Nerino e Bubo, il gufo reale (favola)
di Gabriella Toritto
C’erano una volta tanti gatti, tutti diversi e sparsi per la campagna. Ognuno aveva la sua famigliola e viveva in grande solitudine.
La campagna era triste e silenziosa, soffriva perché i suoi abitanti si amavano poco. Si amavano poco forse perché erano tutti così diversi!
C’erano i gatti Rossini, c’erano i Nerini, c’erano anche gli Albini e gli Arancini. Si conoscevano a mala pena e se si incontravano accennavano un fioco “Miao! Miao!”, quasi da non riuscire a sentirsi. I piccoli di gatto invece si facevano le fusa e avrebbero volentieri giocato attraverso i prati in fiore. Era infatti primavera e le belle giornate e i ruscelli, pieni di neve sciolta, invitavano alla vita. Papà e mamma gatto però non volevano che i loro cuccioli avvicinassero quelli dei vicini. Si raccontava, infatti, che in un tempo molto lontano un gattino di nome Bluino fosse sparito nel nulla. Inutili le ricerche: di Bluino non si seppe più nulla. Così i gatti avevano proprio un gran terrore a lasciare incustoditi i propri piccoli.
Un mattino, mentre papà e mamma gatto dei Rossini e dei Nerini facevano la spesa, i gattini iniziarono a giocare, quindi a nascondersi per poi rincorrersi nei campi fino ad allontanarsi.
“Nerinoooooo!!!”, “Nerinaaa …!!” – gridavano papà e mamma Nerini, sperando di riabbracciare subito i loro piccoli.
“Rossinaaaa!!!”, “Rossinoo …! “– dicevano a gran voce i genitori Rossini, fiduciosi di trovare i propri cuccioli fra le bancarelle del mercato! Così non fu.
Anche i gattini avrebbero voluto tornare dai genitori ma avevano perso la strada e non sapevano più che cosa fare.
Nerino, il più grande dei quattro, studioso e diligente, sapeva tante cose e si sentì responsabile dell’accaduto. Tra sé e sé rifletté che avrebbe fatto l’impossibile per riportare i gattini sani e salvi a casa.
Intanto le due famiglie solidarizzarono e chiesero aiuto ai vicini per ritrovare i figli.
I gatti Rossini pensavano: ”I Nerini sono gatti attenti ed assai educati!” I Nerini, a loro volta, dichiaravano: “La famiglia Rossini è tanto a modo!” Anche gli Arancini e gli Albini, venuti a conoscenza del fatto, manifestarono partecipazione e offrirono ogni collaborazione.
Papà Rossini, amareggiato, addolorato, confidò: “Dovevano sparire quattro gattini affinché noi adulti parlassimo e ci guardassimo negli occhi? Se i nostri figli avessero avuto tempi e spazi per giocare non sarebbero scomparsi!”
Cammin facendo i quattro gattini attraversarono l’aperta campagna fino ad arrivare al limite del bosco. Faceva buio e le ombre della notte ormai avvolgevano la natura. Rossina, stanca di tanto cammino ed affamata, iniziò a piangere. Lacrime tonde, tonde solcavano il paffuto musetto. “Voglio tornare a casa. Voglio la mia mamma! Ho paura del buio. Mammina, mammina!” – così diceva fra un singhiozzo e l’altro. Nerina l’abbracciò, la tenne stretta a sé e provò a consolarla, cantando filastrocche:
“Mi, ma, me,
tutto questo tocca a me.
Dillo pure alla Regina
che lo dice al suo Re.
Mi, ma, me,
vai lì e pensa a me.
Dillo pure alla mammina
che lo dice alla nonnina.
Se tu questo farai, grande diventerai.”
Intervenne Nerino che richiamò l’attenzione di tutti: “Miei piccoli, mi spiace vedervi così rattristati. Questa notte dovremo dormire sotto le stelle. Ma state pur certi che domani torneremo nelle nostre case.” E, scorgendo un grande olmo sul limitare del bosco, lo indicò come rifugio sicuro.
Avevano già trovato un’accettabile sistemazione sulla tenera erbetta ai piedi dell’albero, quando Nerino si accorse che due grandi fari gialli erano puntati su di loro. Alzò il capo e intravide fra i rami un austero gufo che li scrutava guardingo. “Oh, Signor Gufo, buonasera!” – disse Nerino – “Chiediamo scusa per tanto disturbo, ma abbiamo perso la strada di casa e ora è buio, né sappiamo dove andare. La prego” – continuò Nerino – “ci offra ospitalità, solo per questa notte! Domattina, di buon’ora, andremo via e non saremo più d’incomodo”. Il gufo rispose: “Mio piccolo, caro gattino, nessun fastidio arrechi tu con i tuoi compagni a me e ai miei compagni. Mi chiamo Bubo e sono il gufo reale del bosco. Si dice che io sia poco socievole, ma sono solo dicerie. Te lo dimostrerò. Voglio, tuttavia, avvertirti che non è prudente sostare ai piedi dell’olmo. Da queste parti, nel bosco, di notte fonda, girano strani bifolchi con uncini e coltelli. Sarebbe assennato se voi vi arrampicaste sui rami.” Nerino aggiunse: “Grazie, Signor Gufo, lei sì che è molto gentile! Io e mia sorella siamo capaci di saltare fra i rami, ma Rossina e Rossino sono ancora troppo piccoli, non hanno equilibrio.” Bubo, il gufo reale del bosco, rimase po’ perplesso e pensieroso e, prima di dare una risposta saggia e onesta, rifletté a lungo: “Ci sarebbe un modo per farvi tornare a casa prima che faccia più buio! E’ rischioso. Dovrei pertanto consultare i miei amici barbagianni, nonché un vecchio inquilino dell’olmo.”
Detto fatto, iniziò a bubolare e in poco tempo una nuvola oscura di barbagianni accorse a stormo. Erano tanti, tutti richiamati da Bubo, il gufo reale.
Si appollaiarono sui rami e diedero inizio a un intenso e vivace chiacchiericcio. Frattanto dal tronco dell’albero provenivano strani rumori. Sembravano colpi, graffi e un acceso e selvaggio miagolio. All’improvviso da una cavità saltò fuori un gatto vecchio e malandato, abbrutito da una realtà selvatica e ostile. Il suo pelo era scarduffato e ispido. Era color blu notte, reso ancor più notte dall’incuria e dall’asprezza del luogo. Inarcò la schiena, si stirò e arruffò il pelo alla vista dei gattini che indietreggiarono per il timore che incuteva. Gatto Blunotte rimase inerme come se attendesse qualcosa.
Il bubolare dei barbagianni improvvisamente cessò e Bubo, il gufo reale, volò verso i gattini. Si rivolse a Nerino e lo informò: “Mio caro, il Consiglio dei Barbagianni ha deciso per voi! Prima che faccia notte fonda vi guideremo verso casa. I nostri occhi illumineranno la radura, sicché possiate vedere come se fosse giorno. Ci scorterà Gatto Blunotte, che da tempo è nostro fidato alleato. Sfodererà i suoi temibili artigli, se non bastassero i nostri, contro chiunque volesse attaccarci!” Nerino ringraziò e immaginò la felicità dei genitori nel vederli di nuovo in famiglia.
Intrapresero il ritorno a casa. Guidava il viaggio Gatto Blunotte, il quale raccontò a Nerino la sua terribile disavventura, la solitudine provata, la sofferenza quando, un tempo lontano, ancora piccolo, si perse per la sconfinata campagna finché non incontrò il saggio Bubo.
Procedevano insieme, seguiti da Nerina, Rossina e Rossino, avvolti da un nugolo di barbagianni, a cui si unirono tante leggiadre lucciole. Tutti insieme illuminarono la notte e i piccoli di gatto poterono tornare a casa e riabbracciare mamma e papà.
Gatto Blunotte fu riconosciuto. La sua famiglia, sopraffatta dal dolore, non c’era più. Ora Gatto Blunotte aveva tante nuove famiglie: quella dei Nerini, quella dei Rossini, quella degli Albini e anche quella degli Arancini, che lo festeggiavano ogni qual volta lo incontravano.
Universos pares esse posse aiebat, dispersos testabatur perituros
LLa favola è stata scritta da me e recitata al Teatro Marrucino di Chieti, il 20 maggio 2009, da Irene Di Silvio, Rossella Lupi e Federica Marrone della Scuola di Recitazione del Teatro Marrucino di Chieti, diretti dall’attrice Giuliana Antenucci. La lettura recitata è avvenuta dinanzi al folto pubblico affluito in Teatro in occasione del Convegno “La voce dei bambini …” organizzato per il Ventennale della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Il convegno ha così concluso per l’a.s. 2008/09 il progetto di Educazione alla Legalità “Un poliziotto per amico”, promosso dalla Polizia di Stato di concerto con l’UNICEF e con il Ministero della Pubblica Istruzione.