La natura come bene spirituale
di Marco Tabellione
La distruzione di una buona parte della pineta dannunziana dovuta all’incendio di inizio agosto, ha non solo portato l’opinione pubblica a concentrarsi sulla tragedia degli incendi boschivi che avvengono d’estate, ma ha messo ancora in più in luce quanto sia importante la presenza naturale in una città, e soprattutto la presenza degli alberi. Non viene mai detto abbastanza, ma la nostra vita dipende dalla vita degli alberi. E questo non è tutto: la convivenza con gli alberi contribuisce alla vita spirituale delle persone. Da un lato dipendiamo dall’albero per motivi fisici e biologici; si è capito ad esempio che laddove vi sono alberi la vita dell’uomo è qualitativamente migliore, ma è migliore (ed è l’altro lato) non solo da un punto di vista della salute fisica, ma anche perché gli alberi acuiscono il sentimento spirituale dell’uomo, e rappresentano un ponte verso la dimensione metafisica. La contemplazione di un bosco o anche di un solo albero, infatti, pone l’uomo di fronte a un paesaggio non antropico, un paesaggio che non dipende direttamente dalla mano dell’uomo, è altro da lui, e può aiutarlo a concepire la vita non soltanto sotto il profilo materialistico e utilitaristico.
Abbiamo bisogno della natura e degli alberi non solo per vederci consentito il respiro, l’azione basilare della vita dopo quella del battito del cuore, ma anche per un approccio al senso del sacro, per ricordarci da dove veniamo e cosa siamo. L’albero costituisce il ponte più diretto con la natura, considerata come dimensione onnicomprensiva del creato che non dipende dall’uomo, anzi da cui l’uomo dipende. In un certo senso si può dire che l’albero svolge per l’uomo una funzione di ridimensionamento, di ritorno ai limiti, di visualizzazione da parte degli uomini, mediante la dimensione della contemplazione disinteressata, della nostra parte naturale e dunque più umana.
Lo shock che la città di Pescara, e non solo, ha subito con l’incendio della pineta dannunziana si spiega anche alla luce delle considerazioni appena espresse, e ciò nel momento in cui la pineta non rappresenta solo un patrimonio culturale e naturale, ma evidenzia anche tratti spirituali se non religiosi in cui la città si è sempre identificata. La riserva dannunziana è il luogo del ritrovo domenicale, del footing, del picnic, è il bosco in cui rilassarsi e riposarsi, in cui ritemprarsi, ed è una spina nel fianco degli abruzzesi l’attacco condotto alla sua integrità. Ma la pineta assume tali significati proprio perché essa dà vita ad una sorta di cattedrale naturale in cui rifugiarsi, e riallacciare il rapporto con sé stessi, con dimensioni più profonde, in ultima istanza con Dio.
Certo in molti, osservando un bosco, continuano ancora a pensare in termini utilitaristici, a vedervi legname da ardere o per costruzione, oppure terreni da destinarsi, una volta abbattuti gli alberi, a coltivazioni intensive, se non a nuove costruzioni edilizie. Ma adesso che, in questi decenni di inizio millennio nei quali la diffusione degli spazi antropizzati nel mondo è diventata quasi totale – se si fa eccezione dell’Antartide che comunque già è in fase di colonizzazione – si può dire che solo gli alberi possono salvarci, solo essi possono ricondurci nell’alveo di una vita dignitosa perché in equilibrio con la natura.
La speranza è che Pescara torni presto a poter contare sulla propria pineta, e che essa, la pineta, possa aiutarci sempre di più a capire che gli alberi e il verde, benché economicamente in apparenza non fruttuosi, se non nelle forme del turismo, sono in realtà fondamentali per la nostra vita, sono più necessari di qualsiasi business economico e finanziario. Solo nella misura in cui potremo capire il nostro legame indissolubile con la natura e con i suoi testimoni primi che sono gli alberi, saremo capaci di immaginare un futuro per la nostra civiltà, e ciò vuol dire che solo una revisione dell’idea di urbanizzazione, quella in vigore oggi, potrà salvarci, un’idea che tenga presente la forza vitale degli alberi, un’idea che sia capace di favorire una sempre maggiore presenza degli alberi nelle nostre città. Prima di allora, però, speriamo almeno di poter riavere la nostra pineta, isola di purezza e vita sana.