Il ritorno del progressive rock in Abruzzo
Il ritorno del progressive rock in Abruzzo con un’opera rock dal titolo La bestia umana
di Marco Tabellione
Un vecchio sogno che si realizza, un’opera rock, dal titolo La bestia umana, che vede la luce dopo trent’anni di attesa, dalla nascita della prima idea. È la storia del gruppo di rock progressive Sfaratthons che ha dato alla luce un cd accompagnato da un libro, scritto da Argentino D’Auro, tutto dedicato ad un inedito album-concept ispirato alla grande musica degli anni Settanta. Ma l’operazione degli Sfaratthons non è solo una rievocazione e realizzazione di un vecchio sogno adolescenziale, è un’opera che riprende e traccia una denuncia precisa alla contemporaneità per il decadimento civile, per la distruzione della natura, per l’occultamento dei valori umani di solidarietà. Un’opera che si pone sulla scia del rock degli anni Settanta, dunque, sia nei suoni sia nei contenuti, legatissimi a quelli della tradizione del pop colto, tuttavia un’opera che potrebbe anche dare adito a futuri progetti magari più innovativi, nonostante l’età dei musicisti. Questo è almeno quello che emerge anche dalle parole dei membri del gruppo, a cui abbiamo rivolto alcune domande.
D. Come nasce l’idea di riprendere un progetto e un sogno vecchio di decenni?
R. La Bestia umana affonda le radici nella nostra gioventù, in quanto a metà anni Settanta, tutti noi, eravamo in piena età adolescenziale. Di recente è stata avvertita l’esigenza di riprendere quel progetto rimasto in sospeso e poi interrottosi all’improvviso, quasi senza una apparente giustificazione. Anche se, a ben guardare, furono gli impegni di ognuno, quali lo studio e il lavoro, a imporre la necessità di abbandonare Borrello, il nostro paese di origine, e interrompere quella quotidiana frequentazione che era alla base del feeling che avevamo creato. Un altro stimolo va visto nella rinnovata sensibilità ai temi ambientali, impostasi di recente nella coscienza collettiva a cospetto degli evidenti effetti del mutamento climatico. Ma non solo per questo. Anche per il fatto che tutti, in cuor nostro, sentivamo che, seppur l’opera avesse raggiunto una sua compiutezza artistica, la sua missione, però, non si era realizzata appieno per un’incompleta divulgazione del suo messaggio e della sua espressione artistica.
D. Qual è il vostro legame con il progressive rock, un genere a metà strada tra pop e musica colta?
R. Per noi la musica colta è quella bella. È limitativo ridurla solo ad alcuni generi: la classica, il jazz e magari il rock progressivo. Il nostro legame col prog rock è questione di gusto. All’epoca, in netta antitesi con i gusti musicali di molti nostri coetanei che nutrivano una netta predilezione per le canzoni da Festivalbar, virammo su generi musicali più colti ed elevati, quali il rock, il progressive, il country ed il jazz. E così cominciammo ad ascoltare i vari Bowie, Dylan, Neal Young oppure gruppi come i Led Zeppelin, i Genesis, i Jethro Tull, gli Eagles, i King Crimson. Ma anche gruppi italiani, allora molto in voga a livello internazionale come Banco, PFM e Le Orme. Non ci dispiacevano neanche alcuni cantautori come, ad esempio, Guccini e De Andrè. Crediamo che questo background abbia costituito il substrato di riferimento da cui abbiamo tratto ispirazione sia dal punto di vista musicale sia da quello dei testi.
D. Come è potuto sorgere un desiderio e un’ispirazione così complessa e legata a un genere non facile e commerciale in un paesino della provincia abruzzese, Borrello appunto?
R. Di sicuro una congiuntura favorevole: alcuni compagni di vita e di scuola, fin dall’asilo infantile, sono stati il nucleo embrionale della band. In effetti, alla base della formazione musicale di metà dei componenti della band c’era la tradizione folk di famiglia: fisarmoniche, mandolini e chitarre non mancavano mai nelle case di zii, nonni e papà, nel piccolo centro di Borrello. I dischi che ascoltava il batterista, invece, rappresentavano l’avanguardia. Inoltre il suo impeto coinvolgente era irresistibile fra i suoi compagni. Ed ecco la contaminazione dei gusti. Il rock, il prog rock, il jazz, i nuovi cantautori si fondono con la musica folk e pop. I tre ragazzi, Giovanni (chitarra), Bruno (basso) e Cecilio (batteria) coinvolgono presto nel loro sogno adolescenziale altri loro compagni, uno dei quali è oggi un pittore affermato (Luca Luciano) e autore della splendida copertina dell’Album La Bestia Umana. Presto dal vicino paesino Fallo arrivò il tastierista Mario, l’unico in grado di portare ordine nell’indisciplinato quintetto, ordine costantemente minacciato dalle divergenti vedute degli altri. E infine, ma non ultimo, Argentino. Un borrellano di Pescara o un pescarese di Borrello? Insomma un vero borrellano non costantemente residente. Il sesto del gruppo di amici. La sua passione per la musica, l’apertura all’ascolto di tutti i generi, il suo amore per la lettura e per la scrittura: insomma, il paroliere de La Bestia Umana.
D. Qual è il tema del vostro album concept?
R. Come detto, attingendo a modelli culturali avulsi e per lo più estranei a quelli a cui la tradizionale canzone melodica italiana si ispirava, sì da essere definita in maniera tranchant “musica leggera”, è stato quasi spontaneo affrontare un tema, come quello della natura, desueto per la tradizionale forma ‘canzone’. In particolare, ci intrigava affrontare la questione dell’ambiente e delle aggressioni a cui soggiace a causa del rapporto conflittuale con il suo antagonista principale: l’uomo. Questo rapporto ancora irrisolto è stato affrontato non solo sotto l’aspetto più eclatante dell’impatto ambientale (i brani Smog e Il verde ne sono testimonianza) che l’antropizzazione del globo ha provocato (si veda la title track La Bestia Umana), ma anche sotto altri diversi profili, quali lo schiavismo e le nuove e diverse forme di prevaricazione che gli uomini impongono ad altri uomini, per ragioni, neanche a dirle, squisitamente economiche (si vedano La Civiltà perduta e Life in a prison).
D. Emerge solo un’accusa precisa all’uomo e alla sua pretesa evoluzione, oppure nella vostra creazione vi è anche una proposta costruttiva?
R. No, il grido era disperato allora e oggi lo è di più. La magra consolazione è che oggi sembriamo essere arrivati alla “redde rationem” e pertanto, con le prossime decisioni dei potenti, sapremo presto se il barlume di speranza si spegnerà definitivamente o si riuscirà in qualche modo a ravvivarlo. Ovviamente, noi non abbiamo una ricetta né una risposta risolutiva alle questioni evocate nelle canzoni che compongono la concept-opera. Non rientrava nei nostri compiti, allora come oggi, dare soluzioni a un problema così complesso e articolato; ci sono, come detto, persone più qualificate di noi per farlo. Però, sicuramente, abbiamo voluto richiamare l’attenzione su un tema così delicato per la nostra stessa sopravvivenza, oggi più vivo che mai, con una riflessione poetica e musicale, intrecciando parole e musica che auspicabilmente intercettino anche l’attenzione dei più distratti sul tema ambientale. Infine, l’opera è stata anche una riflessione sull’uomo e sulle sue contraddizioni. Forse, proprio la risoluzione di questo contrasto è la chiave per risolvere i grandi problemi che affliggono l’umanità, tra cui anche quello ambientale.
D. Quali sono vostri progetti per il futuro? Darete vita ad altre opere rock?
R. Il rock continuerà a essere la spina dorsale della nostra musica. Il sound della band è conservato grazie ai componenti storici e fondatori Giovanni Di Nunzio e Cecilio Luciano. Intanto alla band si sono aggregati Luca Di Nunzio (tastiere e chitarra), Giovanni Casciato (chitarra) e Mario Di Nunzio (basso). La nuova contaminazione si è concretizzata nelle canzoni del nuovo album dal titolo Emergency di cui stiamo completando la registrazione. Non si tratterà questa volta di un Concept Album, ma di una raccolta di canzoni che raccontano, sotto varie sfaccettature, le vicende dell’uomo moderno. Per il futuro oltre ai concerti live ci riproponiamo di portare le tematiche della nostra musica nelle scuole per avvicinare i giovani a tematiche delicate e importanti per il futuro loro e delle prossime generazioni.