare darebbe vita a evidenti risultati positivi (miglioramento dell’aria, diminuzione del carico di aggressività nelle relazioni umane, diminuzione degli incidenti d’auto ecc.); tali cambiamenti qualitativi darebbero vita ad un circolo virtuoso, perché si verrebbe ad avere una sorta di imitazione collettiva, potremmo chiamarla una moda salutare. Però per far ciò occorre giungere alla soglia critica, a quel numero di cittadini volenterosi capaci di cambiare il proprio modo di muoversi e farlo cambiare al resto della società.